Nella splendida cornice di Teatrosophia prenderà vita da giovedì 23 sino a domenica 26 novembre: “Una su tre – Women’s Festival”.
L’universo femminile che si svela sul palco per dare luce alle sue storie, che sono storie di tutti. Storie di violenza, di emancipazione, di vita, di mancanza di rispetto, di lotte; ma anche storie di gioia e di conquista del proprio spazio nella società. Dalla Isabel di Garcia Marquez che ripercorre un episodio dimenticato della storia della Colombia, alla grinta di una comica Italo-Americana al suo secondo one-woman show, passando per una serata di corti teatrali, ad Una su Tre che denuncia casi di violenza domestica attraverso le epoche, le culture e le lingue. Tutto quanto è donna. Tutto quanto può essere donna. oggi più che mai dopo gli ulteriori fatti di cronaca nera questa kermesse è permeante e densa di significati significanti. Abbiamo intervistato i fondatori e creatori del Teatro Multilingue che con grazia e mistero ci portano nel loro progetto.
“Una su tre” di cosa parla?
Una su Tre Women’s Festival è una rassegna di teatro al femminile nata intorno al 25 novembre, data internazionale contro la violenza sulle donne. Nove attrici, due monologhi di cui uno in 3 lingue e uno con la scelta fra inglese o italiano, un one-woman show di stand up comedy e una serata di corti teatrali. Una rassegna che parla di donne e racconta storie di donne; non solo di violenza, però, nonostante il riferimento al 25 novembre, bensì una panoramica dell’universo femminile, dalle difficoltà alle gioie, passando per emancipazione e rispetto.
Perché parlare dell’universo femminile?
Perché ce n’è veramente bisogno, molto semplicemente. E a teatro non è soltanto “parlare” ma mostrare, far vedere qualcosa, cercare una sintonia con il pubblico presente che va al di là delle parole, per immergersi, appunto, in un universo che crediamo conoscere o che non conosciamo affatto. Per questo abbiamo deciso di non parlare solo di violenza, ma anche di rispetto, emancipazione e di conquista, gioiosa, di un posto all’interno della società.
Perché le storie narrate sono storie di tutte?
Perché non può esistere discriminazione all’incontrario. Certo, ci sono argomenti che possono, a prima vista, interessare solo il mondo femminile, ma a ben vedere non è mai così.
Quante e come sono le storie del femminile?
Sono diverse e dalle sfaccettature più variegate. Si parte con una serata di corti, giovedì 23 novembre: Julia Messina e Valentina Celentano esplorano una storia di violenza coniugata in tre lingue diverse in Sopravvivere avec Pride; La Cartomante, il secondo corto scritto da Annalisa Alfano e interpretato da Giulia Curti per la regia di Daria Veronese, ci porta nella vita di una cartomante alla corte di Federico II; mentre La Corrala, interpretato da Alexia Murray, Elisa Caminada e Fabiana De Rose è una black comedy con un twist finale fra tre donne e un cane che non smette mai di abbaiare. Quest’ultimo corto ha vinto nella sua versione spagnola il Festival de Microteatro El Pasillo Verde lo scorso luglio a Madrid. Si continua poi venerdì 24 con Por Una Banana di e con Mayil Georgi Nieto, attrice di origine colombiana, in cui la Isabel di García Márquez ci porta alla scoperta di una storia intima legata ad uno dei fatti più atroci e nascosti della storia della Colombia: il tutto partendo da una banana. Sabato doppio appuntamento: alle 18 la comica italo-americana Marsha De Salvatore con il suo one-woman show fra USA e Roma dove vive da più di venti anni Marsha’s Mid-Life Quarantine; alle 21 con Tracy Walsh Caputo, per la regia di Flavio Marigliani, con One in Three, opera che presta il titolo all’intero festival, un monologo in cui attraverso tre personaggi diversi si esplora il tema della violenza e dell’ingiustizia attraverso le lingue e le culture. Il monologo di Tracy Walsh Caputo sarà in English la sera del sabato alle 21 e in italiano la domenica pomeriggio alle 18.
Oggi più che mai raccontare il mondo femminile con i suoi bisogni e i suoi progetti è pregnante, non crede?
Assolutamente sì. La cronaca e l’attualità ci ricordano purtroppo in ogni momento che la posizione del femminile e quello che rappresenta nella nostra società è quanto mai precaria e soggetta a cambiamenti che raramente dipendono dalle donne stesse.
La violenza ormai sta dilagando come poterla arginare?
Si dice spesso, “Non proteggere le tue figlie, ma educa i tuoi figli”. E forse si tratta proprio di questo, di educare tutti e tutte al rispetto dell’umano, e del femminile che ne è parte tanto quanto il maschile. Il teatro ha questa capacità e perché non sfruttarla?
Quante storie di violenza, di emancipazione, di vita, di mancanza di rispetto, di lotte ci sono oggi nella nostra società?
Tantissime. E ognuno ne ha. E tanti reagiscono a quello che accade nel mondo creando comunità di sostegno, di aiuto, di lotta e di vera e propria emancipazione, sia essa sociale, economica, politica o culturale. Il focus del teatro e del festival è concentrarsi su alcune di queste storie per mostrarle sul palco, creando connessioni con il pubblico presente con la speranza di lasciare qualcosa che possa cambiare la situazione di oggi.
Che cosa può insegnare Isabel di Garcia Marquez?
Isabel ci porta in un viaggio bilingue in cui il personale e l’intimo si incrociano irrimediabilmente con il politico e il sociale: la sua storia nella Storia della Colombia. Isabel vive a Macondo, il famoso pueblo nato dalla penna di Garcia Marquez, e l’arrivo della Chiquita, la compagnia bananiera americana, cambierà per sempre non solo il volto di Macondo, ma quello di Isabel e della sua famiglia, del suo matrimonio, dei suoi sogni e delle sue aspirazioni. Le vicende del racconto di Isabel fanno parte di un capitolo della Storia della Colombia che è stato volutamente nascosto e dimenticato per proteggere gli interessi economici legati al commercio delle banane: Isabel si fa quindi portavoce ed eco di voci e storie che non si conoscono, che, come dice lei stessa, sono finite nella polvere che si agita a Macondo quando ogni mercoledì alle 11 arriva il treno e, come un tornado, tutto spazza via.
Perché tutto quanto è donna. Tutto quanto può essere donna?
Perché l’universo “donna” non ha voce solo per il resto dell’universo “donna.” Perché si parla a tutte e a tutti, senza chiudersi, per arrivare al maggior numero di persone possibili.
Andrete in tour?
Fra gli spettacoli di questa rassegna, il monologo Una su Tre (One in Three) di Tracy Caputo per la regia di Flavio Marigliani in versione inglese sarà in Svezia nel maggio del prossimo anno in un teatro di Gothenburg. Por Una Banana di Mayil Georgi, invece, ha già girato fra Italia, Francia, Spagna e Giappone, ma si stanno preparando delle nuove date per la Spagna. Si pensa anche alle scuole e alle università, questi spettacoli, infatti, coniugano l’apprendimento linguistico con l’educazione civica per sensibilizzare a temi importanti per le nuove generazioni.
Chi sono i compagni di viaggio?
Tantissime in questo festival. Sembrerà un elenco, ma con ognuna di loro si apre un mondo, sul palco ma anche fuori. E a tutte loro va il grazie di Teatro Multilingue che ha organizzato il Festival: Julia Messina, Valentina Celentano, Elisa Caminada, Alexia Murray, Fabiana De Rose, Daria Veronese, Giulia Curti, Annalisa Alfano, Mayil Georgi Nieto, Tracy Walsh Caputo e Marsha De Salvatore.
Progetti?
Tantissimi, anche qui. Finito il festival, Teatro Multilingue riparte per Madrid per il debutto di una nuova commedia multilingue dal titolo “A Lucky Siesta” dall’8 al 17 dicembre al Teatro Casa de Rovodorovsky, in centro Madrid. Saremo in Irlanda a febbraio e poi il grande ritorno a Roma con la nuovissima commedia multilingue La Tinelaria, dal 21 al 24 marzo al Teatrosophia, commedia che ha debuttato il 12 novembre scorso presso un altro teatro di Madrid, il Corral Cervantes.