Uccidiamo il Re

Il 6 e7 dicembre al Teatro Trastevere debutterà in prima nazionale: “Uccidiamo il Re” regia di Massimiliano Aceti con Alessandro Cosentini e lo stesso Massimiliano Aceti. Lo spettacolo è stato finalista al Festival Inventaria 2023.

“Uccidiamo il Re” è uno spettacolo di prosa a due personaggi perennemente in scena per un’ora e mezza. Sul palco una quadratura nera, sette sedie e una poltrona. Lo stile dello spettacolo ricorda i vecchi film della Commedia all’Italiana, in particolare lo stile di Monicelli (Parenti Serpenti-Un borghese piccolo piccolo), dove la comicità si contamina con la tragedia e con la bassezza dell’animo umano. Il testo prende spunto da una storia vera – romanzata e spinta all’eccesso – ed è un grido di protesta contro i nostri padri che continuano a voler restare “classe dirigente” e rendono precari i nostri sogni e il nostro futuro. La messa in scena è esplosiva, i ritmi serrati sono intervallati da flash back della vita passata dei due protagonisti. Un viaggio doloroso e meraviglioso.

Gabriele e Lorenzo sono due fratelli, ma sono anni che non si vedono. Si ritrovano nella casa del padre anziano, facoltoso imprenditore edile. Gabriele, attore ribelle, è andato via dalla casa paterna molto giovane tagliando ogni tipo di rapporto con il padre; Lorenzo, figlio primogenito, ha deciso di rimanere al fianco dell’imprenditore ma, essendo giudicato dal padre come incapace negli affari, è trattato come un segretario, che si occupa soprattutto delle faccende di casa. I due fratelli si lanciano accuse e recriminazioni. Si rimproverano assenze, colpi bassi e tradimenti. Ma su una cosa sono d’accordo: Il padre è stato la causa di tutto. Con il suo controllo, la ferocia, i maltrattamenti fisici, l’uomo ha reso la loro vita “agiata” un vero inferno di sensi di colpa e inadeguatezza. Gabriele e Lorenzo dopo dieci anni di silenzio prendono una decisione: accelerare il destino inesorabile del vecchio e gestire finalmente l’impresa di famiglia. Nell’intervista Massimiliano Aceti ci porta con delicatezza e forza all’interno di questa sua creatura teatrale.

“Uccidiamo il Re” un’opera premiata di grande significato, ci racconta di più?

Uccidiamo il Re è la storia di due fratelli che si ritrovano dopo anni di assenza dovuti al dolore di un padre violento e autoritario. Il padre, che non si vede mai in scena, rappresenta la nostra classe dirigente italiana che, anche se vecchia, continua a mantenere il potere e a tenere sotto scacco le nuove leve che, ormai sulla soglia dei quaranta anni, reclamano il loro posto nel mondo.

Chi sono Gabriele e Lorenzo?

Gabriele e Lorenzo sono due fratelli cresciuti con un padre potente e violento e una madre assente e remissiva. Hanno vissuto nel benessere senza possedere nulla, nella speranza che il loro momento di riscatto sarebbe arrivato prima o poi.

Gabriele, iscritto dal padre alla facoltà di medicina, ha deciso di andarsene di casa e intraprendere la carriera di attore; Lorenzo, dopo la morte della madre, è rimasto al fianco del papà facendogli da segretario e subendo umiliazioni continue.

Perché tra Gabriele e Lorenzo c’è una distanza?

Quando si vivono esperienze traumatiche insieme, come quella della violenza, esistono due strade: o stringersi l’un l’altro per farsi forza oppure separarsi per dimenticare. La fuga di Gabriele dalla casa paterna è stata vista da Lorenzo come un tradimento che lo ha destabilizzato e fatto precipitare in una condizione di sudditanza nei confronti del padre.

E poi, dopo tempo, che cosa accade?

Gabriele dopo anni di assenza torna a casa con un piano ben preciso: prendere il posto del padre servendosi del fratello fragile

Chi è Gabriele?

Gabriele è un attore di fiction di successo che si rende conto che l’unico motivo per cui è diventato famoso è per via del cognome del padre che odia così tanto. Nonostante le gratificazioni, i ricordi dell’infanzia lo tormentano al punto di inaridirlo e di abbandonare moglie e figlio. Torna a casa per vendicarsi e riscattarsi

E Lorenzo?

Lorenzo è il primogenito di un uomo potente e corrotto che si rende conto di non possedere le qualità per diventare l’erede di un impero finanziario. Si annulla giorno dopo giorno, facendo da schiavo ad un uomo che lo disprezza.

Che cosa non ha funzionato nella relazione tra i due fratelli?

Le violenze fisiche subite, il silenzio della madre che ha sempre taciuto e la mancanza di comunicazione tra i due dovuta a una sorta di competizione innescata da un sistema manipolatorio del padre che li ha sempre messi l’uno contro l’altro

Quanta gelosia e incomprensione c’è anche oggi all’interno delle relazioni?

Molta. Per orgoglio siamo capaci di restare ancorati alle nostre posizioni ridicole senza fare mai un passo verso l’altro. Non rinunciamo mai ad essere noi stessi, o meglio, non rinunciamo mai all’idea di noi stessi.

C’è una maniera per andare oltre?

Abituarsi all’empatia. Quando sentiamo il bisogno di dover offendere una persona cara bisognerebbe chiedersi: “Questa cosa che sto per dire la aiuterà in qualche modo? La renderà una persona migliore?”.

Su che cosa i due fratelli sono d’accordo?

Che è arrivato il loro momento per ridisegnare una società più giusta prima che sia troppo tardi, prima che inizino ad invecchiare anche loro.

Perché il padre è il soggetto del disastro della loro relazione?

Perché si è reso un modello inarrivabile crescendoli nella paura e trasmettendogli un senso di inadeguatezza. Il padre non ha mai mostrato un briciolo di umanità nei loro confronti.

Che tipo di padre raccontate?

Un padre diventato ricco con il boom economico e aiutato dalla malavita. Un uomo che ha deciso che il suo posto è al vertice, che le regole non contano, neanche quelle della morte. Un uomo che crede di essere immortale e non vuole lasciare la sua poltrona.

Quanta violenza c’è ancora all’interno delle famiglie?

Molta ma non solo fisica, anche psicologica. Si sente il bisogno di dovere sfogare le proprie frustrazioni, dovute ad un sistema economico-sociale delirante, all’interno della propria cerchia di affetti. Fuori casa non conto nulla ma qui dentro sono il re.

È possibile uscirne? Come?

Parlarne senza vergognarsi mai. Riuscire a parlarne con qualcuno, che sia uno psicologo o un amico, comunicarlo. Una volta fuori da noi il “mostro” diventa meno spaventoso ed è più semplice affrontarlo e chiedere aiuto.

Poi il colpo di scena: Gabriele e Lorenzo dopo dieci anni di silenzio prendono una decisione ovvero quella accelerare il destino inesorabile del vecchio e gestire finalmente l’impresa di famiglia, cosa fanno?

Lo avvelenano giorno dopo giorno con piccole dosi di cicuta che mettono nelle pietanze del vecchio.

Quanto è impegnativo stare in scena per tutto il tempo della rappresentazione?

È un grande sforzo fisico ed emotivo. Lo spettacolo tocca le corde della commedia ma anche quelle della tragedia più nera. L’equilibrio, la concentrazione e le lacrime ci accompagnano per tutta la rappresentazione

Chi sono i suoi compagni di viaggio?

Alessandro Cosentini che interpreta Gabriele. In questo personaggio ha messo a disposizione tutta la sua generosità e il suo talento. Ha studiato a lungo per poter rendere al meglio le contraddizioni di un personaggio nero e fragile. Barbara Alesse, nel ruolo di organizzatrice, che ha seguito il processo creativo di “Uccidiamo il Re” dalla scrittura alla messa in scena con la sua guida appassionata e preziosa.

Che cosa vi aspettate dal pubblico?

Si parla di famiglia, ci aspettiamo che chiunque guardi questo spettacolo divertente e doloroso, possa pensare con amore alla propria e eventualmente accorgersi di comportamenti tossici.

Andrete in tour?

Grazie al Festival Inventaria, numerosi teatri hanno visto il nostro spettacolo e gireremo per l’Italia con questa piccola impresa.

Progetti?

Il prossimo spettacolo si chiamerà SLAVES e sarà recitato in Russo, Cinese e Italiano. Uno spettacolo sull’abbattimento delle barriere culturali. Siamo uomini e donne, punto.

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