“Con un quaderno in un portapacchi” di Giuseppe Mortelliti debutterà al Teatro Trastevere il ventotto novembre. L’opera è lo sviluppo di un’idea di scrittura teatrale sotto forma di diario di viaggio in solitaria. Nel corso della nostra vita facciamo esperienze di attività eterogenee. Col tempo abbiamo l’occasione di capire che alcune di queste ci sono più congeniali; altre ci mettono più a nostro agio; altre ancora capiamo che migliorano sistematicamente il nostro stato emotivo al punto da farci dire: “mi fa stare bene”.
Queste attività diventano quindi le nostre passioni. Ognuno ha le sue. La bici, il teatro e la scrittura sono tre mezzi attraverso i quali riesco a comprendere meglio la mia persona e a fargli affrontare questa pedalata bella e faticosa che chiamiamo vita. In altri frangenti meno frequenti della nostra esistenza ci capita invece di sentire la necessità di allontanarci un po’ dai ritmi della società contemporanea, stare un po’ da soli, a contatto con noi stessi e con la morbida compagnia della natura. Un giorno è stato, quindi, abbastanza organico e naturale sorprendermi a pensare di (credere di) programmare un viaggio in bicicletta in solitaria e di scriverne un diario di viaggio che potesse diventare un racconto teatrale. Milano-Udine è il primo volume di questa lunga avventura a tappe che spero, crampi permettendo, possa essere lunga un’intera vita. Per fare un viaggio sulle proprie gambe portare poche cose diventa un imperativo categorico: pochi cambi, una borraccia, una macchina fotografica per ricordare meglio l’avventura, e un quaderno nel portapacchi per raccontarla. Milano-Udine è il primo itinerario di questo progetto di scrittura a pedali: un diario di viaggio su due ruote, un’occasione per scoprire la bellezza della bicicletta col mezzo della narrazione teatrale. 700 km in 10 giorni, attraverso Lombardia, Veneto e Friuli-Venezia Giulia. 70 km ogni giorno su una bici pieghevole, pieni di accenti strani, personaggi bizzarri e cordiali, cani curiosi e temporali improvvisi. Solo una bicicletta come compagna: un viaggio in solitaria può farti sentire straniero, solo impaurito, insicuro, ma anche coraggioso, eroico e libero.
“Partirò per un viaggio. A tenermi compagnia, soltanto Girardenga. È così che si chiama, la mia bici. Andrò da Milano a Udine con una pieghevole. Scordiamoci la pedalata assistita, questo è un viaggio analogico. Durata: 10 giorni. Mi aspettano 700 chilometri di stanchezza? Conosco solo il luogo di partenza e quello di arrivo. Tutto il resto non si può preannunciare. Forse tornerò indietro a metà strada, forse non sono abbastanza allenato, forse bucherò, forse mi perderò. Forse sarò investito da un tir. Forse non accadrà nulla di tutto questo. Forse questo viaggio non esiste. Forse questo spettacolo non avrà mai luogo. Per viaggiare non basta partire, bisognerà lasciare qualcosa a casa e perderne altre lungo la strada. A nessuno va di viaggiare da solo. Venite con me, mettetevi comodi: la strada è già battuta, e aspetta solo noi” ci dice Giuseppe Mortelliti raccontandoci questa sua visione della vita, del mondo, dell’altro.
Perché un quaderno in un portapacchi?
Perchè scrivere rafforza la memoria di un viaggio. Come le fotografie creano la memoria dei luoghi, la scrittura crea quella delle emozioni.
Dove la porterà il viaggio che intraprenderà?
Ripercorrerò in scena i 700 chilometri percorsi tra Milano e Udine con la mia intrepida bicicletta, una semplice pieghevole con le ruote da 20″, che non ha la struttura per fare viaggi lunghi, ma li fa lo stesso.
Il viaggio di fatto che cosa rappresenta?
Il viaggio è un’esplorazione all’interno propria anima.
Che cosa porterà nel suo viaggio?
Solo il necessario.
Perché?
Perché bisogna viaggiare leggeri, nel bagaglio e possibilmente anche nei pensieri.
La bici che cosa rappresenta e insegna?
La bici è una delle più grandi invenzioni dell’uomo. Rappresenta la consapevolezza di poter viaggiare nel mondo, anche in posti lontanissimi, con la sola forza delle proprie gambe. Ci insegna a superare le difficoltà, le salite, con le nostre forze.
Che cosa si scopre in soli dieci giorni?
Si può scoprire tantissimo, perchè la bici insegna anche a guardare il mondo con occhi diversi da quelli veloci e superficiali di un viaggio in macchina.
Tra il luogo di partenza e quello di arrivo che cosa si trova?
Si può trovare di tutto. Gioia, tristezza, momenti di sconforto e felicità inspiegabile.
Per viaggiare basta partire?
Certo che no.
Si sente un po’ il viandante caro ad Antonio Machado?
Non credo. Io penso che il sentiero esista anche senza il viandante. Perché diventa paesaggio naturale. Il viandante in questo caso è solo un mezzo per crearlo.
Che cosa racchiude questo progetto?
Ho pensato di fondere insieme in questo progetto le cose che mi fanno stare bene.
Che cosa la fa stare bene?
Negli anni ho scoperto che ci sono tre cose che mi fanno stare bene: il teatro, scrivere, e andare in bici. E ho così deciso di scrivere un diario di viaggio teatrale di questa pedalata fatta nel nord Italia un po’ di tempo fa.
Chi sono i suoi compagni di viaggio?
Solo Girardenga, la mia bicicletta instancabile.
Il pubblico è spettatore o viaggiatore?
Il pubblico per sua natura è viaggiatore. Chi non va a teatro per viaggiare esce di casa invano.
Perché non ci sono bagagli?
Perchè la schiena deve essere libera. Gli zaini danno un carico molto stressante alla schiena, e una schiena in forze è indispensabile per arrivare a destinazione.
Gli oggetti che ha scelto di portare con lei che cosa rappresentano?
In questo spettacolo porto solo una chitarra, perché è uno strumento per dare voce all’anima quando si ferma la pedalata.
Progetti oltre il viaggio?
Il racconto.
Vuole aggiungere qualcosa?
Raccontiamoci storie. Sono una delle cose più belle della nostra vita.