Al teatro Anfitrione di Roma debutta lunedì 23 Gennaio 2023 lo spettacolo “Regine di carta” per la regia di Luca Gaeta. Un cast assolutamente accattivante, quattro donne, quattro attrici che si ritrovano a narrare la loro vita. Maria Mancini, Federica Mesiti, Priscilla Micol Marino, Camilla Petrocelli sono le protagoniste di questa straordinario lavoro che certamente farà molto parlare. “Regine di carta” è una commedia corale che narra le vicissitudini di quattro attrici, impegnate nelle riprese del sequel televisivo di un noto show degli anni ’90. Divise tra il lavoro sul set e la vita privata, le donne vivono innumerevoli peripezie, attraversano profondi drammi personali, dovendo fare i conti con le pressioni di un mondo competitivo e una società fin troppo assillante. Le protagoniste si interrogano sui ruoli interpretati sul set e sulle maschere indossate nella vita di tutti i giorni, cercandosi in esse, in un viaggio introspettivo che le porterà ad una maggiore consapevolezza e ad una più profonda conoscenza reciproca. “Regine di carta” è dunque un dramma di formazione, nel quale le quattro protagoniste, alla vigilia dei cinquanta, si ritroveranno a dover crescere e maturare, scoprendo che il percorso condiviso se non più semplice è, in fin dei conti, più divertente.
La domanda sorge spontanea: “Cosa accade quando la vita ci mette davanti dopo tanti anni qualcosa che nella vita stessa ci ha cambiati?” – dice il regista Luca Gaeta.
“La lente d’ingrandimento del teatro (o della TV) viene messa a servizio di chi guarda e ci può mostrare cosa diventiamo dopo aver avuto esperienze, emozioni, così grandi da risultare impossibili da contenere. Forse più grandi della nostra stessa vita”, aggiunge il regista.
“Le protagoniste” – aggiunge – “vengono riprese mentre mettono in scena i personaggi della loro vita. Quelli che le hanno rese famose, ricche, ma prima ancora: vive. Quelli della finzione che invece emerge come una verità piena di pulsioni. Il teatro si pone come mezzo utile per analizzare i movimenti silenziosi ed i processi della nostra anima, basta indossare una maschera per essere nudi. Quattro donne riflettono, con amara ironia, i segni dello scorrere del tempo, i più e i meno, il dolore e la gloria, i legami – ora forti, poi fortissimi, poi deboli, poi chissà – delle relazioni, delle nuove speranze, delle infinite passioni che mutano con il mutare di una scena, di una vita. E non possiamo far altro che lasciarcelo raccontare dal teatro”. Intervistare Luca Gaeta è un viatico avvincente denso di scoperta e fascino.
Caro Luca, eccoci qua, così per iniziare ci racconti di te?
Buongiorno a te Barbara, sarebbe noiosissimo. Meglio andare in un negozio di libri e comprare una bella biografia; magari Limonov di Carrère o consiglio quelle più fantasiose di Zweig su alcuni personaggi famosi. L’autore austriaco aveva una così raffinata scrittura. Ecco se fosse stato lui a scrivere qualcosa per raccontare me allora forse…
Tu sei attore e regista dove ti senti più a casa?
In realtà mi occupo solamente di regia, come tanti ho iniziato con il teatro amatoriale e in alcuni laboratori di teatro, proprio dalla recitazione ma non ho mai creduto di essere particolarmente ispirato e forse neanche interessato da questo percorso. Ho scoperto invece che lo stare dietro le quinte, il muovere come pennelli e colori gli esseri umani, per raccontare ed emozionare mi veniva più naturale ed in più stimolava l’empatia e la comprensione verso l’altro, verso il mondo, con la giusta dose di curiosità e passione. A casa non mi ci sento però. Il teatro nasce solo se si esce da casa. A casa dormo, mangio, guardo le partite. Niente di così stimolante comunque.
Sarai in scena come regista con “Regine di carta”, di cosa parla?
Parla di quattro donne molto differenti tra loro. Quattro donne che agiscono all’interno del loro mondo professionale che è quello delle attrici e che quindi diventano otto (loro e i loro personaggi), e raccontano le loro dinamiche personali, invidie, dissapori, amori, dolori, ambizioni, per scoprirsi infine parte di un qualcosa di più grande come è l’amicizia. Tutto questo giocando con lo specchio dei loro personaggi all’interno di un set televisivo.
Hai diretto quattro donne straordinarie, quanto è stato faticoso e impegnativo?
Fortunatamente ho avuto a che fare molto spesso con attrici. Per dieci anni ho portato in scena uno spettacolo con un cast di 15 donne, “Le Dissolute Assolte”, ed è stata l’esperienza professionale più profonda, assurda, folle, meravigliosa della mia vita. Mi ha dato modo di sondare tutte le sfaccettature delle donne e la loro profonda, assurda, folle, meravigliosa vita, anima. Ne ho fatto tesoro. Quindi non posso dire che questa volta sia stato particolarmente faticoso, non lo è mai per me; è invece sempre un grande piacere e anche un prezioso insegnamento per la mia vita. Quindi grazie Maria, grazie Federica, grazie Camilla, grazie Priscilla, per essere così piene di complessità, forza e desiderio. Auguro a loro cose bellissime ovunque andranno dopo lo spettacolo. Voglio ringraziare anche il co-protagonista maschile Luca Rasi che al pari delle quattro donne è in scena con noi con una speciale sensibilità attoriale ed umana.
Nella commedia c’è qualcosa che richiama il sequel di Sex and The City?
Sì, Maria Mancini e Alessandra Picinelli che hanno scritto la pièce, hanno preso come spunto la famosa serie americana. Dentro vi si possono trovare dei richiami più o meno evidenti, miscelati con maestria tra loro. Per chi conosce la serie sarà interessante scoprire quali sono i riferimenti che ogni attrice sul palco ha preso. Chi farà chi?
Perché le protagoniste sentono la necessità di interrogarsi sui ruoli interpretati sul set e sulle maschere indossate nella vita di tutti i giorni?
Perché con una maschera indosso si può essere più sinceri e scoprire meglio la propria verità. Il teatro serve a questo. È una lente d’ingrandimento conficcata nella carne, che fa male, che scruta l’anima. Ma così necessaria.
Mi sembra di capire che è un viaggio intenso e introspettivo?
Sempre. Quando ci si mette in scena accade qualcosa di magico. La parola scena deriva dal greco Skēnē che significa tenda, cioè qualcosa che nasconde; quindi, per poter arrivare al pubblico l’attore deve attraversare il mistero e il nascondimento di sé. Portarlo alla luce attraverso la misteriosa Epifania della creazione.
Cosa accade quando la vita ci mette davanti, dopo tanti anni, qualcosa che nella vita stessa ci ha cambiati?
Eh. So’ cazzi. Direbbero a Roma. Bisogna fare i conti con i più e i meno delle promesse, delle speranze, dei desideri. Non sempre i conti tornano. E in questo avanzo, o in questo ammanco, nasce lo spettacolo.
“Regine di carta” sembra uno spettacolo dentro lo spettacolo, è corretto?
L’idea è questa. Stare in questa continua oscillazione tra personaggio, attrice e persona è la sfida che ci siamo dati. Il bello sarà vedere chi ne esce meglio.
Il pubblico che restituzione ha fatto di quest’opera così intensa e profonda?
Dopo il debutto potrò dirtelo. Il testo è già stato messo in scena, ma il cast e la regia era diverso ed io non ero con loro al tempo.
Il cast da chi è formato?
In scena ci saranno Maria Mancini, Federica Mesiti, Camilla Petrocelli, Priscilla Micol Marino e Luca Rasi. Ma anche Elettra, Rossella, Aurora, Serena e Renato. Ma anche Samanta, Miriana, Carola e Cathie…insomma un vero caos.
Andrete in tour?
Quando si prepara uno spettacolo la speranza che questo possa muoversi verso altre città è sempre auspicabile.
Progetti targati 2023?
Subito dopo il debutto di questo spettacolo inizierò le prove di un monologo scritto da me su di un personaggio storico molto interessante e oscuro, “Virginia Oldoini la Contessa di Castiglione”. Eroina o puttana del risorgimento? Questo è il dilemma che il pubblico dovrà sciogliere. Sarà interpretato e prodotto da Patrizia Bellucci da cui è nata l’idea. Debutteremo al teatro Belli di Roma in maggio. Poi nella prima parte della prossima stagione lavorerò ad un testo molto poetico ed interesse con due persone meravigliose, ma ancora non avendo nulla di ufficiale non posso dirlo. Non per scaramanzia, che sennò dicono che i teatranti sono tutti scaramantici, personalmente non lo sono e trovo la scaramanzia un retaggio culturale arcaico, però il mio gesto apotropaico lo faccio in ogni caso, tanto nascosto dietro una tastiera non mi vede nessuno …
Vuoi aggiungere altro?
Sì.
Grazie.
A te.
A chi avrà voglia di leggere.