Mirella Gregori: quarant’anni dopo

Mauro Valentini è uno scrittore e giornalista romano. Scrive principalmente di cronaca nera e di cinema, collaborando con diverse testate nazionali. È autore di romanzi Noir metropolitani. Volto noto televisivo, è ospite di numerosi programmi e trasmissioni di rilevanza nazionale come: Chi l’ha visto, Il Caffè di Rai Uno, Melog Radio24 ed è opinionista tra le altre, della trasmissione: La storia oscura, Crimini e Criminologia, Prisma di TV Cusano Campus.

  

È in prima linea nei casi più intrigati della storia del crimine e della criminologia italiana. Nel 2018 pubblica con la casa editrice Sovera: “Mirella Gregori – Cronaca di una scomparsa”. Una scomparsa quella della Gregori che risale al 7 maggio 1983, ovvero 40anni fa. Di lei nulla si sa, se non la poderosa indagine giornalistica riportata da Valentini nel suo lavoro che cesella come un artigiano un itinerario possibile di questa triste vicenda. Nel suo andare letterario Valentini ci porta dentro alla vicenda della Gregori tracciando le linee di un itinerario per certi aspetti sconcertante che lascia sgomenti e increduli. Eppure, questa giovane ragazza romana di sedici anni scompare da casa nei primi giorni di maggio del 1983 quando il glicine profuma di primavera Roma e le rose sono in fiore. Mirella con la sua vita tutta da vivere e scoprire va incontro all’ignoto sprofondando nel nulla. La trama di questa vicenda si ricama in mille declinazioni dove l’unico punto certo è il vuoto e il mistero che ancora si impone come unica meta. Valentini pubblica altri lavori di profondo interesse. Con Armando Editore pubblica sei libri inchiesta, tra cui: “Mio figlio Marco – La verità sul caso Vannini” (scritto con la mamma di Marco, Marina Conte) che è stato uno tra i dieci libri più venduti in Italia, ricevendo la Menzione d’Onore al Festival Giallo in Garfagnana 2020. Per la collana inchieste di Armando Editore ha scritto nel 2017: “Marta Russo – Il Mistero della Sapienza” con cui ha vinto il Premio letterario Costa d’Amalfi letteratura 2017 e si è classificato secondo ex aequo alla V° edizione del Premio Piersanti Mattarella 2019. Nel 2021 con Armando Editore, ha pubblicato il suo primo romanzo noir: “Lo chiamavano Tyson” che si è classificato quarto al Premio “Tre Colori – Inventa un film 2022”(direzione artistica Ermete Labbadia) su una selezione di oltre seicento romanzi.
Nel 2022 ha pubblicato il suo secondo noir dal titolo: “Cesare (Come Quando Fuori Piove)” con cui ha vinto il Premio Giallo al Centro 2022 e la menzione d’onore al Festival della Letteratura di Montefiore 2022. È uscito a dicembre 2022 il suo ultimo libro – inchiesta dal titolo: “Ciccio e Tore – Il mistero di Gravina” (Armando Editore) scritto insieme al Generale Luciano Garofano (biologo forense di fama mondiale e già Comandante dei RIS di Parma). Sempre nel 2022 ha ricevuto il Premio: Festival del Nuovo Rinascimento di Milano.

Per Armando Editore cura due collane: “Dentro le Storie” che pubblica libri e saggi e l’altra: “I Ciclidi” che accoglie e pubblica romanzi di ampio respiro sociale. Ciò che emerge dal lavoro di questo attento scrittore e giornalista italiano è la sua capacità di cogliere l’essenza nell’immensità dove il significante diventa significato possibile. Mauro Valentini è relatore di diversi convegni sul tema della violenza di genere e nel territorio dove vive è riferimento culturale per iniziative culturali e letterarie. Tra le sue passioni il cinema francese come il “noir” e la “nouvelle vague”, dove la narrazione si intreccia nella magia scenica fondendosi con gli ideali narrativi più alti a cui si ispira. Dell’autore ricordiamo anche il premio Acquanoir 2018 con l’alto patrocinio del Comune di Gaeta per l’impegno letterario.  Ha vinto il contest letterario “Ore Contate – Joe Lansdale 2019”. In questa intervista Valentini ci conduce all’interno del misterioso fatto di cronaca nera della scomparsa di Mirella Gregori.

Il 7 maggio 1983 accade l’inimmaginabile, perchè?

Non è inimmaginabile. Episodi di questo tipo sono già accaduti. C’è stato un periodo tra la fine degli anni ‘70 e l’inizio degli anni ‘80, in cui le scomparse di minori, soprattutto di ragazze era un fenomeno in espansione. Abbiamo segnalazioni di questi episodi in tutta l’Europa.

Ovvero?

Sia in Inghilterra sia in Francia, ci furono arresti di persone che vennero accusate di traffico di ragazze. Ricordo un episodio che mi colpì molto: una giovane modella inglese, all’epoca minorenne, scomparve a Londra in maniera del tutto misteriosa, mentre stava tornando a casa. Dopo qualche mese, fu ritrovata morta a Gedda, in Arabia Saudita. Il passaggio è sinistro e lascia sgomenti. In Italia, questo fenomeno era conosciuto. Tant’è che il capo della squadra mobile, quando gli chiesero se ci fosse la possibilità che la scomparsa di Mirella Gregori potesse essere collegata alla tratta delle bianche, lui disse che non era un fenomeno frequente. La sensazione all’epoca fu quella che gli inquirenti non ritenessero questo evento legato alla tratta delle bianche.

Quando e dove scompare Mirella Gregori?

Era il 7 maggio 1983, verso le 15, in via Nomentana 91 a Roma, davanti al monumento del Bersagliere, vicinissimo all’ambasciata inglese.

Che cosa accade?

C’è una citofonata a casa Gregori. I Gregori sono una famiglia che gestisce un bar. Una famiglia semplice e per bene, con sani principi, molto uniti tra di loro. Risponde una ragazzina di 15 anni, Mirella, che intrattiene per qualche minuto una conversazione al citofono con qualcuno. Dapprima sembra molto perplessa su chi sia la persona che ha citofonato, poi crede di averlo riconosciuto così gli da un appuntamento.

Dove si incontrano?

Il luogo dell’incontro è sotto al monumento del Bersagliere che è a 150 m da casa. Mirella avvisa la mamma sebbene fosse un pò perplessa. Le dice che è un compagno delle medie, un certo Alessandro. All’epoca la giovane frequentava la seconda superiore.

Quale fu la perplessità di Mirella?

Come dire: che cosa vuole questo da me? Scende nonostante la perplessità a fare due chiacchiere con questo ragazzo. Il 7 maggio saranno quarant’anni che Mirella non è più tornata a casa.

Perché ha scritto un libro su Mirella Gregori? Che cosa l’ha affascinato di questa vicenda?

Ho lavorato come volontario per Penelope, l’associazione che tutela le famiglie degli scomparsi.  Volevo raccontare questa storia, perché ha dentro di sé due cose fondamentali: la prima è la gestione assurda di come fu affrontata – adesso ci sono strumenti ben diversi – la seconda come poteva una ragazzina dalla vita specchiata con una famiglia senza nessuna ombra scomparire nel nulla.

All’inizio ritenevano fosse una scomparsa volontaria …

Questo chiaramente ha pregiudicato ogni soluzione, ogni risposta.

C’è di più nel suo interesse verso questo caso?

Mirella Gregori ha la caratteristica terribile di essere accostata al caso di Emanuela Orlandi. Questa associazione avviene tre mesi dopo la sua scomparsa, senza nessuna logica dal punto di vista investigativo, in qualche modo ne pregiudicherà per sempre la soluzione.

Può spiegarci meglio?

Gli inquirenti cercheranno Emanuela Orlandi, pensando in maniera miope, tanto da unirla al caso di Mirella Gregori. Addirittura, c’è un unico fascicolo: Emanuela Orlandi e Mirella Gregori. All’epoca gli inquirenti pensavano, con poca arguzia dal punto di vista investigativo che ritrovata Emanuela si potesse in qualche modo ritrovare, come per incanto o per contiguità, anche Mirella. Ho ritenuto che questa fosse una storia da raccontare. Ti assicuro che nel 2018 nessuno la conosceva come la si conosce oggi.

Secondo lei la Gregori e l’Orlandi hanno qualche legame tra di loro?

Ritengo di no. L’unico legame che unisce queste due situazioni è il depistaggio perpetrato da chi ha gestito il rapimento di Emanuela Orlandi.

Chi ha gestito?

Secondo me chi ha gestito il rapimento di Emanuela Orlandi ha dato vita a questa pantomima intorno a Emanuela, a un certo punto scopre che – grazie anche ai servizi di alcuni giornali importanti, per esempio un articolo di Panorama del 2 agosto 1983 – in cui veniva intervistata la mamma in Mirella associando per la prima volta queste due giovani scomparse. L’associazione viene, secondo me, ripresa da chi faceva finta di gestire il rapimento. Infatti, dopo l’uscita di questo articolo le due ragazze vennero associate l’una all’altra. Non credo che ci sia un legame criminale che lega le due scomparse, c’è piuttosto un legame dal punto di vista mediatico e di gestione, di chi ha ricattato in qualche modo il Vaticano oltre che all’opinione pubblica e agli inquirenti.

I media quanto influenzano queste vicende?

I media in quel periodo correvano dietro agli inquirenti. Non c’è stata una vera e propria influenza. Infatti, i finti rapitori cercavano di usare i media in maniera quasi scomposta, facendo pervenire telefonate invece di contattare i familiari. Telefonavano alle sedi dei giornali, spedivano lì i comunicati perché avevano la necessità di apparire. Probabilmente era funzionale al piano di depistaggio.

Oggi, invece?

Attualmente noto con sconcerto che alcuni giornalisti come alcune trasmissioni di inchiesta, in qualche modo si sostituiscono a quello che dovrebbero fare le procure. Non è inconsueto il fatto che dopo un servizio, un grande reportage partono poi le indagini. Ecco, mi aspetterei un’azione diversa da parte delle procure. Le inchieste giornalistiche smuovono non solo le procure ma anche l’opinione pubblica così necessariamente si riaprono alcuni casi incompiuti o mal gestiti. Sono le inchieste giornalistiche che muovono i media e l’opinione pubblica solo dopo la procura si attiva. Negli anni ’80 la situazione era differente, ovvero la procura agiva e di conseguenza i media seguivano le notizie che la procura metteva a disposizione.

Perché sono andati a scomodare un compagno di classe delle medie di Mirella che addirittura non incontrava e sentiva da due anni?

Non me la sento di escludere che al citofono ci sia stato veramente Alessandro. Ciò non significa che sia il rapitore, ma significa che potrebbe esserci stato lui. Il suo alibi non è stato attenzionato, non sono stati fatti i dovuti controlli. Si può pensare che Mirella avesse un’infatuazione per questo ragazzo.  Avrebbero potuto fare qualcosa in più, perché Mirella, per quanto possa essere stata ingenua, su quel citofono c’è stata un po’ di tempo come se ci fosse stata una trattativa che non può far pensare che abbia sbagliato. Mirella ha compreso chi fosse e lo dice alla mamma. Non c’è motivo di non crederle.

Questo giovane ha una posizione particolare?

Purtroppo, devo dire che la posizione di Alessandro non è stata vagliata come si sarebbe dovuto. Perché questo caso è ancora nell’ombra?

Adesso c’è una commissione parlamentare d’inchiesta che è stata nominata per Emanuela Orlandi e per Mirella Gregori. Questa commissione parlamentare d’inchiesta potrebbe agire per far sì che la procura ritiri fuori quei fascicoli, riprenda le testimonianze che non sono solo quella di Alessandro, ce ne sono molte altre. Alcune sono abbastanza scricchiolanti e rilasciate da ragazzi che all’epoca erano giovani, ma che adesso sono persone adulte. Magari potrebbero avere, se messi alle strette, un rigurgito di coscienza, magari indicare non dico il colpevole, ma una strada da intraprendere per arrivare a una soluzione di questa storia. Credo che la Procura di Roma, con un’azione decisa potrebbe trovare la soluzione molto più semplicemente rispetto a quella che va cercata per Emanuela Orlandi.

Ovvero?

La storia di Mirella è molto più semplice. È un delitto di quartiere. È un delitto di vicinanza ed è un’azione fatta da chi sicuramente conosceva Mirella. Non si sarebbe fidata di uno sconosciuto, era troppo accorta.

Nel suo libro riporta anche Alì Agca, ha un ruolo anche in questa vicenda?

Alì Agca ha gestito mediaticamente questa vicenda così come quella di Emanuela Orlandi.  Lui arriva a Roma negli anni ’80, il giorno prima di sparare al Papa, viene arrestato, sta in isolamento e due anni dopo scompaiono le ragazze. All’inizio sembra non saper nulla poi, a un certo punto, comincia a intavolare tutta una serie di dichiarazioni che niente hanno a che fare con questa storia. È un personaggio che sembra più un burattinaio che un burattino adatto a creare un polverone intorno a questa vicenda che in qualche modo ha annebbiato la vista a chi stava indagando. Si è dato troppo credito a una persona che era venuto in Italia per sparare al Papa e basta. Non vedo altre connessioni.

Chi era Raul Bonarelli? Come si intreccia in questa scomparsa?

È un personaggio aderente a questa vicenda, non vorrei che fosse una sola mera suggestione. Lui abitava lì vicino. Era una guardia del corpo del Papa. Viene all’inizio riconosciuto dalla mamma di Mirella come uno degli avventori del bar sotto casa che sembrava intrattenersi sia con Mirella sia con le sue amiche. All’epoca era un quarantenne, marito e papà e di due figli, che si intratteneva con ragazzine di 15/16 anni. La mamma di Mirella, dopo qualche tempo, non lo riconoscerà nell’uomo che aveva visto intrattenersi con la figlia.

C’è di più?

Perché Bonarelli era ignaro di andare al confronto con la mamma di Mirella, credeva di essere stato chiamato dalla dottoressa Maisto, il giudice che aveva la titolarità dell’inchiesta. Nel mentre riceve una telefonata da uno che lui chiama il capo, ovvero uno dei capi della gendarmeria Vaticana, che lo invita caldamente, anzi, gli ordina di non dire niente rispetto a Emanuela Orlandi. Gli dicono, noi non abbiamo fatto niente, noi non abbiamo nessun fascicolo, noi non abbiamo indagato, tu vai lì e di questo.

Qual è la morale di tutta questa storia?

Lui, forse, con Mirella non c’entrava nulla se non perché abitava lì vicino. È certo però che il Vaticano stava giocando, diciamo a nascondino con gli gli inquirenti italiani, tant’è che adesso che si è riaperto il caso, il Vaticano dice che ha della documentazione impolverata. La sensazione è quella che loro un’indagine all’epoca dei fatti l’hanno svolta. Emanuela era una cittadina vaticana. La cosa che più colpisce è che sia in quel periodo sia per tutti questi anni, hanno negato ogni coinvolgimento, anzi, hanno negato ogni indagine. Adesso scopriamo che le indagini le avevano fatte. Solo in questo periodo si sono degnati di ricevere Pietro Orlandi che da giovane disperato alla ricerca della sorella oggi è diventato un uomo, un padre, che dopo quarant’anni sta ancora cercando di parlare con il promotore di giustizia. È come se il tempo si fosse fermato. Siamo nel 1983 a ridiscutere di quei momenti. Tuttavia, Bonarelli rimane un personaggio inquietante. È legato a queste storie in maniera doppia.

Che cosa sarebbe cambiato se la scomparsa di Mirella Gregori fosse accaduta oggi?

Oggi, grazie alle associazioni come Penelope, si è arrivati a un protocollo e a una legge datata 2012, che in qualche modo aiuta le forze dell’ordine ad agire in maniera diretta quando c’è una denuncia di scomparsa. Nel momento che viene fatta una denuncia di scomparsa è obbligatorio prenderne subito possesso e dare una risposta.

Ovvero?

Se qualcuno scompare è corretto pensare di trovarsi o difronte a un atto criminale oppure ha un atto di grave allerta. Probabilmente Mirella non l’avremmo trovata viva, ma certamente i responsabili non avrebbero avuto tutto quel tempo per poterla fare franca. Perché Mirella, obiettivamente, non è stata cercata. I genitori furono rimandati a casa al momento della prima denuncia. Questo si ritrova nei primi verbali di denuncia della famiglia Gregori. È un atteggiamento che fa rabbrividire pensare che una madre disperata perché la figlia è scomparsa venga rimandata a casa.

Disarmante tutto questo?

Ti faccio un esempio, una settimana dopo la scomparsa di Mirella, ci fu il tentativo di rapimento di un’altra ragazzina, ma in quel caso c’è una testimonianza immediata. La sorellina più piccola vede la situazione e chiama i soccorsi. A quel punto la squadra mobile entra in campo con la massima allerta e blocca tutte le uscite per Roma. Il quartiere viene chiuso in un cerchio ristretto. Così, quella ragazzina viene liberata dai rapitori. L’ipotesi di reato era evidente, c’è stato un rapimento. Con Mirella questa cosa non c’è stata, semplicemente perché nessuno ha visto.

Riassumendo: che fine ha fatto Mirella Gregori?

È stata rapita da qualcuno che lei conosceva, da qualcuno della ristretta cerchia dei suoi amici e delle sue amiche che sanno e che hanno visto e che hanno probabilmente in qualche modo agito rapendola e uccidendola. Il tutto si è consumato non lontano da casa sua, probabilmente è stata vittima di un raptus adolescenziale, non era premeditato. Ho la sensazione, ripeto la sensazione, che il nome dell’assassino sia nelle carte. In quei fascicoli ci sono pochi nomi che riguardano Mirella, non sarebbe stato difficile approfondire e cercare di capire meglio il tutto.

Far sparire un corpo non è cosa facile?

All’epoca era molto più semplice di quanto possiamo pensare adesso. Inoltre, c’è un effetto fortuna per chi ha fatto sparire il corpo di Mirella. È evidente che ci deve essere stata la mano di qualche adulto, perché un corpo per nasconderlo necessita di avere un mezzo di trasporto.  Non possiamo immaginare un motorino o ragazzi senza un mezzo; pertanto, ci deve essere stata l’azione di un adulto o di un giovane adulto, magari un genitore che abbia in qualche modo aiutato a far sparire il corpo. Poi l’effetto fortuna è importante tanto più se non la cerca nessuno, il tempo passa, la gente si dimentica.

Mirella è sparita da sotto casa?

Mirella andava cercata, non è stata cercata neanche nel suo palazzo. Certamente bisognava analizzare anche chi fosse stato a casa in quell’ora e se qualcuno avesse potuto in qualche modo agire. Durante la presentazione del libro insieme alla sorella Maria Antonietta ho incontrato tante persone che si sono presentate come vicini di casa e che mi hanno candidamente detto che nessuno ha bussato alle loro porte per indagare o chiedere se avessero visto qualcosa o qualcuno. Tutto questo sa di assurdo. Purtroppo, dopo quarant’anni di Mirella non sappiamo ancora nulla.

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