Il teatro è come un vaso di coccio tra vasi di ferro

Per Luigi Pirandello la vita non è nient’altro che teatro. Il teatro è il miglior luogo per rappresentare le maschere sociali. Ogni persona nel suo essere nel mondo è uno, nessuno e centomila alla ricerca costante del suo personaggio che possa con un autore consapevole, accogliente e stimolante diventare persona. In fondo “C’è una maschera per la famiglia, una per la società, una per il lavoro. E quando stai solo, resti nessuno (L. Pirandello)”.

  

Marcello Amici con la sua “Bottega delle maschere” porta in scena il teatro pirallendiano. La sua carriera di regista e attore è costellata di successi su successi dove il legno è casa, territorio e appartenenza. Non si può non amare Pirandello, la sua immensa profondità, la sua capacità di cogliere e raccogliere l’essenza umana in tutte le sfaccettature delle sue declinazioni. Allora ti fermi a pensare: “Che cos’è un palcoscenico? Mah, vedi? Un luogo dove si giuoca a far sul serio(L. Pirandello)” e tutto ha un senso e un significato cucito nel suo significante. Il dialogare con Marcello Amici si arricchisce di esperienza e mondo e ci conduce passo passo dentro al suo viatico pirallendiano.

Come nasce la Bottega delle maschere?

Con mia moglie Natalia Adriani, prima attrice, mettemmo in scena negli anni Ottanta opere come “Enrico IV”, “Il giuoco delle parti”, “Il fu Mattia Pascal”, “Tutto per bene”, “Sei personaggi in cerca d’autore”, “Così è (se vi pare)”, perché il 24 febbraio del 1981 avevamo dato vita ad una Associazione, “La bottega delle maschere” che già conteneva nel nome i prodromi di quello che sarebbe stato il nostro programma teatrale.

Dopo la pandemia torna la rassegna Pirandelliana, giunta quest’anno alla XXVI edizione, quali e quante emozioni accompagnano il ritorno sulla scena?

Per la verità, noi nella passata stagione abbiamo lavorato con la riduzione del 50% dei posti in platea. Quest’anno, l’emozione è stata nostra, parlo degli attori, quando abbiamo sentito che tutto stava ricominciando. Forse, non è stata la stessa cosa per gli spettatori che penso siano ancora un po’ perplessi, quasi timorosi di questa libertà.

Luigi Pirandello che cosa rappresenta per il teatro?

Una svolta rigenerante. Il teatro aveva iniziato il XX secolo con tempi barocchi, proprio mentre l’uomo cercava risposte cubiste, a volte contorte da dare alla sua esistenza. Pirandello, con la sua risposta meta teatrale riportò il teatro a quell’antico significato eterno che si può ascoltare e godere, d’estate, in un teatro, come quello di Siracusa.

E per gli attori?

Oramai mi hanno fatto compagnia centinaia di ragazzi provenienti da tutte le Accademie romane. Tutti sono entrati in Compagnia dicendo che erano venuti per conoscere Pirandello. Abbiamo messo in scena, negli anni, tutto di Pirandello, e sempre li ho sentiti dire: pensavo ad un autore difficile, ma è come noi, la pensa come noi!

Quanta vita vissuta c’è in un personaggio pirallendiano?

Ho sempre pensato che tutta l’umanità sia un immenso insieme di istrioni, ho sempre pensato l’uomo, dal mattino, si mette in movimento perché il suo istrione è esigente, vuole esserci, Dove? Non importa. Chiarchiaro come jettatore ne “La patente”, Il Padre, il mio personaggio in “Sei personaggi” come il più importante della storia. So che qualcuno storcerà il naso, ma “homo homini lupus” fa riflettere.

“Abbiamo tutti dentro un mondo di cose, ciascuno un suo mondo di cose!”, è davvero così?

È chiaro. Dire che noi siamo come ci vedono gli altri, non è gran filosofia; che tutti abbiamo dentro un nostro mondo di cose lo è altrettanto. Risposta: e come possiamo intenderci se nelle parole che io dico, metto il senso e il valore che esse hanno per me, mentre chi le ascolta le assume con il senso e il valore che per sé. Crediamo di intenderci, non ci intendiamo mai. 

Qual è la differenza tra personaggio e persona?

Mettiamo da parte un momento la persona che, tra parentesi, vuole essere qualcuno, secondo la mia teoria. Nei teatri l’aria è satura di personaggi, sono nell’aria come monadi leibnziane. Il personaggio è uno che dà un brivido immenso quando un attore si avvicina a lui.

“Un personaggio, signore, può sempre domandare a un uomo chi è”, perché?

Perché un personaggio ha sempre una vita sua, segnata da caratteri suoi, per cui è sempre qualcuno. Mentre un uomo può non essere nessuno. Mi sono piaciute le ultime domande, ho potuto rispondere con le parole del mio personaggio. Non sono state risposte di grande filosofia, ma anch’esse contribuirono al Premio Nobel che fu assegnato nel ’34 a Pirandello.

Che cos’è meglio: avere dubbi o false certezze?

Il dubbio. Perché il dubbio improvvisamente ti ricorda che possiedi una testa!

Perché nulla è più complicato della sincerità?

Perché sappiamo tutto il male che può nascere dall’essere sinceri.

Che cosa rappresenta oggi Luigi Pirandello?

Tutti abbiamo nell’armadio un abito classico, uno di quegli abiti che stanno lì da anni. C’è capitato un giorno di indossarlo. Ricordate la sensazione, ci guardavano, facevano complimenti. È una “roba” classica, non passa mai di moda.

E perché il pubblico lo ama ancora così tanto?

Si va a teatro, si ascolta una commedia di Pirandello, si riflette sulle sue parole. Mentre fate questo, guardatevi mentalmente il volto, vi accorgete di avere un sorrisino ironico per il grottesco con cui Pirandello avvolge i personaggi nelle loro storie.

Quanta emozione c’è sia nel mettere in scena sia nel recitare un’opera di Luigi Pirandello?

Sono cinquant’anni che recito Pirandello. Ho dato vita a tutti i suoi personaggi maschili, eppure quando salgo sul palcoscenico ho sempre dei brividi.

Gli insegnamenti indelebili per un attore che ha lasciato Luigi Pirandello?

Penso all’ironia. Pirandello è stato l’Autore del più acuto saggio sull’Umorismo.

Dopo l’estate la rassegna Pirallendiana continuerà in autunno?

No, perché il nostro Comune non ci ritiene “innovativi” del teatro e, perciò, non ci ha aiutati nemmeno con un euro! Il teatro è come un vaso di coccio tra vasi di ferro. Ha bisogno di una mano gentile. Ma non si rompe!

Progetti?

Sì, pensi agli istrioni!

Ognuno di noi è uno, nessuno e centomila, non crede?

Il dramma per me è tutto qui, nella coscienza che ho, che ciascuno di noi si noi si crede uno …  ma non è vero, tanti secondo tutte le possibilità che sono in noi.

Vuole aggiungere qualcosa?

No, grazie!

Top 3 Stories