Un padre, una madre e una figlia, tre artisti, tempi diversi e distanti tra loro che si incontrano nello spazio di un teatro e ritornano un tutt’uno. Al Teatro di Documenti va in scena “Esculapio al neon”.
Il 29 giugno e il 2 luglio la regista Stefania Porrino fa rivivere tra le mura suggestive del teatro l’opera del 1958, composta dal padre, Ennio Porrino, compositore di musica sinfonica, cameristica e operistica, insieme al librettista Luciano Folgore. La madre della regista, Màlgari Onnis, fu la scenografa e costumista della prima messa in scena nel 1972.
I costumi originali, ora di proprietà della regista e restaurati per l’occasione da Valeria Maruzzi e Alessia Pisani, allieve del Corso di Costume dello spettacolo tenuto dalla prof.ssa Carla Ceravolo presso l’Accademia di Belle Arti di Frosinone, calcheranno il palcoscenico: un regalo dal valore inestimabile per il pubblico. Sul palco gli allievi del Conservatorio di musica “Licinio Refice” di Frosinone dove la regista insegna. La preparazione musicale dell’opera è stata curata dal M° Luigi Mastracci che accompagna gli interpreti al pianoforte.
La messinscena sarà un’occasione preziosa per conoscere la storia di una famiglia di artisti che è stata e continua a essere protagonista del “teatro italiano” e di cui è possibile consultare la documentazione presso il Fondo Onnis Porrino della Biblioteca Museo Teatrale SIAE.
Argomento dello spettacolo è la contrapposizione tra la vecchia e la nuova medicina, tra i benefici delle erbe medicinali, esaltati dalla fattucchiera Anfissa, e il potere risolutore di vitamine, ormoni e cortisone, esaltato dalla signora della Pubblicità, altresì chiamata Grancassa per il suo modo fragoroso di entrare in scena sempre seguita dal suo fedele servitore Megafono.
Oggetto del contendere sono Cordelia, fanciulla romantica, e il malatissimo principe Rovello. I due si sono innamorati per corrispondenza e desiderano ardentemente conoscersi di persona. Anfissa e suo fratello Papasso, rispettivamente madre e zio di Cordelia, sono però molto preoccupati dallo stato di esaurimento della povera ragazza che, più che affidarsi agli antichi rimedi proposti dalla madre e dallo zio, preferisce confidare le sue pene d’amore a Madama la Luna la quale scende addirittura dal cielo per confortare l’infelice fanciulla.
Come introduzione dell’opera, per rendere omaggio ai due autori della musica e del libretto, si ascolterà anche un duetto tratto da un’altra opera di Ennio Porrino, “L’organo di bambù”, due liriche cameristiche sempre dello stesso autore e un collage di poesie in stile futurista di Luciano Folgore. Stefania Porrino ci racconta questo suo lavoro denso della sua cifra esistenziale, emozionale e intima.
Un padre, una madre e una figlia, tre artisti, la musica, il teatro, l’arte: come si vive da figlia di?
Con una grande responsabilità sulle spalle: sia per l’impegno di portare avanti l’arte di chi mi ha preceduto, sia per cercare con la mia arte di essere all’altezza dei genitori che il destino mi ha dato.
Quanto è denso di significati il mondo dell’arte?
È uno dei modi più profondi che io conosca per ricercare il significato della nostra esistenza e per sperimentare le proprie capacità fisiche, psicologiche, mentali e intuitive.
Lei è cresciuta a latte e arte: cosa ricorda della sua infanzia?
La grande emozione che provavo ogni volta in cui partecipavo a qualche evento musicale o teatrale che riguardasse mio padre. Da subito ho sentito che quello era il mondo nel quale volevo crescere e vivere.
“Esculapio al neon” non è solo un’opera teatrale che va in scena ma c’è di più?
Per me è l’occasione di poter lavorare come regista in un’opera di mio padre, Ennio Porrino, che è scomparso quando io avevo due anni e mezzo e con il quale ho potuto intessere un rapporto affettivo e artistico solo a distanza. E per di più poter usare in questa occasione i costumi realizzati su bozzetti di mia madre, Màlgari Onnis, nel 1972 per il Teatro Massimo di Cagliari, in occasione della prima rappresentazione postuma dell’opera di mio padre.
Il tutto cucito e tramato all’interno di una tessitura che sa di passato ma vive nel qui ed ora. Emozioni e sensazioni di un evento così importante?
Si può dire che sono tre tempi molto distanti tra loro che si incontrano: l’opera è stata composta nel 1958, i costumi, come ho detto, sono stati realizzati nel 1972 ed oggi, nel 2023 io metto in scena quest’opera! La sensazione più bella è appunto quella di aver riunito la famiglia nella creazione in uno spettacolo.
Cosa racconta l’opera?
Tema dell’opera è la contrapposizione tra la vecchia e la nuova medicina, tra i benefici delle erbe medicinali, esaltati dalla fattucchiera Anfissa, e il potere risolutore di vitamine, ormoni e cortisone, esaltato dalla signora della Pubblicità, altresì chiamata Grancassa per il suo modo fragoroso di entrare in scena sempre seguita dal suo fedele servitore Megafono. Oggetto del contendere sono Cordelia, fanciulla romantica, e il malatissimo principe Rovello che si sono innamorati per corrispondenza e ora vorrebbero coronare il loro sogno d’amore. L’opera si conclude trionfalmente – ma anche con sottile ironia – con un inno a Grancassa e al potere della modernità vincente.
La musica e l’arte scenografica si amalgamano in declinazioni infinite creando una regista profonda come lei: ha mai pensato di scrivere un libro sulla sua famiglia?
L’ho già fatto, anche se da un’ottica molto particolare: ho scritto e pubblicato con le Edizioni Nemapress Effetto di sardi affetti che raccoglie i miei ricordi legati alla Sardegna a partire appunto dalla famiglia di origine, in quanto mio padre è nato a Cagliari e mia madre, pur essendo romana, è figlia di un sardo che per di più era cugino primo di mio padre. Mia madre e mio padre, quindi, erano parenti e la mia origine sarda mi viene sia dal ramo paterno che da quello materno. Uno strano intreccio che ho cercato di rendere più chiaro nel libro descrivendo i rami del mio albero genealogico.
Essere nel mondo non è spesso facile ma “Esculapio al neon” potrebbe aiutare nella consapevolezza di alcune situazioni vissute?
Il libretto di Esculapio al neon è stato scritto da Luciano Folgore, un poeta futurista che ha intessuto una favola dolce e ironica che può suggerire, nel suo raccontare l’eterna lotta tra vecchio e nuovo, un atteggiamento di saggio distacco e di benevola comprensione per i grandi entusiasmi e le inevitabili diffidenze che il nuovo da sempre eccita e produce.
Perché Esculapio?
Era il dio della medicina.
Ma il neon cosa c’entra?
Il neon era negli anni ’50 sinonimo di novità e modernità. Quindi il titolo “Esculapio al neon” mette in luce appunto il tema fondamentale della storia: l’avanzare della modernità che tutto trasforma.
Il luogo del debutto non è banale: perché questa cornice?
Il Teatro di Documenti di Roma è diretto da Carla Ceravolo che, oltre a dirigere questo suggestivo e particolarissimo spazio teatrale, è docente di Costume per lo spettacolo all’Accademia di Belle Arti di Frosinone, città dove anch’io insegno Arte scenica e Regia del Teatro musicale presso il Conservatorio “Licinio Refice”. Da anni Conservatorio e Accademia collaborano per mettere in scena spettacoli interpretati dagli allievi del Conservatorio e allestiti dagli allievi dell’Accademia e ogni volta Carla Ceravolo ci offre l’occasione di portare il prodotto del nostro lavoro anche nella Capitale, nel suo teatro.
Chi sono i suoi compagni di viaggio?
Oltre alla già citata Carla Ceravolo, è stato un prezioso compagno di viaggio il M° Luigi Mastracci che ha curato la preparazione musicale degli allievi e li accompagna al pianoforte. E naturalmente gli insegnanti di Canto degli interpreti dell’opera: Susanna Anselmi, Dionisia Di Vico, Silvia Ranalli, Danilo Serraiocco e Daniela Valentini.
Vuole aggiungere altro?
Vorrei ricordare che, come introduzione all’opera, verranno eseguiti anche altri tre brani di mio padre: due liriche della raccolta I Canti dell’esilio e un duetto tratto dall’opera L’organo di bambù. Seguirà poi un collage di poesie in stile futurista di Luciano Folgore. In questo modo ho inteso completare l’omaggio ai due autori dell’opera Esculapio al neonche costituisce comunque la parte principale dello spettacolo.