Il senso e il significato della famiglia nella sua cifra esistenziale si racchiude nel racconto che Mauro Trabalza fa di sua nonna Lella, la Sora Lella, e di suo zio Aldo Fabrizi. Una grande famiglia, la sua, che ha attraversato un secolo giungendo fino a noi con un bagaglio infinito di emozioni, esperienze e vissuti che si tramano e intrecciano con la storia di una Roma di altri tempi. Ancora oggi l’anima e lo spirito della Sora Lella volteggia lieve e delicato all’interno della sua trattoria, meta di turisti, curiosi e avventori. Una trattoria dalla storia ricamata e cucita tra i fornelli e la cultura culinaria romana tramandata di madre in figlia, in questo caso di madre in figlio. Il figlio e i nipoti della Sora Lella stanno portando avanti la tradizione che nonna ha lasciato non solo come ristoratrice ma anche come attrice e artista a tutto tondo. Mauro Trabalza debutterà al Teatro Garbatella il 15 ottobre con lo spettacolo “L’Acqua e la Farina” dedicato alla nonna Lella e allo zio Aldo. Un tesoro immenso che si racchiude in una narrazione densa di mondo ed emozioni che traghetterà lo spettatore in quel magico mondo romano fatto di cose genuine e pure. Mauro ci racconta e si racconta con il suo fare avvolgente e autentico.
Perché raccontare, con un lavoro teatrale, la storia e la vita della propria famiglia?
Per affetto e per amore.
Come prende vita quest’opera teatrale?
Tutti i ricordi che hanno delineato lo spettacolo sono tratti dal libro di mio padre, dove ha raccolto in trama narrativa la storia della nostra famiglia. La mia idea è stata quella di creare una rappresentazione teatrale. Il tutto prende vita dalla famosa leggenda metropolitana che riteneva non scorrere buon sangue tra i due fratelli Aldo e Lella.
Tanto che …
Un pochetto “me ce rode”, perché non è vero. Seppur Aldo avesse un carattere duro, tra loro c’era tanto amore. Aldo non era solo un fratello, con le sorelle minori aveva un amore quasi paterno soprattutto con nonna che era la più piccola. Avevano perso in giovanissima età il padre, così Aldo, all’epoca aveva solo dieci anni, si fece carico di crescere le tre sorelle minori. C’era un rispetto verso il fratello quasi reverenziale ma con infinito rispetto e amore.
In altre parole …
Questa cosa nasce per far comprendere, attraverso un vissuto autentico e reale, la verità su questo rapporto e sul senso e il significato che i fratelli Fabrizi davano alla famiglia. Ho vissuto molto mia nonna non solo da bambino ma anche da adulto così come è stato per zio Aldo.
Ci regali qualche ricordo?
A Natale e a Pasqua ci ritrovavamo tutti insieme, portavamo i regali di nonna che consistevano in abbacchio al forno e altre specialità romane. Ricordo ancora lo sguardo dei due fratelli quando zio Aldo veniva a trovarci in trattoria. Era uno sguardo che parlava senza parole, loro restavano anche più di un minuto a guardarsi senza dire nulla ma si capivano, si raccontavano, si narravano di là dalla parola. Nonna aveva verso il fratello un grande rispetto e un infinito amore. Si sentiva spesso, non passava domenica che non si telefonavano o non si vedevano.
Allora perché questa credenza?
Sono forse nate da qualche affermazione. Sa come si dice a Roma: “la gente poi ci ricama!”.
Quanto sei emozionato per la prima teatrale?
Tanto, tantissimo. Mi sono commosso nel leggere il copione e sono davvero felice perché ho compagni di viaggio meravigliosi, noi “famo tutto col còre”. Il regista Antonio Nobili con Mary Ferrara, Luigi Nicholas Martini, Alessio Chiodini, Enrico Tamburini e Ilaria Mariotti, è un gruppo fantastico che lavora “de còre e col còre” così l’emozione si trasforma in gioia. Pensa alle prove è come se fossi trasportato in quella realtà, i ricordi sono così vivi che a volte i lacrimoni scendono giù senza che me ne accorga, tutto è così immensamente avvolgente dal ricordo e dall’emozione. È un sentire perfettamente unico.
Perché?
C’è il mio primo debutto in teatro anche se non sono novizio davanti al pubblico perché ho fatto molte ospitate televisive. Però qui è diverso.
Tu quale ruolo hai?
Interpreto me stesso, anche se in teatro la cosa è diversa dal mondo della vita. Ciò nonostante, sperimento quello che vivo ogni giorno nel ristorante.
I clienti del ristorante vi chiedono nulla della vostra storia?
I clienti ogni giorno ci chiedono aneddoti di nonna. C’è una vera e propria processione, a volte, le persone vengono solo per fare le foto, per assaporare quello spaccato di storia romana che ormai è diventata famosa in tutto il mondo. La gente da noi si fidanzava, si incontrava, faceva conversazione e il ristorante è pregno dell’energia di nonna e di papà. Qui ancora oggi, aleggia lo spirito di nonna insieme al profumo dell’amatriciana.
Debutterete al Teatro la Garbatella il 15 ottobre con una replica il 16 ottobre?
Pensa lo spettacolo doveva andare in scena due anni fa, ma il Covid-19 ha bloccato tutto e adesso ci siamo, manca davvero poco. Credimi è una cosa che da due anni a questa parte stava dentro di me, come se io la chiamassi giorno dopo giorno. La cosa particolare è che a ottobre uscirà anche il libro di mio fratello Renato, chef del ristorante, dove sono racchiuse cinquanta ricette che ci hanno tramandato papà e nonna. Lui ha fatto un lavoro straordinario. È tutto un insieme di emozioni e allegria, di vita e ricordo, di passato che si fonde nel presente costruendo avvincenti viatici non solo per noi ma per tutte le persone che amano la Sora Lella e zio Fabrizio.
Quanto è difficile oltre a essere figlio di … essere anche nipote di …?
Mio padre ha sempre insegnato a me e ai miei fratelli, siamo quattro, una cosa importante: l’umiltà. È una cosa che non mi tocca perché io ho vissuto mia nonna come la nonna non come l’attrice dei film di Verdone o la sorella di Aldo Fabrizi. Lei per me e i miei fratelli era nonna e basta, il suo successo era altra cosa. Insieme a nonna ho vissuto dei momenti indimenticabili che sono traccia e memoria dentro di me oltre che profondo insegnamento.
Quanto è importante la famiglia?
Credo molto nelle radici nella famiglia, io ho avuto la fortuna di avere nonna che ci raccontava tutto. Ne ho fatto tesoro e quei ricordi, fanno parte di me.
Perché: “L’acqua e la Farina”?
L’idea nasce da Antonio Nobili. Posso risponderti con una battuta tra la Sora Lella e zio Aldo.
Lella: “Vedi io e te siamo come l’acqua e la farina…”.
Aldo: “L’acqua e la farina?”
Lella: “Si, du cose diverse, completamente diverse quanno stanno lontane, ma quanno stanno insieme…”.
Aldo: “Danno vita ar pane…la cosa più bella del mondo…”.
Tutto questo per dirti che insieme due elementi come l’acqua e la farina creano una sinfonia perfetta, basta solo pensare a quanto è buono il pane. In quel pane c’è tutta la romanità, ci sono le radici profonde di una famiglia che possono appartenere a tutte le famiglie. Due elementi che se separati non danno vita a nulla, un po’ come gli esseri umani, da soli è difficile creare qualcosa di bello. Dalla famiglia prendiamo tutto ciò che ci permette di costruirci persona e vivere nel mondo della vita.
Hai pensato a un lungometraggio?
No, ma mai dire mai. In futuro potrebbe nascere qualcosa.
Cosa vuoi trasmettere con il tuo lavoro teatrale?
Il messaggio è quello di riscoprire una Roma che con il tempo si è smarrita ma ancora abita dentro il cuore di tutti i romani. Basta poco far farla riemergere.
Come si può interpretare l’essenza della romanità?
“Volemose bene col còre!”. Un po’ tutta l’Italia è così. Nonna e zio Aldo non sono solo i simboli di Roma, sono conosciuti in tutta Italia ed all’estero. Sora Lella è la nonna di tutti.
Perché la Sora Lella ha iniziato a fare la ristoratrice?
Il tutto è nato in tempo di guerra, lei amava cucinare. A volte preparava delle cose per i vicini, altre volte gliele commissionavano, da lì poi c’è stata l’occasione di aprire la prima trattoria. Una passione diventata lavoro.
Ci racconti un aneddoto?
A volte, quando nonna cucinava, l’odore riempiva di buono il condominio così spesso le chiedevano che cosa avesse fatto. Una volta si affacciò e disse: “ah oh, ho fatto lo spezzatino, se me lo vado a impegnà mi danno un tanto al peso”. Così dopo un po’ di tempo mia nonna prese il ristorante a Piazza della Cancelleria, da lì tutto ha avuto avvio. Poi papà, pur volendo fare l’architetto, è andato a lavorare con nonna dando il via a tutto questo successo e tradizione. Mio papà è stato anche un poeta.
Una famiglia molto creativa. Ti faccio l’ultima domanda: da grande cosa farai?
Vorrei dedicarmi alla mia passione: la fotografia, e poi, perché no, iniziare a fare l’attore. Anche nonna Lella ha iniziato in tarda età, non si sa mai!