Ceneri alle ceneri

Dall’1 al 5 febbraio al Teatro Trastevere andrà in scena “Ceneri alle ceneri” un atto unico di Harol Pinter con Gabriela Corini, Roberto Zorzut. La regia è affidata a Gabriela Corini.

L’atto unico “Ceneri alle Ceneri” è il capolavoro del premio Nobel Harold Pinter, scritto nel 1996 e penultima opera dell’autore.

Il tutto si snoda parlando di una coppia di mezza età nell’intimità della propria casa improvvisamente discute di un passato misterioso e torbido della donna, cosa che rompe un equilibrio apparentemente sereno e rivela un terribile passato di orrori e dubbi sulle loro identità. Le azioni descritte, legate alla figura di un amante prevaricatore e violento, ci fanno conoscere l’eterna condizione di oppresso e oppressore, di vittima e carnefice.

  

Orrori e violenze rivelate in stralci, ricordi vaghi e fumosi della donna, a mano a mano prendono corpo negli orrori e nelle terribili violenze della persecuzione ebraica durante la Seconda guerra mondiale. Per la prima ed unica volta nella sua intensa carriera di drammaturgo, Harold Pinter, inglese di origine ebraica, fa chiaro riferimento all’olocausto, che ha segnato indissolubilmente la sua vita emotiva, generando il suo stile definito “teatro del disagio”.

Gabriela Corini affronta una messa in scena, scarna ed essenziale, concentrando l’attenzione del pubblico sul travagliato rapporto dei protagonisti e sulla loro essenza umana. Una storia senza tempo, tra parole ridotte allo stretto e senza soluzioni, che lascia interrogativi aperti ed ipotesi da sviluppare. Una storia al tempo stesso che permette di riflettere e fare consapevolezza di molti aspetti della nostra società e delle nostre relazioni. Gabriela Corini ci porta con la sua maestria all’interno del suo mondo e di questa sua ultima opera.

Perché “Ceneri alle ceneri”?

Adoro tutto il teatro di Pinter e in particolare questo testo, fin dalla prima volta che l’ho letto, mi è entrato come una freccia nel cuore. É un testo breve ma enormemente ampio che abbraccia attraverso l’ambientazione della più grande tragedia del Novecento tante sfaccettature dell’animo umano e del rapporto della coppia, tema tanto amato dall’autore come il tema della vita e del gioco delle identità. Qui il gioco è molto duro, un gioco tra vittima ed aguzzino di verità sepolte sofferenze represse lasciando lo spettatore davanti a possibili interpretazioni della vicenda e questo è l’aspetto che amo di più. Erano anni che desideravo mettere in scena questa pièce, un testo così che considero sacro, necessita di una sorta di gestazione e quindi l’ho affrontato solo quando mi sono sentita veramente matura per farlo. Sicuramente è un testo che richiede molta maturità.

Quanto è difficile essere regista e interprete?

Sicuramente non è facile, ma avevo una tale chiarezza di come desideravo allestirlo che nonostante le difficoltà a essere dentro e fuori, mi sono sentita comunque a mio agio. Anche perché come ho detto prima mi sono presa il tempo di lavorare sul personaggio femminile con molto tempo e cioè su Rebecca. Il protagonista maschile l’ho proposto a un valente attore che già conoscevo e trovavo perfetto per il ruolo, cioè Roberto Zorzut che ha fatto crescere molto il personaggio, sia attraverso le mie indicazioni che con un suo lavoro personale.  Il nostro lavoro è stato, si sotto la mia direzione, ma essendo solo noi due in scena anche elaborato personalmente da ognuno di noi. Io lavoro molto sulla personalizzazione dei personaggi e quindi c’è una parte che sicuramente la deve mettere l’altro attore; ecco perché scelgo attori che possano essere il più aderenti al personaggio. Do delle indicazioni di comportamento, le indicazioni sulle pause e su come proporre il personaggio, ma poi è ovvio che c’è anche il personale lavoro dell’attore.

Quanto è difficile essere in coppia?

Non so se prendere questa domanda dal punto di vista professionale o dal punto di vista personale, sicuramente il secondo punto di vista è quello più difficoltoso. Sul primo ci si lavora e quindi ci si lavora in termini professionali mettendosi anche un po’ da parte, nel secondo si è più coinvolti ed è chiaro che scattano altri meccanismi.

Ogni coppia ha i suoi scheletri nell’armadio?

Non saprei, io personalmente sono una persona diretta e chiara non amo tenere segreti, ma so e capisco che molte coppie vivono in questo stato direi quasi di doppiezza, menzogna. Anche io nel passato ne sono stata a volte vittima da parte del partner. Sicuramente Pinter ha avuto un’ispirazione per questo testo, riferendosi ai comportamenti distruttivi della coppia.

Come si affrontano?

Si affrontano come appunto anche Pinter nel testo fa emergere fa venire fuori modo di affrontarli. cioè tirandoli fuori con il dialogo e anche qui si evince nel testo di Pinter che l’uomo di solito è più sfuggente. E infatti Devil il protagonista sfugge alle domande di lei, cerca di trovare delle vie d’uscita, poi però gioca, gioca al gatto e al topo che si nasconde. É un giochino direi quasi quasi sadico e Pinter lo affronta rivelando mettendoli in luce e non è che tutti riescono a stare un lavoro così è un lavoro molto impegnativo che può anche distruggere la coppia come infatti probabilmente sta accadendo a Rebecca e Devil.

Il passato quanto incombe nella vita di una coppia?

Più passano gli anni, più si accumulano esperienze, più il passato diventa un terzo incomodo. Ci sono coppie intelligenti che anche se personalmente non azzerano il passato cercano di non portarlo nel rapporto presente sia che si tratti dello stesso partner quindi esperienze condivise sia che si tratti di un nuovo partner. Ma trascinarlo all’interno della relazione senza analizzarlo e metabolizzarlo, senza metterlo in luce, diventa un’operazione autodistruttiva; sia che siano traumi negativi sia che sia il bello che non si riesce a vivere più.  Sempre in riferimento a questo testo direi che qui è proprio questo il nocciolo della questione cioè delle negatività. Quante positività cumulate che però un certo punto diventano un nodo qualche cosa che non seriamente bisogna sciogliere per andare avanti nel rischio e anche che si tratta tu me la coppia.

Perché si decide di farsi un amante?

Penso che i motivi possano essere i più svariati. Dipende dalla situazione in cui si trova la coppia, da quanto si possa essere soddisfatti della relazione, da quanto si evidenzino delle carenze da riempire o anche del caso magari imprevedibile e ineluttabile a volte si può anche avere un’amante probabilmente perché si ama troppo una persona e non delude non si ottiene da questo ciò che si necessità e quindi si ricorre a una fuga esterna ma sicuramente è una situazione deludente anche questa non appagante Io penso comunque invece che tradeville.eu Rebecca la faccenda sia stata quasi di attrazione sicuramente ma quasi di necessità e forse non solo della donna ma anche reciproca, perché vedere in  mezzo a  delle atrocità tremende sbocciare un amore perché forse amore c’è stato ascoltando il testo si capisce che dell’amore di fondo c’è stato quella è stata una situazione estrema E comunque Ecco in cui è bello tutto sommato anche se tragico per degli eventi che l’hanno costellato vedere che c’era dell’amore.

In una coppia come si fa a conoscersi davvero?

Sicuramente aprendosi ma non tanti sono capaci di farlo. Aprendosi è ovvio che si cede, ci si rende vulnerabili, si mostra anche la propria debolezza e attraverso questo si può manifestare anche la propria necessità, i propri bisogni e la cosa comunque dovrebbe essere sempre reciproca. Invece soprattutto gli uomini tendono ad essere poco propensi all’apertura, purtroppo a loro hanno insegnato a essere forti, a costruirsi una corazza e spesso finiscono per soccombere sotto questo peso. Spesso oggi le coppie vedo che si distruggono per la chiusura da parte di uno che è quasi sempre l’uomo. In effetti in “Ceneri alle ceneri”, quello che notiamo è che è la donna che vuole andare a fondo a un’argomentazione dura, scabrosa, pesante che opprime la coppia e l’uomo che tende invece a rifugiarsi in una falsità, che tende a sopprimere questa necessità del dialogo della donna. Questa interpretazione di Pinter è uno specchio chiaro della situazione uomo/donna; insomma, lui ne affrontati tanti di testi tra uomo e donna, ed emerge sempre questa maggior propensione della donna a svelare le verità a essere nell’atteggiamento di apertura e l’uomo invece nell’atteggiamento di rigidità.

Nelle relazioni di coppia con l’amante quanto è facile cadere nel cortocircuitò di: vittima e carnefice?

Sicuramente il discorso di vittima e carnefice è un argomento che io personalmente non conosco, essendo io una donna molto indipendente, sicura e non mi interessa proprio questo genere di relazione, la aborro, tanto che non mi è mai capitato e se mi dovesse capitare, scapperei a gambe levate. Purtroppo, ci sono molte donne che non riescono a vivere una vita indipendente o che hanno delle problematiche di dipendenza dalla figura maschile, spesso può essere una trappola in cui cadono e direi che non è relativa proprio al rapporto tra amanti ma proprio tra uomo e donna. Come vediamo nella cronaca si vede che più spesso il discorso di vittima femminile si riscontra soprattutto delle coppie sposate. Anche qui Devil e Rebecca sembrerebbero una coppia ormai sposata che ha questi enormi scheletri nell’armadio; probabilmente lei ha effettuato una rimozione tanto è assoggettata a questo uomo è tanto l’ha convinta di una determinata realtà presente che debba eludere forzatamente quella passata il bello della di questo test che le ha un certo punto esplode e si ribella.

Perché ci scegliamo relazioni di questo tipo?

Come dicevo prima, alcune donne scelgono, dico donne perché è molto difficile che ci sia L aguzzina donna e la vittima uomo. Sono rarissimi i casi di uomini magari molto insicuri, che hanno avuto una situazione familiare particolare; per lo più è l’uomo che viene addestrato ad essere il duro, il forte e purtroppo il duro il forte invece si dimostra debole in quanto cercare di tenere una donna attraverso la violenza, attraverso la forza è un atto di estrema debolezza, di incapacità sia di amare che di relazionare che di dare qualche cosa. Io penso che spesso le donne non scelgono e che quindi rimangono intrappolate in certi cliché comportamentali della nostra società.

Qual è il messaggio che vuole inviare questo lavoro teatrale?

Il messaggio di questo lavoro è ampio, non riguarda solamente il tema della coppia; attraverso questa violenza domestica viene fuori la violenza enorme che c’è stata durante l’olocausto. Quindi il messaggio che voglio inviare è di evitare il più possibile le guerre, i soprusi e le discriminazioni di razza e poi naturalmente anche il discorso centrato sull’uomo.  Ma qui si parla di uomo anche come rappresentazione di una forma di violenza politica, di violenza programmata, la coppia è un elemento anzi è un microelemento per far capire una macro-tragedia. Il messaggio è mai più guerre. Aggiungerei inoltre che è una pièce teatrale che si cala bene in questo periodo buio che stiamo vivendo come messaggio contro la violenza, nonostante le tragedie di appena un secolo fa, viene riproposta quasi nelle stesse nelle stesse condizioni. Quindi è un testo molto importante da diffondere.

Chi sono i suoi compagni di viaggio?

Il mio compagno di viaggio principale è Roberto Zorzut, il mio partner sulla scena nel ruolo di Devil, mentre io interpretò Rebecca, i due personaggi protagonisti di questa pièce. Poi abbiamo un tecnico che ci segue: a volte è una donna e si chiama Roberta Gentili e a volte è un uomo e si chiama Francesco Capocefalo. Entrambi ci seguono lavorando su tutto il piano tecnico.

Andrete in tour?

Siamo già in tour! In realtà abbiamo sperimentato il lavoro l’anno scorso al teatro Bella Monaca che è anche il nostro produttore insieme alla Seven Cult; poi quest’anno l’abbiamo ripreso da novembre partendo dalla Toscana in due teatri molto belli del ‘700 come Calenzano e Sarteano dove abbiamo ricevuto una magnifica accoglienza.  Il 14 e il 15 dicembre saremo di nuovo al Tor Bella Monaca di Roma e poi da gennaio ripartiremo girando il Lazio. Saremo a febbraio al Teatro Trastevere ancora a Roma con l’auspicio di avere altre date nel corso della stagione corrente e poi è mia idea di proporlo anche per l’anno prossimo. Spero che questo spettacolo possa circolare il più possibile dato che è un testo importante che fa riflettere.

Vuole aggiungere altro?

La prossima stagione primavera-estate riprenderò invece “Canto d’amore e morte dell’alfiere” di Christoph Rilk, dove sono sempre regista ed interprete e che ha avuto molto successo prima della pandemia. Girerà in luoghi molto alternativi come antichi castelli, piazze e luoghi ricchi di fascino. É la storia di un cavaliere che va alle Crociate e muore non sapendo il perché, non provando odio contro nessuno. É una storia bellissima e molto toccante contro ogni guerra alla quale tengo moltissimo, soprattutto vivendo un clima così terribile come quello odierno. E poi continuare a proporre spettacoli sulle dinamiche di coppia, sempre di Pinter perché lo adoro come autore e mi coinvolge molto. Ringrazio infine per questa intervista e spero che possa essere utile a portare gente a teatro a vedere questo spettacolo che ritengo veramente un grandissimo testo.

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