“Is this the real life? Is this just fantasy? Caught in a landside, no escape from reality. Open your eyes, look up to the skies and see (Queen)”.
Quando ti metti in contatto profondo con la tua vita, la realtà si apre al possibile e ti fa incontrare con la professione che da sempre senti nelle tue viscere, nella tua mente, nel tuo cuore. Nell’andare della vita tutto si gioca nello spartiacque del tempo vissuto e del tempo che sarà dove il passato ricama i ricordi affinché la memoria sia testimone di un’evoluzione e una crescita. “The time (…) Gotta leave you all behind and face the truth (Queen)”. Quella verità che risuona nell’anima e nonostante la fatica ti fa andare avanti a percorrere il viatico della tua vita. In fondo tutto conta seppur sembra non contare, tutto ha il suo perché che, a volte, appare incomprensibile. Sembri un grande Re che combatte per il suo regno e poi alla fine combini più pasticci di un saltimbanco, tanto l’unica cosa che non smetterà mai è il vento che nonostante tutto continua a sognare. Sciaboletta è lì lungo Via Tiburtina, direzione Abruzzo. Inizia così la fuga di Re Vittorio Emanuele Ferdinando Maria Gennaro di Savoia, a seguito della dichiarazione d’Armistizio proclamata dal Generale americano Eisenhower. La storia è nota: il vecchio Re settantaquattrenne fugge verso la salvezza. Forse un comportamento più reale da parte dell’anziano Sovrano avrebbe potuto evitare la disfatta? Alessandro Blasioli con ironia, attraverso un linguaggio derivato dalla Commedia dell’Arte ed una scenografia scarna, riporta in vita il Monarca rimuginante (il protagonista), per ricordare le pagine più nere della storia d’Italia. In fondo in ogni essere umano c’è una parte buia come la notte che porta all’oscurità dell’anima e alla disfatta. Perché in fondo: devo solo uscirne. Devo solo uscire dritto via da qui. Niente veramente importa. Chiunque può capirlo. L’unica cosa che veramente importa è andare a vedere Sciaboletta con Alessandro Blasioli.
Caro Alessandro, grazie per questa intervista … ma tu chi sei?
Cara Barbara, intanto grazie a te! Chi sono io? Sono un abruzzese di trent’anni, anche se da dieci vivo a Roma. Sono un attore, però canto, scrivo e faccio le regie dei miei monologhi. Insomma: sono un factotum.
Perché la scelta di studiare recitazione e canto?
Ovviamente vuoi la risposta profonda, giusto? Banalmente, sono le cose che so fare meglio. E sono anche quelle che mi divertivano di più, e che mi divertono tutt’ora. Diciamo che è stata una scelta obbligata: a scuola mi ricordano ancora perchè frequentavo il coro e mi esibivo alla festa d’istituto. E anche perchè passavo un sacco di tempo in giro per i corridoi e un po’ meno tempo in aula.
Come inizia la tua carriera di attore?
Ho iniziato studiando recitazione in un’ Accademia di Roma. Non li nominerò perchè diciamo che non ci siamo lasciati proprio da amici.
Che vuoi dire?
Sono spariti nel nulla, ma comunque mi hanno permesso di conseguire una laurea, un Bachelor Degree, in recitazione presso l’Università del Galles. Il fatto che poi per il sistema italiano non sia riconosciuto come titolo equivalente è un’altra storia.
Ho iniziato l’Accademia appena terminato il liceo, poi nel 2014 ho debuttato al Todi Festival con lo spettacolo “L’abecedario del Conte Tolstoj ad uso del popolo e dei figli dello Zar”. Il testo è un po’ particolare, ma è stata un’esperienza unica. È stato davvero motivante uscire dall’Accademia e poter iniziare immediatamente a lavorare.
E per la carriera di cantante?
“Carriera”… adesso non esageriamo! Da bambino cantavo le canzoni delle pubblicità, delle réclame si diceva allora. Le cantavo in continuazione e mi sono anche beccato uno sberlone da mia madre che, giustamente, a un certo punto era esausta. E poi, dopo aver studiato canto, e dopo aver persino messo su una band da ragazzino, ho scoperto che l’attore può anche cantare in scena. E da lì ho deciso di studiare recitazione.
Tra la recitazione e il canto che cosa ami più fare?
Direi entrambi senza distinzione, anche se ultimamente sono più le repliche a teatro che i concerti. Tra l’altro, di recente ho anche ricevuto una diffida da parte di una dirimpettaia, avvocato tra parentesi, che si lamentava del fatto che a casa cantassi. A Chieti non ho dirimpettai, quindi gli unici che possono lamentarsi sono i miei genitori. L’ho trovata una cosa un po’ al limite dell’assurdo. Voglio dire, devi essere una persona un po’ triste e frustrata per pensare addirittura a una diffida per un motivo simile. Anche perchè non è che canto proprio male male.
La commedia è davvero una “Sciaboletta”? Raccontaci di più di questa “Sciaboletta”.
Le belle commedie, per come mi piace scriverle, sono delle sciabolate più che delle sciabolette!
Cerco sempre di fare dell’ironia tagliente, anche parlando di argomenti che di solito vengono definiti “pesanti”, passami il termine. è necessario parlare di queste cose, solo che lo si fa sempre con estrema difficoltà. Per farti un esempio: l’altro mio spettacolo si intitola “Questa è casa mia” ed è il primo monologo che ho scritto. Racconta del post-sisma del 2009 a L’Aquila, e di come sia stata mal gestita l’emergenza. In scena non urlo e non mi strappo i capelli perchè il mio obiettivo non è cercare la tragedia, ma cogliere l’ironia della situazione difficile.
Ecco, senza voler spoilerare nulla, “Sciaboletta” è una pagina di storia raccontata così. Perchè anche il nostro, de facto, ultimo Re Vittorio Emanuele III, dopo aver vinto la Prima Guerra Mondiale ed essere diventato famoso come Il Re Soldato, ha inanellato un bel po’ di corbellerie. Diciamo che “Sciaboletta” è un modo per meglio conoscere quello che è accaduto ieri, promuovendo una riflessione sul presente.
E il Festival teatro Marconi?
Il Festival è una splendida occasione! Il Marconi Teatro Festival lo conoscevo già, però questa è la mia prima partecipazione. è scontato dire che non vedo l’ora di avervi lì tra il pubblico? anche te Barbara!
Facciamo che io sono io e tu sei tu, in un incontro quanto io e tu c’è?
Che sono queste domande strane in un pomeriggio bollente? Non lo so, ti direi 50 e 50. A me piace tanto parlare, dopotutto faccio monologhi! Però bisogna saper ascoltare l’interlocutore, bisogna conoscersi almeno un po’ prima di poter intavolare un dialogo. Quindi ascolto anche tanto… però poi parlo!
Spero ci sia nelle tue giornate non solo nuvole ma anche tanto sole?
Eh, Barbara! I momenti nuvolosi non mancano mai. D’altra parte, il lavoro è intermittente e non sai mai dove sarai domani. Però mi sembra un’ottima metafora della vita! È vero che si tende a guardare solo le cose negative, però c’è anche tanto sole, anche se spesso si tende a dimenticarlo.
La fedeltà che cos’è per te?
Non mi aspettavo una domanda simile! La fedeltà direi che è la capacità di prendere un impegno e di rispettarlo. Rimango sempre per Il buon panta rei: tutto scorre. Quindi, bisogna essere fedeli a sé stessi, senza tradire mai i propri sogni e progetti, anche quando tutto cambia.
Dopo la pandemia, la ripresa: come vivi questo periodo?
Non penso di dire una cosa nuova se dico che è stato difficile. Molti spazi hanno chiuso, molti altri sono stati costretti a ricorrere spesso a volti noti e nomi importanti per far fronte all’emergenza. Emergenza che, sottolineo, ha investito tutti senza distinzioni. E poi ci sono tanti giovani che, nonostante spesso vengano definiti mammoni e senza voglia di far nulla, vorrebbero lavorare ma si sono trovati senza alcuna possibilità.
Io mi sento giovane, e mi ritengo anche molto fortunato ad aver lavorato sempre durante la pandemia, ma adesso anch’io la vivo con più difficoltà. Non solo nel trovare degli spazi, ma anche e soprattutto nel reperire dei contributi che mi possano permettere di andare avanti con nuovi progetti. Diciamo che mi sono battuto e mi sto battendo con le unghie e con i denti. è dura, ma sto resistendo abbastanza bene.
Secondo te la luce splende nelle tenebre?
Collegandomi alla risposta di prima, direi che la luce c’è, bisogna farla splendere. Bisogna avere fiducia sul fatto che oltre le nuvole c’è il sole che splende. Sennò che cosa viviamo a fare?
Quanta eccezione e quanta regola c’è nella tua vita?
A volte ho bisogno di concedermi molteplici eccezioni per comprendere al meglio quali siano le regole.
Hai più ricci o fai più capricci?
Guarda Barbara, ho i capelli mossi. Quindi come la mettiamo?
L’amore visto da Alessandro?
Ecco, questa è una domanda a cui rispondo con una certa difficoltà! L’amore visto da me? Ti posso dire che è qualcosa che trascende la mia (modesta) mente razionale.
Lo guardo da lontano, con curiosità, immagino che arrivi senza preavviso, forse è già arrivato in passato. Forse ritornerà? Mi faccio io delle domande: che cos’è l’amore? Cos’è amare? Non lo so, forse fra settant’anni se sarò ancora vivo, sarò capace di dare una degna risposta.
Sei innamorato?
Sì, certo! Sono innamorato della vita, degli amici, del mio lavoro. E sono innamorato anche degli imprevisti, quelli che non puoi evitare ma che poi alla fine si trasformano in una risorsa e dici: non poteva andare meglio.
In una relazione si può dire tutto o è bene quel che finisce bene?
In una relazione, intesa come il rapporto fra due persone a prescindere dal sentimento, non credo che si possa dire proprio tutto tutto, senza filtri. Mi spiego meglio: viviamo in un mondo che già prevede numerosi filtri, siamo regolamentati, abbiamo delle etichette imposte, ed è giusto per il vivere comune e, diciamo, per la salvaguardia della specie.
Un rapporto a due è come un tango. Ho compreso nel tempo che la questione non è tanto dirsi tutto, ma capire come dirlo. Non sai mai chi hai di fronte e cosa può aver passato quella persona, e le parole possono fare molto male.
La cosa che più ami fare?
Sembrerà scontato, anzi sicuramente lo è, ma la cosa che più amo fare è salire sul palcoscenico e raccontare una storia che meriti di essere raccontata. “Sciaboletta”, ad esempio, anche se questo potrebbe sembrare solo un intermezzo pubblicitario (che poi comunque non guasta mai). Amo vivere del mio mestiere, del mio lavoro, e grazie al mio lavoro potermi godere la vita. Non è male, vero?
Quello che non avresti mai voluto fare nella vita?
Probabilmente il mio più grande rimpianto è aver visto, e vedere tutt’ora, mio fratello studiare in Olanda e costruire la sua vita serenamente in un Paese diverso dall’Italia. Non perché sono invidioso di mio fratello, ma perchè forse anch’io sarei voluto partire in tempi più remoti, e sviluppare altrove le mie capacità e la mia esistenza in generale. In Italia sono più i giorni in cui ci si lamenta di come vanno le cose che quelli in cui si è fieri e contenti di essere italiani.
I tempi corrono e adesso tu dove sei?
I tempi corrono e io corro con loro! Cerco sempre di non essere troppo statico. Vivo a Roma da più di dieci anni, però chissà domani dove sarò. Ecco, adesso farò un po’ di gossip: la madre di una mia ex compagna mi chiamava “prezzemolino” perchè diceva che mi vedeva ovunque. Possiamo dire che sia il mio obiettivo, quello di essere davvero un “prezzemolino”.
Un ruolo che vorresti interpretare?
Quello di Rami Malek nel film Bohemian Rhapsody. Sono un fan sfegatato dei Queen, conosco tutte le canzoni a memoria. Quindi sì! Ho più volte immaginato che mi arrivasse il contratto e mi dicessero: vogliamo che tu sia Freddie Mercury!
E tu?
Mi sarei sciolto completamente, avrei accettato qualunque contratto, anche se mi avessero messo in schiavitù per una decina d’anni.
Hai mai pensato di fare il regista?
Non ho mai pensato di fare il regista, poi di fatto l’ho fatto per i miei spettacoli. In questo caso devo dire che c’è una grandissima sinergia e rispetto fra l’attore e il regista e il drammaturgo… che poi sono sempre io! A parte gli scherzi, di fatto non ci ho mai pensato, anche se in realtà lo faccio. Mi piacerebbe poter ragionare anche su spettacoli non miei. Anzi, mi sono accorto di stare iniziando ad avere un occhio critico anche sui lavori che vado a vedere. Credo che sia un momento di crescita andare ad analizzare uno spettacolo, una situazione.
Progetti?
Progetti molti, troppi, anche se non sono mai abbastanza. Il problema principale è successivo all’ideazione del progetto: bisogna concretizzarlo ricercando fondi e finanziamenti. Si parla sempre di soldi, ma alla fine “money makes the world go round” (i soldi fanno girare tutto) e quindi si finisce sempre lì. Fortuna vuole però che ultimamente il team Blasioli si stia allargando. Non sono più da solo a gestirmi (male, tra l’altro), ma ci sono due ragazze che si sono unite a me, e questa cosa mi da tanta forza, tanta energia. Sono sicuro che andrà migliorando sempre di più.
Vuoi aggiungere qualcosa?
Credo di aver detto abbastanza, ma se non lo è posso solo aggiungere: venite a teatro, conosciamoci, restiamo in contatto. è sempre bello fare nuove conoscenze, poter dialogare e confrontarsi con nuove persone. Io e il Re Sciaboletta vi aspettiamo il 7 luglio al Marconi Festival … non mancate!