Se c’è una cosa che ho imparato in 56 gloriosi anni di disastri, cadute, crampi da yoga e appuntamenti con uomini che parlano con i cactus, è questa: l’autoironia è l’unico lifting che funziona davvero.
Ridere di sé stessi è un superpotere. Ti salva dal baratro dell’autocommiserazione, ti protegge dai giudizi altrui, ti rende affascinante anche con i bigodini in testa e la maschera viso effetto Shrek. È l’antidoto perfetto contro la serietà tossica e la tentazione di prendersi troppo sul serio. Perché diciamolo: la vita è già abbastanza ridicola di suo, tanto vale assecondarla.
Quando ero più giovane, volevo sembrare perfetta. Ero quella che si sistemava i capelli prima di uscire a buttare l’immondizia (perché non si sa mai che passi l’anima gemella con il sacchetto dell’organico). Poi la vita mi ha messo davanti a scene così grottesche da farmi capire che la perfezione è solo una trappola per le menti stressate. E che una risata, invece, è una liberazione.
Come quella volta che, durante una riunione al Daily Whisper, sono intervenuta con sicurezza su un tema… dimenticando completamente di aver ancora i bigodini in testa. Nessuno ha detto niente. Ma tutti, da quel giorno, mi guardano con più rispetto. O paura. Non so.
Oppure il giorno in cui, dopo un colloquio importante, sono uscita con la gonna incastrata nei collant, mostrando il mio reggicalze vintage a mezzo paese. Mi sono accorta dell’incidente solo quando Gavin mi ha detto: “Pippa, oggi hai l’allure di un film francese. O di un film comico… dipende dai gusti”.
E vogliamo parlare della tecnologia? Ho fatto talmente tanti pasticci digitali che potrei aprire un corso: “Come sbagliare tutto in 3 clic”. Dalle crocchette per gatti all’iscrizione involontaria a un corso online di tai chi acrobatico per over 70, ho collezionato gaffe da far arrossire persino Siri. Ma ormai, rido. Racconto. Scrivo. E trasformo il disastro in intrattenimento.
Perché ridere di sé non significa sminuirsi. Significa accettarsi. Sapere che sì, a volte siamo impacciati, imperfetti, stonati, goffi, ma anche vivi, autentici e tremendamente umani. E poi, diciamocelo: le persone che sanno ridere di sé sono irresistibili. Hanno quel fascino disarmante che conquista molto più di un lifting, un rossetto perfetto o un profilo Instagram patinato.
Vivian dice sempre: “Chi non ride di sé stesso, finirà per far ridere gli altri a sua insaputa”. E ha ragione. Meglio riderci prima, e con stile.
L’autoironia è come il cetriolo nel gin tonic: dà sapore, rinfresca, e ti fa sentire meglio anche nei momenti peggiori. Perché se puoi sorridere mentre tutto intorno va a rotoli, allora sei già un passo avanti.
Quindi sì, care amiche (e cari lettori curiosi), vi invito a guardarvi allo specchio – anche con il pigiama macchiato e i capelli come un cespuglio – e dire: “Sì, sono un capolavoro tragicomico. E mi piaccio così.”
E se qualcuno osa giudicare? Fategli un bel sorriso… e raccontategli l’aneddoto della gonna incastrata. Funziona sempre.