La giusta dose di leggerezza

Non appena la sala restò al buio e cominciarono a partire i primi fotogrammi della pellicola in programmazione, si alzò dalla poltrona e sgattaiolò verso la stanzetta da cui sapeva che venivano proiettati i film. Si arrampicò sulla scaletta in cemento grezzo. Addosso, un’adrenalina che era convinto di non aver mai percepito prima. Quando si affacciò sulla porta, il vecchio proiezionista, colto di sorpresa, gli lanciò un’occhiataccia. Si vociferava che fosse un tipo scontroso e che non volesse nessuno tra i piedi, quando lavorava.  «E tu che ci fai qui? Esci subito!» gli intimò, alzandosi di scatto da una vecchia sedia di legno chiaro che a Pietro non sembrò per niente stabile, soprattutto considerato il peso abbondante dell’uomo”. Sembra di entrare nel mondo tramato e cucito in una fitta mappa narrativa che, in alcuni aspetti, richiama il mondo intimo, gelosamente custodito all’interno di sé, della scrittrice Viviana Picchiarelli. L’autrice, che ha dato vita a un romanzo dalla cucitura avvincente e intensa, profonda e cruda, reale e avvolgente, racconta una storia densa della sua cifra esistenziale. Il qui e ora si coniuga con significativi richiami del là e allora, portando il lettore all’interno della sua narrazione, come se fosse non solo spettatore ma anche attore della vicenda. Il reale si coniuga e sposa con l’immaginario, cucendo un romanzo caldo e profumato d’infinito. Viviana Picchiarelli racconta la sua professione di scrittrice.

Viviana, grazie per questa intervista. Sei una donna umbra e scrittrice, quando hai iniziato a scrivere?

Ho iniziato a scrivere nel 2011. Sono entrata a far parte di un gruppo letterario: le Women@Work, nato nella piattaforma Facebook.

Che cosa è?

È un marchio registrato che identifica un network di scrittrici e scrittori i quali, attraverso la rete, hanno messo a sistema la passione per la scrittura.

Che cosa fate?

Abbiamo pubblicato diversi progetti editoriali, dalla poesia alla narrativa passando per la saggistica, grazie a varie case editrici e abbiamo sostenuto anche dei progetti in campo sociale.

Come arriva la scrittura nella tua vita?

Dapprima con dei racconti e poco dopo con un romanzo: “La locanda delle emozioni di carta” (Bertoni Editore), poi acquistato da Newton Compton editori e ristampato, alla luce di alcuni interventi di editing, con il titolo “La locanda degli amori sospesi”, seguito da “Il giardino della locanda dei libri”.  Per Bertoni Editore ho pubblicato anche “Il rubino intenso dei segreti” e il mio ultimo romanzo “Prima del buio in sala”.

Nella vita fai solo la scrittrice?

No, il mio lavoro principale è un altro. La scrittura è comunque qualcosa che vivo come se fosse una vera e propria professione.

Cosa vuol dire lo “vivo come una professione”?

Pretendo molto da me stessa, frequento molti corsi, diciamo che sono sempre in formazione. L’editoria ha tutte le sue regole. Pubblicare un libro necessita di impegno, professionalità, cura e preparazione. Sono convinta che, anche ciò che nasce come hobby, debba essere affrontato nella maniera più professionale possibile.

Quanto tempo dedichi alla scrittura?

Tutto il mio tempo libero.

Sei nata ad Assisi, questa cittadina umbra così mistica influenza il tuo immaginario?

In realtà, no. O, meglio: non ancora, ma mai dire mai. Al momento, nelle mie storie, ho raccontato un’altra Umbria: l’Umbria del lago, del vino e del Jazz. Ovvio che il fatto di vivere in una realtà come quella di Assisi mi consente di avere un approccio alla scrittura più contemplativo.

Che cosa scrivi?

Scrivo esattamente ciò che mi piace e ciò che vorrei leggere. Le mie storie si inseriscono nel filone “Women’s Fiction”.

Cosa ti ha spinto a scrivere i tuoi primi racconti?

Il tutto nasce da un percorso psicoterapeutico. Tra i vari approcci che vengono utilizzati per affrontare le proprie problematiche c’è anche quello della scrittura. All’inizio ho faticato un po’, avevo sempre scritto, ma articoli giornalistici e di marketing, tutto quello che era narrativa non apparteneva al mio mondo. Sebbene sia sempre stata una lettrice accanita e curiosa, non avevo mai pensato di mettermi a scrivere. La consideravo una cosa fuori dalla mia portata. I primi tempi ho provato fatica.

Poi è accaduto che?

Delle persone a me vicine hanno letto i miei primi tentativi di scrittura, indirizzandomi verso un gruppo letterario da cui è nato un po’ tutto. È accaduto tutto senza che me ne rendessi conto appieno. Quando ho iniziato ad accorgermi che quello che scrivevo aveva un discreto riscontro, a quel punto mi sono detta: “fermi tutti, voglio capire se c’è del potenziale, fin dove posso arrivare”.

Adesso che te ne sei accorta?

Mi rendo conto che, a volte, è più complicato del previsto se una persona vuole affrontare la scrittura in maniera professionale. L’editoria è un mondo molto articolato, complesso, ricco di tante cose belle ma anche di tante difficoltà, come tutti i settori lavorativi, del resto. Forse è un po’ più complicato di altri ambienti, all’inizio assapori il bello della scrittura, poi i meccanismi non sono così facili da vivere e affrontare, soprattutto se scrivi fiction. Dietro c’è un grosso lavoro di costruzione. L’ispirazione acquista una declinazione particolare all’interno di determinati livelli espressivi e narrativi. Non voglio sminuire la scrittura in quanto tale, ma affrontarla in modo professionale significa rendersi conto delle regole che ha il mondo dell’editoria.

Ci fai un esempio?

Ci sono tanti autori che non vogliono l’intervento dell’editing, nell’editoria però c’è un editor che ti prende per mano e ti aiuta, a volte migliora anche il tuo lavoro. Chi scrive di pancia, chi concepisce la scrittura come qualcosa di assolutamente artistico questo non lo comprende. L’editoria è un’industria e si muove con determinate regole per creare un prodotto di livello e accattivante, vendibile e funzionale al bisogno dei lettori, del pubblico.

Come si fa a essere letti?

Bisogna tener conto dei filoni che ama il pubblico. Ciò non significa che uno scrittore debba inserirsi in un filone in cui non si riconosce. Prendiamo l’esempio del periodo in cui “Cinquanta sfumature” occupava le classifiche mondiali. L’erotico attirava il lettore. Io non scrivo l’erotico puro, seppur nei miei romanzi ci sono alcune pagine in cui l’eros emerge, ma ha una caratteristica legata alla mia modalità di raccontare e descrivere quel momento, quell’aspetto. Il pubblico apprezza certe narrazioni, tuttavia devono sempre rispecchiare la natura della narrazione e lo stile dello scrittore. Bisogna sempre tener conto di ciò che il pubblico ama leggere, altrimenti ci si deve orientare verso altre forme di scrittura, come il blog, ad esempio.

Come scegli le storie che narri?

Prima delle storie scelgo dei dettagli da cui partire. Poi ci costruisco tutta la storia, dapprima fissando i punti principali e poi dipanando la trama narrativa.

L’ultimo romanzo come è nato?

Da una suggestione. Avevo voglia di raccontare ciò che provo quando frequento un determinato cinema del perugino. Il cinema di cui parlo nel romanzo è una sala che esiste sebbene mi sia presa tutta una serie di libertà narrative. Sono partita da lì e poi ho ricreato tutto l’ambiente circostante. La storia è venuta dopo. Sono arrivati i personaggi con i loro intrecci e poi il racconto.

Come hai scelto il titolo?

Con una serie di difficoltà. Non riuscivo a trovare un qualcosa che fosse di impatto e che riassumesse la storia. Prima del buio in sala è quel momento che precede la proiezione, è un attimo di sospensione tra il mondo reale e la finzione che dì lì a breve scorrerà su uno schermo. Ultimamente mi hanno fatto riflettere sul fatto che il titolo potrebbe essere una sorta di metafora anche dei tempi che stiamo vivendo. Viviamo, infatti, in un tempo di attesa e sospensione tra ciò che conoscevamo e ciò che vorremmo conoscere.

Perché cinema e Jazz?

Amo la sala cinematografica del CineMuse, teatro delle storie dei protagonisti che in 60 anni si sono avvicendati all’interno di essa, avendo ambientato il grosso della storia in estate in un quartiere molto vissuto con artisti di strada, se vogliamo un po’ bohemienne il discorso Jazz era inevitabile. Mi piaceva ci fosse un protagonista maschile che affronta un proprio inferno personale e che usa la musica e il sax come espressione e rifugio dei propri disagi.

Quanto sano importanti i social?

Per la mia attività di scrittrice sono stati fondamentali. Non è facile, ma adesso ho una nutrita community, anche questo è affrontare la scrittura in maniera professionale.

Hai un nuovo lavoro in cantiere?

Sono un po’ indietro ma ho in progetto un lavoro che tratti la storia dell’arte e le stazioni ferroviarie. Questi sono i due elementi di partenza. Al momento è tutto in costruzione. Nell’attesa “(…) il CineMuse sarebbe stato ancora teatro di storie di vita e di celluloide, e tutti ne avrebbero ancora respirato la magia prima del buio in sala”.

 

 

 

 

 

Top 3 Stories