Ismael

Il 26 aprile 2023 debutta al Teatro Trastevere lo spettacolo “Ismael” scritto e interpretato da Massimiliano Frateschi. La regia è affidata a Graziano Piazza, aiuto regista: Aleksandros Memetaj, assistente di regia: Beatrice Picariello. Lo spettacolo è prodotto da: La Gabbia Teatro con le musiche originali dal vivo di Mubin Dunen. Un lavoro che si preannuncia denso della sua cifra significativa. La trama si snoda sulla vita di un giovane: Ismael. È un ragazzo di 30 anni scappato dalla Siria. Dopo essere stato perseguito politicamente senza ragione, cacciato dalla sua città natale, rinchiuso in un carcere, dopo aver attraversato due continenti da nomade e perso le tracce della sua famiglia e del fratello Adnan, con cui ha condiviso la reclusione, Ismael si trova all’ufficio per gli immigrati a Roma. Ismael è un ragazzo iperattivo, molto magro e sorridente nonostante il suo bagaglio emotivo. Ha imparato a parlare italiano da bambino, romano per la precisione (chiaramente sempre mantenendo un forte accento arabo) perché la madre, probabilmente morta mentre Ismael era in viaggio verso la terra promessa, cercava di lasciare ai suoi figli un’ancora di salvezza verso un mondo non troppo lontano e forse più accogliente. Quando Ismael arriva a Roma, di fronte alle due o tre persone del comitato di accoglienza dell’ufficio immigrazioni, risponde alle domande e si lascia scivolare nei ricordi raccontando tutta la sua storia. Una commedia che senza dubbio richiama aspetti significativi anche della nostra epoca ponendoci di fronte a domande che spesso non trovano risposte soddisfacenti e nutritive. L’intervista fatta a Massimiliano Frateschi ci permette di accedere all’interno del suo lavoro cogliendone la grazia e il mistero che la sua opera racchiude.

Debutterà con “Ismael” ci racconta qualcosa di questo lavoro teatrale?

È un testo di teatro contemporaneo scritto di getto in una notte e poi lavorato nei mesi, insieme ai due registi. Il lavoro è stato incredibilmente emozionate e duro perché si attraversano temi delicati anche se con ironia e soprattutto perché sono da solo in scena, seduto su una sedia con il pubblico e la mia immaginazione a farmi da spalle. Il mondo che si è creato però, attraversando questo viaggio dentro e intorno ai racconti del ragazzo che poi ha ispirato questa storia, il mio amico Adnan, è un viaggio intenso e profondo, ma soprattutto sincero.

Ismael chi è e che cosa rappresenta?

Ismael è un ragazzo di 30 anni scappato da una guerra, è i racconti di tutti i rifugiati di tutte le guerre del mondo e di tutti quelli che ci hanno provato, ed è una metafora di Gesù, uomo realmente esistito e che ha affrontato lo stesso viaggio, probabilmente nella stessa terra, diventando una delle figure più importanti dell’intera storia dell’umanità, ma che infondo era anche lui un clandestino in fuga da un altra terra.

Dalla Siria verso dove?

Verso la pace, ovunque essa sia, attraverso 2 deserti, 2 oceani e diverse avventure.

Cosa rappresenta per Ismael la Siria oltre ad essere la sua patria?

La radice di sé stesso, inteso come uomo. È la ragione del suo tormento ma anche della sua gioia più grande alcuni dei suoi ricordi più belli. Il suo carattere è forgiato dalla terra dove è nato, come il sole forte per un cactus. Non è una casa la Siria per lui e non è solo un posto, è un giorno lontano nel passato che brucia nel presente.

Che cosa rappresenta il viaggio per alcune persone che scappano dalla loro terra?

Non lo so, io sono andato via dalla Puglia per venire a Roma e quindi è molto diverso per me, ma all’epoca lo consideravo uno scappare da qualcosa che mi stava uccidendo anche senza le bombe. Il punto credo che sia l’arrivo non la partenza. A volte se ti sparano addosso resti inerme altre volte eviti il colpo, fisico e morale e scappi via. Il viaggio credo rappresenti la liberazione del cappotto bagnato che c’è stato messo addosso dal destino il giorno della nostra nascita che molliamo verso la ricerca di un vestito migliore e che ci calzi di più, o che in alcuni casi ci salvi la vita.

Quanto la guerra de Golfo cambia le coordinate della vita di alcuni popoli?

La guerra del golfo ha rappresentato un punto di svolta, purtroppo negativo, nella dinamica delle intersezioni religiose di quelle terre. E questo Ismael lo spiega in una frase che vorrei riportare per come è scritto nel testo e per come il pubblico la ascolta: “Prima della guerra del Golfo all’epoca del mio papà tutte queste differenze socialitarie o religiose non esistevano. O meglio esistevano ma non erano un pretesto di guerra e la gente non le conosceva le differenze; quindi, non c’era guerra o come se dice, disprezzo, non c’era odio e non c’era razzismo, c’era solo un connotato. Ho imparato questa parola bellissima. Ecco la tua religione era solo un connotato, un colore, come quello dei capelli. Tu hai i capelli chiari io ho i capelli scuri, e fine. Prima era così. Capito zii?”.

In Siria la vita spesso non è semplice, Ismael ne è l’esempio?

No Ismael è l’esempio che nel mondo le guerre sono un delirio e una macchia della società. Ismael è l’esempio del sorriso che va mantenuto anche mentre il mondo crolla, se proprio lo dovessi “esemplificare”.

L’ufficio per gli immigrati luogo di approdo o smarrimento?

Entrambi, perché dipende da quanto è intelligente chi trovi davanti in quell’ufficio e in quel momento, a quali legge risponde il paese in cui ti trovi. Questo spettacolo vuole parlare soprattutto e queste persone qui, cercando di sensibilizzarle.

Perché L’Italia è la terra promessa?

Perché non crollano le bombe tutti i giorni, perché si vive bene rispetto alla Siria e perché una parte della nostra politica per fortuna prevede un’integrazione. Quando ci sono persone giuste ad interpretarla.

Esiste davvero una terra promessa?

Si, dentro di te, quando riesci a sorridere e a trovare un motivo per essere felice anche nel disastro

Quali ricordi Ismael porta con sé?

Il mare, un carcere, dei deserti, una fotografia di famiglia, diverse perdite, qualche gioia, tante anime incontrate nel viaggio, felici e non; un aeroplano gigante e delle preghiere imparate da bambino in una lingua non sua e di una religione diversa.

Ismael è nato dalla fantasia del drammaturgo oppure è una storia vera?

Ho incontrato un ragazzo, che si chiama Adnan, mi ha raccontato la sua storia. Poi mi sono informato su cosa succede lì per davvero e anche tramite Rifugies World Italia ho raccolto una serie di storie vere alle quale poi ho dato un nome e un volto. Quel nome è Ismael, che vuol dire: “Profeta della pace, dell’amore o di qualunque altra parla di qualunque altro Dio”.

Chi sono i suoi compagni di viaggio?

I ricordi e le speranze del futuro

Quanto è stato difficile entrare in sintonia con una cultura diversa?

Credo di portare la mia personale interpretazione in questo, che è una via di mezzo tra quello che sono, quello che ho visto e quello in cui credo personalmente. Non ho la pretesa di portare un’altra cultura in scena ma di regalare a chi guarda lo spettacolo una finestra in un mondo diverso e non troppo lontano.

Cosa si aspetta dal pubblico?

Che ascoltino e che divulghino il verbo e la sensazione creata se lo reputano giusto e importante.

Andrete in tour?

Purtroppo, non abbiamo una distribuzione ma speriamo che qualcun altro voglia ascoltare questa storia o che ci porti in giro partendo da queste date romane.

Vuole aggiungere altro?

Credo che sia uno spettacolo importante da guardare e da ascoltare almeno una volta e che possa cambiare la percezione della vita e di come guardiamo le persone che abbiamo davanti, in parte quantomeno.

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