Io sono chiunque o meglio uno, nessuno, centomila

Fabrizio Ansaldo è autore e regista teatrale. Dalla sua penna hanno preso vita narrazioni densa di significati e di mondi, di territori emozionali che conducono verso quella terra interiore che chiama, cerca una spiegazione. È in libreria con un altro lavoro che accarezza l’anima affrontando temi attuali che stimolano la riflessione.

Sono trentasei brevi storie, i personaggi non hanno nome, il tutto ambientato in una Roma silenziosa che fa da sfondo. Fabrizio Ansaldo ci racconta e si racconta in un’intervista emozionante, a tratti densa di vissuto, seppur con la sua capacità pungente di dire la verità.

Fabrizio Ansaldo, regista e scrittore, ma Fabrizio di fatto chi è?

Fabrizio è uno, nessuno, centomila. Io sono uno qualunque, o meglio: chiunque.

Come si diventa “chiunque”?

Per divenire “chiunque” occorre sacrificio, abnegazione e studio. In quel “Nessuno” si nascondono i Mille volti dell’Eroe. Intendo dire che nel definirsi si pongono limiti alla vera personalità. Oggi si cerca disperatamente di “essere” in un mondo vacuo pur di circoscriversi, dare fisionomia al proprio sé e al proprio ego. Il risultato è un grande circo di soli clown e nessun animale (solo quest’ultimo è un fatto positivo).

3 aggettivi che parlano dello scrittore Fabrizio Ansaldo?

Silenzioso, profondo e leggero al tempo stesso.

E del regista?

Mi metto sullo sfondo o ancora meglio mi pongo altrove, o nelle vesti degli attori-persona per cogliere più materiale possibile che arricchisca il mio mondo che voglio rappresentare.

Come nasce “Cuori nella ghiacciaia”?

Nasce dal voler raccontare e mostrare quello che resta di una coppia al termine di un rapporto o ancora meglio dopo la sua fine. Lui e lei protagonisti o sullo sfondo, come diceva Cechov.

Perché questo titolo?

I personaggi sono chiusi in silenzi, reticenze, imprigionati da rimpianti, dal risentimento. Fermi, congelati, da una frase, una immagine, una scena, un dialogo che è tutto ciò che gli è rimasto e di cui sono fatti.

I cuori, nel XXI secolo, sono davvero congelati?

I sentimenti non cambiano come le mode e i costumi: si soffre e si ride come i nostri avi.

Una raccolta di racconti, hanno un fil rouge che li unisce? Quale?

Il sentimento di cui sono permeati. Sono racconti che vogliono esprimere emozioni e sentimenti comuni. Non vogliono “commuovere”, ma muovere alla compassione e la tenerezza.

Perché i personaggi non hanno nome?

Chiunque può identificarcisi. I nomi non sono importanti quanto le situazioni, i luoghi, i momenti irripetibili, quei rapporti dolorosi che identificano meglio ciò che resta di una storia affettiva, nel bene o nel male.

Che cos’è un nome?

Un nome è una targhetta che ci hanno appiccicato perché non andiamo perduti. Comunque, ci perdiamo lo stesso.

Meglio non averlo?

No, occorre averlo. La comunità ha bisogno di riconoscere un bovino in mezzo a una mandria: pertanto, teniamoci questa targhetta gialla sull’orecchio.

Perché “siamo dentro a un delirio di massa”?

Credo che sociologi e psicoanalisti possano dare una più esaustiva risposta. Per parte mia, oggi più che mai si evince una grande necessità di comunione in quanto i valori delle vecchie generazioni vanno sempre più scemando, annacquandosi col tempo che passa, inclusi noialtri, e questo concepisce generazioni perdute, smarrite (il contrario della “generazione perduta” di Hemingway). Noi non siamo più in grado di controllare e individuare dove questo tempo velocissimo porta noi e i nostri figli: sempre che li riteniamo ancora tali (vedi a proposito il mio racconto: “Non siamo stati capaci di crescerli”).

Cosa resta dell’anima creativa di un individuo quando crea la sua opera?

L’opera d’arte è l’anima di quell’artista, la sua testimonianza. Un’anima che lui ha perduto nel momento di trasmissione all’opera. In quello sforzo risiedeva la sua anima e che ora è nella sua opera.

L’amore che cos’è?

Un’altra domanda, grazie! No, va bene. L’amore è un assoluto: non ci sono mille modi di amare. L’amore di cui stiamo parlando è unicamente spirituale. L’amore è soltanto spirituale. Si ama in un solo modo perché la fonte del nostro amore è unica per ogni cosa, il nostro strumento spirituale per amare la vita, il prossimo, in modo compassionevole, tenero come in fondo noi siamo, ma del quale ne siamo abbastanza ignari. Quello che mostriamo agli altri è “altra cosa da noi”.

L’amore cambia o noi ci trasformiamo tanto da non riconoscere più la persona amata?

L’amore richiede impegno quotidiano. Siamo noialtri a non esserne all’altezza, a mutare. Ci perdiamo, ci deconcentriamo dalla vita vera, siamo fragili emotivamente, corruttibili e con mille difetti come vanità, superbia, etc. Se amore è stato lo sapremo dopo. I miei racconti infatti raccontano di quello che resta. Succede che un supposto grande amore entri con i suoi resti dentro una scatola di scarpe.

Esiste il vero amore?

Quante disattese miete questa domanda! Non vi sono certezze che nel comportamento degli esseri umani. Come ho già detto, occorre farsi “trovare in casa”! Essere pronti spiritualmente per creare le premesse. Nessuna certezza della ricetta, ognuno di noi è diverso dall’altro. E non ci sono metodi personalizzati come le diete. Ma se ci si applica con fiducia qualche risultato si avrà. Mi piace, in questo caso, citare Toni Morrison, “un amore è o non è, un amore tiepido non è amore”.

Quando ci accingiamo a leggere un libro quanto l’immaginazione è importante?

L’immaginazione lasciamola all’autore che ne ha più bisogno. Noi leggiamo attraverso il nostro bagaglio culturale. È importante invece per il lettore farsi trovare pronto alla ricezione con lo stesso stato d’animo con cui affronta la vita. Quando facciamo incontri reali o di finzione abbiamo bisogno di porci con il giusto spirito di ricezione e ascolto.

Come si fa a riconoscere l’altro in noi?

Il riconoscimento che intendo io necessita di guardare il nostro prossimo con benevolenza, grazia, tenerezza, rispetto. Nella rinuncia al proprio ego risiede la nostra murata bontà d’animo. Anche qui vi è una pratica quotidiana che risiede nella coscienza di sé e della vita che si conduce. Comprendo che siamo spiritualmente lontani dal porre in atto questa premessa. Essere gentili non basta, ma sarebbe già un passo avanti.

Ogni vita vera è incontro, verità o desiderio?

La vita è desiderio, questa è la verità!

Questo lavoro diventerà un’opera teatrale?

I racconti si prestano più per il cinema che per il teatro.

I tempi corrono e adesso Fabrizio Ansaldo? 

Adesso mi è venuto appetito e corro alla rosticceria accanto.

Un sogno nel cassetto?

“I sogni sono quelle cose da cui ci si risveglia”, ha detto Carver. Io vivo già nel sogno e questo mi rende felice sia che scriva racconti, romanzi, pièce teatrali, regia, o altro ancora. Il bello di scrivere e di fare teatro è mentre lo stai facendo e sei consapevole di stare già sognando.

 

Psicologa, Psicoterapeuta, Criminologa, Giornalista, Blogger, Influencer, Opinionista televisiva.

Autrice di numerosi saggi e articoli scientifici.

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