Il teatro aiuta a sopravvivere

Che cosa sarebbe la vita se non ci fosse il teatro, i suoi attori, le sue storie, le luci, il palcoscenico, l’attesa, l’emozione, e poi, il sipario che si chiude nell’attesa che un nuovo spettacolo abbia inizio? La vita dell’attore è un viaggio avvincente seppur contornato di fatica e sudore, ma chi ama il teatro non può farne a meno perché lo sente, lo vive, lo abita nelle sue anse più profonde. Paola Tiziana Cruciani è un’attrice, sceneggiatrice, regista teatrale, comica e insegnante italiana. La sua vita è dedicata all’arte da quando ha frequentato in giovanissima età il laboratorio di Gigi Proietti. Da lì il suo mondo si è aperto al possibile ritrovandosi a lavorare con successo nel cinema, nel teatro e in televisione. Poi arriva l’insegnamento e la sceneggiatura fino alla regia teatrale. Paola Tiziana Cruciani è un’esperta nella creazione di ruoli, è una donna forte, determinata, sicura, che ha sempre dato il meglio di sé in ogni sua esperienza lavorativa. Lei è un’attrice naturale, non ha bisogno di trucchi particolari, la sua personalità spicca su tutto creando un’alchimia perfetta al servizio dell’arte e del pubblico che da anni la segue con affetto e ammirazione. Paola Tiziana Cruciani ci racconta il suo mondo, la sua vita e l’amore per il teatro.

Buonasera, sono Barbara Fabbroni, abbiamo in programma un’intervista.

Barbara! Me ne ero dimenticata, ma eccomi qua. Sono pronta.

Non sarà una cosa lunga, sono rapida, veloce e indolore!

Tranquilla va benissimo.

Bene, allora ecco la mia prima curiosità: tutto nasce dal laboratorio di Gigi Proietti, e poi?

Si! Tutto nasce da lì. I miei primi anni sono stati cuciti all’interno di lavori fatti con lui. Poi ho avuto la fortuna di conoscere Antonello Falqui, che all’epoca era il regista del varietà italiano. Così con Gigi abbiamo fatto delle trasmissioni con la regia di Falqui. Dal laboratorio di Gigi Proietti sono uscite molte persone con cui ho iniziato a lavorare insieme. Fu Gigi a proporci di creare qualcosa, così è nata “La Zavorra”, e abbiamo iniziato a lavorare in teatro e televisione. La mia carriera parte da qui. Ovviamente ognuno di noi aveva la sua strada da percorrere: chi il cinema, chi il teatro, chi la televisione, chi voleva scrivere.

Quanto è stata importante la formazione?

Direi fondamentale! È alla base di una buona professionalità, non si può improvvisare.

E dopo l’esperienza con Proietti?

Ho continuato a lavorare in televisione in un varietà con Rodolfo Laganà, eravamo una coppia comica, fresca e divertente. Nel frattempo, iniziai a fare anche il cinema e il teatro. Si aprirono più fronti professionali.

Un’artista a tutto tondo?

Non solo iniziai anche a scrivere, soprattutto per il teatro, perché mi ero resa conto che c’erano pochi copioni per me. Così ho iniziato a scrivere per il teatro costruendo personaggi perfetti per il mio ruolo, la mia personalità. In pratica faccio tutto! Inoltre, ho iniziato anche a insegnare.

Quando ha preso avvio la carriera di insegnante?

Fu proprio Proietti a chiamarmi in un laboratorio – era il 1987/88 – avrei dovuto insegnare improvvisazione teatrale.

Manca la regia cinematografica?

No, no, non sono interessata alla regia cinematografica!

Perché?

È un lavoro molto faticoso, molto impegnativo, altamente artistico, ma anche molto tecnico. Bisogna avere delle competenze che io non ho. Il cinema non si può improvvisare. Amo fare le cose per bene, non mi piace avventurarmi in ambienti lavorativi dove non sono preparata e dove non posso dare il massimo, non avendo mai studiato regia cinematografica.

Viceversa, la regia teatrale?

Beh, la regia teatrale innanzitutto è consequenziale per un prodotto che va in scena in sequenza. Ovvero?

Costruisci una narrazione che va sequenzialmente in scena, al contrario la regia cinematografica è un mosaico di francobolli, come se fosse un grande puzzle che alla fine crea il prodotto finale. Nel cinema per girare le scene puoi partire dall’ultima arrivando alla prima con un percorso diverso da quello che accade in teatro, dove tutto è sequenziale all’altro. L’idea complessiva del film riesci ad averla solo dopo il montaggio. Invece, in teatro, c’è un inizio e una fine che deve essere sequenziale, non può essere sfalsato.

Il teatro è un lavoro più artigianale?

Sì, è un lavoro artigianale. Io adoro i lavori artigianali! Mi piace disegnare, fare la maglia, fare tutti quei lavori artigianali dove metti le “mani in pasta”. Sono una persona molto fisica, molto naturale, ho una grande capacità manuale, e quindi la regia teatrale è artigianale.

È un’artigiana dei sogni?

Quando ci riesco si!

In questi anni quanto è cambiato il teatro e il cinema?

Ah beh, completamente, proprio completamente. Io ho fatto teatro, cinema e televisione, soprattutto televisione, quando c’erano ancora i copioni e gli autori. Pensa avevamo il copione anche nel varietà.

Invece adesso?

Adesso la maggior parte della televisione è improvvisazione, si va in onda con una scaletta. Una volta le sceneggiature erano dei romanzi, erano scritte con una capacità narrativa profonda, le sceneggiature di oggi potrebbe averle scritte anche la mia fornaia.

E il teatro?

Il teatro si salva.

Perché? Che cosa ha di così diverso?

Il teatro si salva, perchè ricorrerà sempre e giustamente ai classici che sono fondamentali, inoltre è un lavoro che è rimasto uguale, non è cambiato. Il linguaggio teatrale è sempre lo stesso. È un’arte che non può essere manomessa più di tanto.

Il teatro è un incontro d’anime?

Con lo spettacolo dal vivo esisterà sempre, c’è un rapporto molto speciale tra l’attore, lo spettatore e il regista. La rappresentazione fa parte di un bisogno dell’uomo, la sua anima ha bisogno della rappresentazione. Noi lo facciamo vivere ovunque. Pensa ai bambini sotto i bombardamenti in Ucraina, per aiutarli a superare questo momento, fanno il teatro dei burattini. Il teatro aiuta a sopravvivere, sostiene e nutre l’anima.

Torna a teatro “In due sotto na’ finestra” dove firma la regia?

È un’idea molto divertente scritta da Elisabetta Tulli. Quando me l’hanno proposta ho subito detto di si.

Perché?

Perché è un’idea semplice, efficace, che permette a due cantanti, oltre che attori, di comunicare una bella storia. A contorno di tutto c’è l’amore.

L’amore è fondamentale soprattutto in questo momento?

Esatto!

Scrive anche per il teatro, mi sono chiesta e le chiedo: “quanto è difficile scrivere un ruolo, soprattutto a decidere l’attore che può interpretare al meglio quella parte”?

Tutto è difficile. Qualsiasi lavoro fai, se lo fai bene, è difficile. Preferisco scrivere pensando già all’attore che interpreterà quel ruolo. Poi, può accadere che in corso d’opera le cose possano essere modificate, ma preferisco, quando scrivo, aver chiaro sin da subito la persona che interpreterà quelle parole. Di solito scrivo per chi conosco.

Che differenza c’è tra comicità e umorismo?

L’umorismo è quello scritto. La comicità è quella recitata. Paolo Villaggio è stato uno dei più grandi umoristi proprio perché i suoi Fantozzi nascono dalla carta, sono stati prima scritti e poi essendo anche un grande comico è riuscito a creare un personaggio che ha fatto storia, facendolo diventare una persona reale.

Le sarebbe piaciuto essere una figlia d’arte?

Boh, non lo so. Non ne ho idea, forse si. Non penso a quello che non è stato penso a quello che è stato, a quello che è.

C’è un personaggio che ha interpretato cui è particolarmente legata?

Ce ne sono tanti … in teatro tutti quelli che mi sono scritta. C’è anche Eusebia in “Rugantino” che ho fatto per due stagioni con Brignano che ho amato tantissimo. Nel cinema Luciana Mazzalupi in “Ferie d’agosto”.

Da grande che cosa farà?

Oh! Questa è una bella domanda. Non lo so, come sempre, non lo so. Andiamo a vedere. Mi piacerebbe continuare a fare questo lavoro che amo tantissimo e poi vedremo.

 

 

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