“Pazza ero e pazza sono rimasta” ma la follia si sa è la caratteristica delle menti geniali. Non può esserci arte senza quel brivido di pazzia che conduce a vedere oltre il limite della coscienza comune. Giovanna Nocetti, in arte Giò, è un’artista dalle mille declinazioni esistenziali dove come unica bussola ha l’amore per la musica e il canto. La sua vita è stata ed è un itinerario virtuoso dove le esperienze fanno da corollario alle emozioni che si rinnovano di giorno in giorno armonizzandosi con la sua anima generosa, sottile, eclettica, creativa. La sua è una carriera infinita, una storia narrativa di cultura, musica e parole, dove tutto acquista un sapore di generosità e amore, passione e follia, determinazione ed emozione. Incontrarla è accedere a un mondo nel mondo, dove nulla è scontato ma acquista un significato denso della sua cifra inafferrabile.
Raccontaci di te, così tanto per iniziare?
Ehehe, non è semplice raccontare di me, ci vorrebbe almeno un paio d’ore e quattro libri. Però posso dirti che sono pazza, ogni mattina inizio una nuova vita.
Un ricordo di quando eri bambina?
Ero una monellaccia, un ragazzaccio. Giocavo per strada, allora si poteva. Nata e vissuta a Viareggio fino a quando non sono venuta ad abitare a Milano. Ero una bambina come tante altre, solo un po’ più sfrenata, capatosta.
Come nasce il tuo amore per la musica?
Ci vorrebbe un libro per raccontare questa lunga storia d’amore e passione. Quando ero piccola, andavamo tutti in oratorio, facevamo le gite con i preti e le suore, ci facevano cantare; mi mettevano sempre in ultima fila, ero troppo alta e stonata. Mi dicevano sempre: “canta piano, canta piano”. Era una cosa strana, non capivo, credevo di cantare bene. Un giorno tornando da una gita, aspettai che se ne fossero andati tutti, mi misi dietro all’altare, cominciai a cantare. Non so se fu l’eco naturale della chiesa, pensai: “ma io canto proprio bene!”. Ero piccola. Iniziai a prendere lezioni di musica con la professoressa Ida Neukusler Masini. Mi piaceva sentire la mia voce al di sopra di tutti quelli che mi tenevano sempre indietro (sorride).
E poi arriva il teatro?
Eh, anche questa è una cosa strana. Decisi di fare uno spettacolo particolare. Ero amica di Giovanni Testori, gli chiesi: “perché non mi scrivi qualcosa, vorrei fare uno spettacolo”. Così fu. Debuttai al Teatro Gerolamo prima che chiudesse, correva l’anno 1974. Lo spettacolo si chiamava “Ieri e sempre” con le poesie di Giovanni Testori. Poesie, che sono riportate in un libro, pubblicato per Einaudi, che parla di tutti i lavori di Testori, compreso il mio spettacolo “Ieri e sempre”. Lì accadde qualcosa. Le luci del teatro sono diverse dalle luci del palcoscenico dei cantanti. Mi affascinò. Così è iniziata la mia carriera teatrale.
Sei nata a Viareggio, non era più semplice aprire un’attività stagionale?
Ciò pensato tante volte, mi sarebbe piaciuto fare il bagnino, si lavorava tre mesi, ci si abbronzava, si era molto ammirati, però all’epoca non si poteva fare la bagnina, era un lavoro solo per gli uomini.
Le emozioni del tuo primo debutto?
Ero al Teatro Cinema Goldoni con la scuola, dovevo fare l’imitazione di Betty Curtis, pensa quanti anni fa? Ero così agitata, provai a fare questa canzone, stonata come una campana ma mi sembrava di essere bravissima come la Callas (ride divertita). Mi piace sorridere! La vita senza sorriso che cosa sarebbe?
5 aggettivi che raccontano di te?
Hai due o tre ore? Bene! Sono pazza, però dicono che sono una persona seria, che lavoro con serietà eccetera eccetera … andavo in moto, adesso non lo faccio più, facevo paracadutismo, tutti aggettivi di follia. “Quella è pazza, quella è pazza”, dicevano e … sono rimasta un po’ pazza.
Hai ricevuto dei premi prestigiosi come: Premio UBU per il Teatro, Leone d’oro alla carriera, Premio Antonio De Curtis, Premio Campidoglio “Personalità Europea”, come hai vissuto questi momenti?
Quando mi premiano penso sempre di non meritarlo. Ho provato una grande emozione per il Premio UBU.
Perché?
Scrissi le musiche per uno spettacolo di Enzo Moscato, Embargos. Era la prima volta che premiavano uno spettacolo dove c’era anche la musica. Alla premiazione ero emozionata come quando cantai la prima volta “si, ti dirò la verità”. Per gli altri riconoscimenti, come ti ho detto, ho sempre pensato di non meritarli. Prendo la vita con leggerezza, giocando e scherzando, si vive meglio.
Adesso arriva “Giovanna – Omaggio a Milva” per la regia di Dario Gay, perché questa scelta?
Omaggiare una grande artista come Milva è un enorme piacere. Amavo questa donna. Era meravigliosa. Cantava benissimo. Ti devo raccontare un piccolo episodio …
Dimmi, sono curiosa?
Quando ho iniziato ad andare a lezione di canto e di musica, la mia professoressa mi disse: “ascolta Milva e Nilla Pizzi”. Ascoltavo queste due cantanti, ognuna con la sua caratteristica, aveva una formazione l’una differente dall’altra. Ho sempre seguito Milva fino a che l’ho incontrata mentre facevo “Sette voci”. Avrei voluto dirle: “Ho iniziato imitandoti”. Mi vergognai un po’ e parlammo di altro. Nel ’72 ci siamo riviste alla Bussola, da allora siamo rimaste amiche oltre che vicine di casa. Tra di noi c’è sempre stata tanta stima e simpatia. Ogni tanto ci incontravamo in qualche trasmissione. Veniva spesso da Paolo Limiti.
Milva, per te, cosa rappresenta?
È stata una pietra miliare nella mia carriera. Milva è il bel canto, una professionista incredibile, non sbagliava mai. L’ho vista fare tante cose con una caparbietà, una forza che solo lei aveva. Avrei voluto imitarla anche in questo, ma io lascio un po’ più andare. Però l’adoro.
Che cosa vuoi trasmettere al tuo pubblico?
L’amore. Il mio pubblico mi segue da tantissimi anni, sono 51 anni che faccio questo mestiere.
L’amore per cosa?
Desidero trasmettere l’amore per la musica, il canto, la cultura. In questi ultimi anni abbiamo perso queste capacità, la cultura è naufragata. Quando salgo nel palco per “Giovanna – Omaggio a Milva” ho come la sensazione che Milva mi sia vicina, ancor più alla fine dello spettacolo quando vedo il pubblico che si alza in piedi e mi saluta ringraziandomi.
Per cosa ti ringrazia il pubblico?
Per lo spettacolo, per aver fatto omaggio a una grande artista come Milva, per la mia capacità di riuscire a cantare ancora in maniera splendida. Questa, per me, è una grande soddisfazione.
Come coniughi vita privata e lavoro?
Vita privata non ne ho, ho vissuto e vivo per il mio lavoro, non posso farne a meno. Studio ancora con curiosità, ho sempre qualcosa da fare. Adesso sto preparando “Maria di Buenos Aires” per l’estate prossima. La vita privata lo dice la parola: è privata. Non confondo mai le due cose. Ci tengo ad avere una vita privata e una gran voglia di lavorare.
Hai tempo per te?
Sempre! Per me ho sempre tempo.
Che cosa fai?
La mattina mi alzo, mi preparo e porto il mio cane fuori. Facciamo una lunga passeggiata e, per due ore, non voglio sapere nulla. Né telefoni né lavoro. Non ha importanza se fa freddo, se piove, io vado, questo è il tempo che spendo per me e il mio cane. Mi dedico due ore per ridere, per pensare, per parlare con le persone che incontro. È uno spazio mio, il mio angolo di svago e di salvezza.
La cosa che più ami fare?
Cantare, fare teatro, seguire le regie. Sono 16 anni che mi occupo di regie liriche, mi piace tantissimo, anche se prima c’è sempre il canto.
Perché la regia?
Nella regia puoi scatenare la fantasia in tutte le declinazioni che vuoi e puoi cogliere. Quando ci sono opere come La Traviata, Il rigoletto, puoi fare delle cose meravigliose. La fantasia e l’intuizione, la visione di un insieme appassionante si coniugano in un discorso unico che arriva dritto allo spettatore come se fosse un’epifania.
Per te i Social che posto occupano?
Un posto importante. La gente guarda i Social a scapito della televisione. I Millennials vivono con il cellulare in mano, o chattano o vanno a vedere tutto quello che la rete social e non solo propone. Anche per la pubblicità i Social occupano un posto di rilievo, oggi hanno più importanza della televisione che è dispersiva. Nei Social ci sono poche parole, ben messe, oppure poche immagini ma di effetto, così arrivano dritti alla meta.
Quando sei sul palco o in teatro ti ispiri a qualcuno in particolare?
Mah? Non ho mai cercato di imitare nessuno seppur ho visto tanti spettacoli in Inghilterra, in America, in giro per il mondo. Mi sarebbe piaciuto fare delle cose belle come solo in America sanno fare, non potendole realizzare mi ispiro solo alle grandi voci che abbiamo in Italia. Amo molto Milva, Claudio Villa, e Il Volo. Loro sono cantanti nel vero senso della parola. Amo un po’ di meno il rap … troppe parole non me le ricordo, non capisco, preferisco la bella musica italiana.
Quello che non avresti mai voluto fare nella vita?
Non lo so. Ho fatto sempre tanto e tutto. Forse non avrei voluto magiare troppo. L’unico mio rammarico è che “magno” sempre, mi piace tanto (sorride)! Mi sarebbe piaciuto rimanere bella secca come quando ero giovane.
Quello a cui non avresti mai rinunciato?
Sembra assurdo, tuttavia essendo pazza non ho mai rinunciato a nulla. Sono andata sempre contro alla famiglia, alle persone che mi consigliavano di fare diversamente, non ho ascoltato nessuno ho seguito il mio istinto, il mio desiderio, la mia follia. Non ho mai rinunciato a nulla. Di una cosa sono sicura, se mi avessero imposto di smettere di cantare, non l’avrei mai fatto! Sarebbe stato un “no” assoluto. La musica, la canzone per me è tutto.
I tempi corrono, vanno veloci, dove vorresti essere?
Dappertutto, però prevalentemente a casa. Dove sono e dove sto bene. Ogni tanto la mattina mi alzo e penso: “quasi quasi …”. Sai ho fatti due video a Las Palmas … bello, bello.
Tu “cogli l’attimo” o “lasci che sia”?
Colgo sempre l’attimo, domani non si sa. Non voglio perdermi nulla.
Progetti?
Continuiamo con la tournée di “Giovanna – Omaggio a Milva”, contemporaneamente prepariamo “Maria di Buenos Aires”, l’opera che porteremo in giro in estate, soprattutto in Lombardia.
Una curiosità: Dario Gay alla regia che tipo è?
È un ragazzo stupendo. È un regista anomalo.
Perché?
È profondamente curioso, ha un’intelligenza sottile, con queste caratteristiche l’immaginario è più veloce. È molto educato, parliamo, discutiamo, ci confrontiamo.
Siamo molto curiosi, come nasce la tua amicizia con Dario Gay?
Nasce 25 anni fa, forse di più. Non ci siamo mai frequentati tanto ma ci siamo sempre amati da lontano. Quando ho deciso di fare questa cosa su Milva eravamo insieme, gli dissi: “sai che facciamo Dario: Giovanna canta Milva”. E lui rispose: “che bella idea”. Aggiunsi: “però tu devi fare la regia, l’hai conosciuta e puoi aiutarmi”. È nato così, il nostro è un amore indissolubile.
Un sogno nel cassetto?
Dopo tutto quello che ti ho detto di sogni … l’unica cosa che vorrei è quella di poter mangiare a quattro palmenti, al tempo stesso dimagrire. Invece se mangi ti si allargano i fianchi. Di sogni nel cassetto alla mia età … ogni mattina bisogna inventarsi la vita, quando mi alzo dico: “oggi è un giorno nuovo, faccio una vita nuova, magari vado a Las Palmas a fare il filmato di una canzone che ha scritto Paolo Limiti tanti anni fa, si intitola Un baffo diabolico!”
Vuoi aggiungere altro?
Un’ultima cosa, volevo ringraziarti, ringraziare Dario Gay, ma soprattutto un grande personaggio che è il braccio assoluto dello spettacolo: il Maestro Walter Bagnato. Walter è un Maestro stupendo, ha sposato in pieno questo spettacolo, ci sono momenti in cui la gente applaude a scena aperta. È bravissimo. Detto questo ti ringrazio e ringrazio tutti i lettori. Spero di essere stata brava come a scuola … diciamo 7+. Grazie infinite, grazie infinite tesoro.