Incel: l’esercito invisibile della frustrazione maschile

Viaggio nelle ombre digitali dove la solitudine si trasforma in ideologia.

In principio era solo una parola.

“Incel”. Una contrazione di involuntary celibate, cioè “celibe involontario”. Nacque negli anni ’90 da una ragazza canadese, Alana, che cercava semplicemente uno spazio virtuale per raccontare la sua difficoltà ad avere relazioni amorose. Era un luogo neutro, aperto a tutti i generi. Un rifugio per anime sole. Oggi, a trent’anni di distanza, quella parola si è trasformata in un’etichetta carica di odio, rabbia e pericolo. E il mondo degli Incel è diventato un fenomeno globale. Invisibile. Preoccupante. E troppo spesso ignorato.

Chi sono gli Incel?

Uomini, prevalentemente bianchi, tra i 16 e i 35 anni. In molti casi, disoccupati o precari. Vivono in contesti familiari instabili, isolati socialmente, senza reti di supporto affettive. Ma più che una categoria sociologica, gli Incel sono un’identità digitale. Un’ideologia. Secondo loro, la società è governata dalla cosiddetta “ipergamia femminile”: le donne scelgono solo gli uomini di successo, i cosiddetti “Chad” – belli, muscolosi, ricchi. E rifiutano i “beta”, i “normies”, ovvero tutti gli altri.

Il risultato? Una profonda convinzione di essere condannati all’invisibilità sessuale e sentimentale. E da qui nasce la rabbia. Non solo verso le donne, ma anche verso gli uomini che “ottengono tutto”.

Il vocabolario dell’odio

Per capire gli Incel bisogna conoscere la loro lingua. Nei forum si parla di “blackpill” (la pillola nera), l’ultima disillusione: la presa di coscienza che nulla cambierà mai, che sei geneticamente inferiore e che la società ti ha condannato all’oblio.

Ci sono termini come:

Stacy: la donna attraente, superficiale, che sceglie solo i Chad.

Looksmaxxing: ossessione per migliorare il proprio aspetto fisico attraverso chirurgia, esercizi, cure estreme.

Cope: qualsiasi spiegazione razionale o motivazionale che cerca di ridare speranza è considerata una “illusione”.

ER (Elliot Rodger): l’autore della strage di Isla Vista è celebrato da alcune frange come un martire. Quando qualcuno scrive “going ER”, spesso allude a voler compiere un gesto violento simile.

Dal forum alla realtà: quando l’odio si arma

Il caso di Elliot Rodger nel 2014 ha aperto gli occhi del mondo: sei morti e tredici feriti, un manifesto di 137 pagine in cui accusava le donne di averlo sempre rifiutato e gli uomini “alfa” di averlo umiliato.

Da allora, la lista si è allungata:

Alek Minassian, Canada, 2018: 10 persone uccise con un furgone. Si dichiarò parte della “Incel Rebellion”.

Chris Harper-Mercer, Oregon, 2015: 9 morti. Anche lui aveva lasciato messaggi legati alla comunità Incel. Secondo un report del Counter Extremism Project, gli Incel sono oggi una delle ideologie a sfondo misogino più monitorate dalle forze di sicurezza internazionali, con il rischio crescente di radicalizzazione online.

Solitudine, patriarcato e fallimento: il terreno fertile

Il fenomeno Incel non nasce dal nulla. È figlio di una crisi più profonda: quella della mascolinità. In una società che promuove modelli di successo basati su potere, bellezza e dominio, chi non si sente all’altezza si convince di non avere valore. A questo si aggiungono:

• la crisi economica e lavorativa,

• l’iper-esposizione ai social (dove il confronto diventa ossessivo),

• l’assenza di educazione sentimentale e affettiva nelle scuole,

• il crollo delle reti familiari e amicali.

Il maschio fragile, non visto, non ascoltato, cresce in una cultura dove esprimere dolore è ancora un tabù. E allora quel dolore si trasforma in rabbia. E la rabbia cerca un colpevole.

Le piattaforme che alimentano il buio

Molti forum Incel vengono periodicamente chiusi da Reddit, Discord o altre piattaforme. Ma come succede spesso, il web ha mille teste: per ogni sito oscurato, ne nascono altri. Spesso più nascosti, più estremi.

E anche l’intelligenza artificiale entra nel gioco: chatbot addestrati per assecondare fantasie sessiste, generatori di meme misogini, gruppi Telegram dove si condividono “strategie” per umiliare le donne.

Una sottocultura autosufficiente, che rafforza la percezione che la violenza sia giustificata. Addirittura necessaria.

Cosa possiamo fare: repressione o prevenzione?

Il dilemma è aperto: come si combatte un nemico invisibile, che vive nascosto dietro uno schermo, ma che può colpire nel mondo reale?

Gli esperti chiedono un doppio binario:

Prevenzione: più educazione emotiva, sessuale e relazionale nelle scuole. Un nuovo linguaggio per parlare ai giovani uomini. Più ascolto, più spazi di confronto.

Controllo: monitorare i canali estremisti, intervenire quando si superano soglie di rischio, trattare certi contenuti come incitamento all’odio.

Ma soprattutto, serve una narrazione alternativa. Che aiuti a costruire una mascolinità diversa, non fondata sul dominio o sull’estetica. Che permetta ai ragazzi di sentirsi sufficienti, anche se non sono “Chad”. E che non lasci nessuno – mai – solo con il proprio rancore.

L’odio non nasce dal nulla. E non cresce da solo.

Il mondo degli Incel è uno specchio distorto. Ci mostra un disagio che va preso sul serio.

Dietro quel rancore digitale ci sono fragilità vere. Ci sono vite in bilico.

Non possiamo più permetterci di ignorarle. Perché il prezzo, prima o poi, lo paga tutta la società.

Psicologa, Psicoterapeuta, Criminologa, Giornalista, Blogger, Influencer, Opinionista televisiva.

Autrice di numerosi saggi e articoli scientifici.

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