Se scorri la sua biografia ti viene un brivido lungo la schiena tanto che la prima cosa che pensi: “ma non finisce più!”. Lei è Lilli Manzini, doppiatrice, attrice e direttrice di doppiaggio italiana, una donna che racchiude in sé un mondo nel mondo, capace di stupire e rapire, di accarezzare e sfiorare, di incidere la sua traccia indelebile nell’anima dell’altro. “L’essenziale è invisibile agli occhi” recita una delle frasi più celebri de “Il Piccolo Principe”, ma Lilli, ha fatto dell’essenziale non solo un libro ma ogni attimo della sua vita. Tuttavia, ben sappiamo che se “La perla, se è gettata nel fango, non diventa di minor pregio, né, se viene unta con olio di balsamo, diventa di maggior pregio, ma ha sempre valore agli occhi del suo proprietario (dal Vangelo)”, così come Lilli che è una perla rara nel vasto mondo dell’ipocrisia dove la meritocrazia è andata smarrita. La Manzini si racconta raccontandoci del suo mondo, della sua vita tanto che la sua interiorità così densa della sua cifra si apre e ci coglie nell’anima. La vita è sempre e comunque grazia e mistero anche se spesso sono più le delusioni a contornare il nostro mondo. Nulla va perso e tutto si trasforma seppur con fatica perché “Là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore”.
Lilli, chi è, cosa fa, cosa ama?
Lilli è una persona nata da un’idea di Dio un po’ complicata. È una donna che ama mettersi in gioco senza mai prendersi sul serio, attivando molte tecniche di “seduzione intellettiva”.
Puoi spiegarci meglio?
Se al primo approccio non ti percepisco sincero, faccio di tutto affinché tu lo diventi, ma se proprio non va, rimarrà un problema tuo. Lilli Manzini è!
Ma c’è di più?
Eccome no!? C’è un’immensa passione per tutto ciò che fa. C’è voglia di conoscere, confrontarsi, dire sempre quello che pensa (in rispetto ai dogmi del rispetto di sé stesso). C’è uno stile assolutamente personale nel saper cogliere gli attimi intensi della vita, saperli gestire, amare, accudirli, sia nella vita comune sia in quella lavorativa. C’è l’assoluta convinzione che il mondo è popolato da “gente” e da “persone”, ognuna di essa, ne sono sia linfa sia distruzione.
Quando hai deciso di fare la doppiatrice?
Fin da piccola. Il mio primo contributo artistico risale al 1988. Quando hai la vena recitativa, difficilmente fai altro nella vita, anche se purtroppo non sono mai stata agevolata a fare sempre e solo l’attrice. Da una parte ne sono felice. È triste che un genitore non coadiuvi il talento del proprio figlio.
Come erano i tuoi genitori?
I miei genitori erano troppo impegnati a discutere tra di loro per pensare a me. È ingiusto, lo so, ma vedo sempre il bicchiere mezzo pieno: Lilli Manzini ce l’ha sempre fatta da sola! Così seguendo le orme e i preziosissimi insegnamenti di mio nonno Arturo Dominici e mia zia Germana Dominici, ho intrapreso il mestiere più bello del mondo.
Dove ti sei formata?
Più che “dove” preferisco dire con “chi”. Ai miei tempi le scuole di doppiaggio non erano certo quelle di adesso; ma per carità. Prima, quarant’anni fa, si studiava con attori con la “A” maiuscola, imparavi soprattutto il rispetto per la parola “arte”, ed ecco che la mia professione artistica, didattica, strutturale nel corpo e nella parola, la devo a mio nonno Arturo Dominici, a mia zia Germana Dominici, a Renato Izzo, a Peppino Rinaldi, a Cesarino Bassetti, a Oreste Lionello … vuoi che continui?
Sarebbe bello! Sono tutti grandi attori.
Questi grandi attori non erano solo grandi attori, non erano solo grandi protagonisti del palcoscenico, ma protagonisti di un tempo che, ringraziando Dio, non tornerà mai più.
Perché dici così?
Lo dico perché nessuno si deve permettere di eguagliare queste persone eccezionali, al massimo possono rubarne mezzo stile.
Quanto è difficile il tuo mestiere?
È difficile se lo rendi difficile, altrimenti è bellezza, capacità d’intenti, passione per come devi coesistere con il personaggio al quale devi dare la tua voce. Quanti si atteggiano oggigiorno a fare i “superdirettori”, e poi alla fine dopo che ho sentito sempre le solite tiritele moderne, faccio come mi ha insegnato Peppino Rinaldi: “devi fare quello che fa lei. Devi diventare lei, dandole te”. Mi dispiace moltissimo che i giovani d’oggi, siano più leccaculo che attori e artisti, dovrebbero imparare di più dalla vita vera, che dai falsi giochi di potere.
Nel tuo lavoro c’è la meritocrazia?
Ma quando mai!!! Nel mio lavoro devi solo avere la botta di fortuna, trovare tre/quattro direttori, che ti consentano di avere il tempo di imparare per migliorarti, e di conseguenza prepararti a tal punto da annoverarti tra gli attori papabili per dei provini, che a loro volta ti fanno conoscere ai clienti delle case di produzione, sia che siano canali nazionali, piattaforme digitali, etc. etc., questo è più unico che raro che accada.
E allora?
Nel mio ambiente sono tutti terrorizzati dalla parola “verità”. Tutti che alle spalle si inciuciano dicendo che è un ambiente di merda, ma nessuno che lo ammetta pubblicamente, per paura di non essere più chiamato ai turni di doppiaggio.
Non sarà tutto negativo?
Per fortuna non è tutto così. Qualche persona perbene la trovi tra la gente reale. Sia chiaro: finché ci sono ancora grandi direttori a guidarci, siamo salvi.
Sei preoccupata?
La mia preoccupazione è fra venti, trent’anni. In chi incapperò per lavorare? Chi potrà mai essere in grado di editare belle lavorazioni con i crismi di un tempo, quello che ha fatto la storia?
Che cos’è il doppiaggio pulito?
Come sopra.
Che vuoi dire?
Il doppiaggio pulito è la verità. Il rispetto per il proprio mestiere. Ma deve esserlo per tutto, non solo per il doppiaggio. È vergognoso come esistano delle fazioni che permettano di segarti le gambe. Persone che sanno quanto sei bravo, ma non ti fanno fare il lavoro imprenditoriale solo perché non gli stai simpatico o peggio, perché ti ritengono scomodo come elemento produttivo.
Sento colleghi indignati che affermano che non esistono mafie e lobby … si nascondono dietro alla cruda verità che non vogliono riconoscere. Se non esistessero lavoreremmo tutti a tre turni al giorno, soprattutto quelli che hanno tanto talento, ma che non li chiamano per lasciar posto agli altri.
Questo è un po’ in tutti i settori?
Come dico sempre: bisogna saper fare il proprio mestiere, senza dare retta a chi ti rincoglionisce con i discorsi moralisti.
Ci fai un esempio?
Se una persona sa amare non deve per forza aver letto il libretto delle istruzioni … è naturale, viene da sé. Capisci, adesso, la mia preoccupazione per quelli che verranno dopo di noi?
Come ti vedi fra trent’anni?
Fra trent’anni Mi vedo a contemplare i raccomandati che mi guardano come una vecchia bacucca, mentre io sorniona, li osservo con un leggero sorriso sulle labbra.
Come fa un doppiatore a entrare nella parte dell’attore (attrice) da doppiare?
Bisogno guardare più volte l’anello che si deve doppiare, capirne le sfumature interpretative dell’attore: sguardi, boccate, capuzziate, movimenti del corpo, e solo dopo provare a doppiarlo.
Non è vero che non si deve dare parte di sé all’interpretazione, è importantissimo farlo. L’attore che andiamo a doppiare deve recitare in maniera credibile all’occhio inesperto dello spettatore, e affinché noi possiamo emozionarlo, bisogna dare anche sé stessi.
Ci fai un esempio?
Oreste Lionello, Tonino Accolla, Carletto Romano … vado avanti?
Cosa sono i “talent” nel doppiaggio? E perchè vanno tolti?
Ma quali talent?!?! Ma che si chiamano talent? Questi non si chiamano, non hanno nome, hanno solo chi li appoggia. Sono la rovina della recitazione, che in sala di doppiaggio, non sanno mettere in fila due parole di emozione e qualità.
E cosa ci mettono?
Sanno solo metterci il loro Nome! Dovrebbero studiare prima la lingua italiana, la teatrologia di Eduardo, la grandezza recitativa di shakespeariana di Giorgio Strehler … e se non lo vogliono fare perché già si sentono delle star, rimanessero nella loro scatoletta televisiva a fare i loro siparietti, ecco, quelli sì che mi fanno divertire, a ognuno il suo mestiere!
Viviamo in un mondo denso di giudizi e pregiudizi, quanto fa male essere giudicati?
Tanto! Per questo vige l’ipocrita regola numero uno del direttore, che non ti dice mai veramente quello che pensa di te: teme tu possa rimanerci male, deprimendoti, perdendo fiducia in te stesso e nelle tue capacità. Così sta zitto e ti dice solo: “lasciami il numero che poi alla prima occasione ti chiamo”.
Invece?
L’occasione arriva solo per gli altri. Se invece di andare a sfide, a gusti, a simpatie, si perdesse più tempo con gli attori che desiderano emergere, il direttore sarebbe più sincero, e se ci tiene, manda avanti, altrimenti ti fa fare brusii e piccoli ruoli finché non percepisce un netto miglioramento in maniera graduale. Ci volessero anche anni. il problema però sta nel numero. Prima questo si poteva fare perché eravamo sì e no un centinaio, adesso siamo quasi tremila! Come fai ad aiutarli tutti?
Ma tu di che segno sei?
Vostro onore mi oppongo, la domanda non è pertinente!
La sensualità che cos’è?
È la capacità di comunicare sé stessi, senza troppi giri di parole, cosa che per me è impossibile. Io adoro descrivere tutto quello che dico, oggi vanno tutti di corsa, e quindi le persone non si godono la bellezza umana. La sensualità è il tuo palliativo. È la voglia degli altri senza obbligo di frequentazione, purché si piaccia … in qualche modo.
E la bellezza?
È un’invenzione dell’essere umano per compiacere materialmente gli inetti. Tutti siamo belli. Sta a noi non perdersi sporcandoci l’anima. Come fanno ad esempio la gran parte delle persone che sono sui social, scrivono commenti di piacere e straordinarietà fisica, sotto classiche foto modaiole, quando in realtà pensano tutto il contrario. Vale a dire: “me fai schifo, ma me fai pure lavorà”.
Quando una donna è davvero bella?
Quando dice ad un’altra donna di esserlo. Pochi capiranno cosa voglio dire. La maggior parte sono tutte gallinacce invidiose e maliziose, purtroppo.
Sei innamorata?
Della vita, tanto.
Hai ricevuto il Premio Vincenzo Crocitti, un premio importante.
Non finirò mai di ringraziare il fondatore Francesco Fiumarella per questa grande opportunità. Francesco è un’altra perla rara dell’umanità. Anche lui come me si batte incessantemente per la meritocrazia, per lo spettacolo pulito, per i valori intrinsechi degli artisti di ogni categoria. Francesco è e rimarrà la speranza oggettiva di un futuro in nome del rispetto per l’arte. Grazie ancora Francesco. Inoltre, sono stata molto felice di essere stata premiata insieme a Luca Ward, Francesco Pannofino, Roberto Pedicini, e Roberto Chevalier. C’è stato chi ha detto che ero stata raccomandata, e grazie al cacchio, i premi li vincono sempre gli stessi e allora ecco, come hanno sentito Lilli Manzini, alcuni hanno asserito questa cosa. Non mi rimane che ribadire il concetto spirituale che rende grandi gli uomini: “perdonali, perché non sanno quello che fanno … e dicono”.
Esiste ancora l’amicizia vera?
No! questo progresso regresso, al giorno d’oggi, ha rovinato tutto. Esiste il concetto di do ut des. Sono tutti opportunisti e arrivisti. Un amico vero è raro da trovare. Un amico vero ti accetta come sei. Non ti abbandona solo perché si è eccentrici o troppo sensibili. Un amico vero ti ama, come anche ti detesta, un amico vero è presente anche quando non lo è.
Domandare è lecito rispondere è cortesia, secondo te è ancora possibile nella nostra società?
Certamente. Io lo faccio in continuazione. Se poi non mi rispondono a dovere continuo a rompere le palle finché non ho la risposta. La risposta arriva finta e imbeccata? Bene. Voilà la différence fra me e l’interlocutore.
Hai scritto un libro: “L’essenziale”, ma che cos’è davvero essenziale?
L’essenziale è tutto ciò che di bello la vita ti dà nelle sue piccole dosi. L’essenziale, appunto. Noi siamo delle piccole realtà da gestire in un mondo così complicato, ma è complicato perché siamo noi a complicarlo. C’è stata data la cosa più bella: la vita. Noi dobbiamo averne la massima cura, vivendo sereni con le sue bellezze, soprattutto quelle più semplici. Questo è l’essenziale
Quando hai scoperto di avere un talento da scrittrice?
Da ragazzina. Ho sempre pensato che scrivere nero su bianco i propri sentimenti e le proprie fantasie avrebbe accresciuto un senso di appagamento dentro di me. Io sono molto descrittiva e profonda, a pochi piace, ma chissenefrega. L’importante è che mi piaccia io, gli altri possono andare oltre. Sono una persona piena zeppa di fantasie, tanto da distrarmi anche quando vado a messa. Sì, sono praticante e ne vado fiera. Scrivere è bello, è liberatorio.
Dopo questa lunga chiacchierata riassumendo Lilli chi è?
Na’ povera disgraziata che ancora crede nei valori semplici della vita senza domandarsi troppo il perché.
Che cos’è davvero difficile nella vita?
Qualcosa che non riuscirebbe a fare nemmeno uno dei più grandi matematici del mondo: saper contare fino a 10 (anche qui lascio almeno 20 minuti per capirne il concetto profondo).
Che cos’è per te la lealtà?
Saper rischiare tutto per chi si ama a me succede sempre, non contando fino a 10. Mi metto nei casini per amore di un amico e poi ne pago le conseguenze. Ma lo rifarei miliardi di volte. Viva la giustizia!
Torniamo alle cose terrene, il libro dove sarà presentato?
Da nessuna parte. È un dono che faccio online, a chi è interessato a leggerlo. In quel libro non ho scritto di me, ho scritto di tutti.
L’ultima cosa che hai fatto in doppiaggio?
No comment. Ho firmato delle liberatorie. Bocca zippata. (Austin Powers docet).
Progetti?
Sì, dunque, domani vado a pranzo dal Presidente Draghi, per parlare del Trono di Spade, in fondo lui se ne sente un po’ uno dei protagonisti (qui lascio mezz’ora per capire la battuta),
Un sassolino nella scarpa ce lo avrai pure tu?
Uno????? Ma non li dico! E che sono scema che do le cose Sante ai cani e le perle ai porci!?!?
Vuoi aggiungere altro?
Sì! Leggete il Vangelo tutti i giorni, vi darà più saggezza, ripulendovi dalle brutte cose che fate agli altri. Non credete? Allora fatevi confezionare da un Negromante, una bella tisana di buon senso affinché non frantumate più le palle a chi vi deve sopportare tutti i giorni. “Ve saludi. Ciapa sü e porta a cà”. Ve lo dice una romana doc.