Da giovedì 9 a domenica 12 febbraio Teatrosophia ospita “Soffio” di Antonio Sinisi ispirato al film “Fino all’ultimo Respiro” di Jean-Luc Godard. Una messa in scena dove classico e avanguardia si intrecciano. Ne risulta un corpo-a-corpo, uomo-donna, dove voce, corpo, scena, tempo sono gli assi di riferimento. Nel legno del teatro un’attrice e un attore giovani e bravissimi: Erica Fusini e Gabriele Passaro. Una narrazione che coinvolge ed emoziona portando a fare delle riflessioni intime significative. Michel, ladro e truffatore, mette a segno un colpo a Marsiglia, rubando un’automobile. Dopo aver lasciato la città, viene inseguito da un poliziotto per eccesso di velocità. Uccide il poliziotto per non essere arrestato. Tornato a Parigi per affari con l’intenzione poi di fuggire a Roma, ritrova Patricia, una ragazza di cui si era innamorato e che vorrebbe portare con sé in Italia. Le rivela pian piano la sua condotta delinquenziale e le fa capire che la sogna al suo fianco anche come complice della sua vita spericolata. Lei, pur ricambiando l’amore, cerca di allontanarsi da Michel perché lo ritiene troppo sfrenato. Michel, accompagnato da Patricia, continua la sua vita all’ultimo respiro, rubando soldi e auto, fumando e leggendo France Soir, da cui apprende di essere braccato dalla polizia, che è ormai sulle sue tracce. Michel cerca quindi di fuggire, insistendo perché la ragazza lo segua in Italia……. Soffio fa parte di una tipologia di drammaturgia che è un tempo si definiva PO (ovvero poliziesco, poetico, politico). Poetico per capacità di suscitare immaginario e fantasie; politico per il modo di praticare il teatro; poliziesco per una trama che prevede un crimine. Poetico nella drammaturgia, politico nel creare la scena, poliziesco per la linea narrativa. Antonio Sinisi si racconta e ci racconta portandoci nel suo mondo con passione, coinvolgimento, amore. Il teatro è vita e senza il suo “Soffio” vitale non si va da nessuna parte.
Chi è Antonio Sinisi?
Un teatrante e un autore, che scrive libri (vedi Astratti – operette amorali) e di lascia andare al cinema (sempre d’autore): ultimamente il nuovo film a cui ho partecipato I Morti rimangono con la bocca aperta di Fabrizio Ferraro è passato in anteprima internazionale al Festival Internazionale di Cinema di Rotterdam e prima ha vissuto l’anteprima mondiale alla Festa del Cinema di Roma.
L’arte per lei che cosa rappresenta?
L’arte è un’espressione altra di noi esseri umani. É una possibilità sia per chi la fa, sia per chi ne fruisce. É un pensiero e un’azione che viaggiano insieme. É qualcosa che ci muove dall’interno all’esterno di noi stessi. È tutto e niente. È dolore e nulla, come si dice nel nostro spettacolo.
Il 9 febbraio debutterà “Soffio” ispirato al film “Fino all’ultimo respiro” di Jean-Luc Godard, di cosa parla?
Sostanzialmente la linea narrativa segue quella del film. Michel è un ladro d’automobili sempre in fuga. Ma questa volta vuole fuggire per l’ultima volta e con una donna, Patricia, una giovane giornalista che lavora a Parigi. Nel viaggio che lo porta a Parigi, dopo aver rubato l’ennesima macchina, qualcosa va storto e accidentalmente uccide un poliziotto. Michel è ricercato dalla polizia e cerca di convincere Patricia a scappare con lui a Roma.
Perché è una messa in scena dove classico e avanguardia si intrecciano?
Tutti i dispositivi che compongono lo spettacolo si intrecciano tra di loro e non hanno funzioni a sé stanti. È un lavoro che si compone di voce/corpo/tempo/spazio e tutto questo riguarda gli attori in scena che s’intrecciano e dialogano con la musica, con gli oggetti artigianali e con le immagini in movimento. Diversi stili di recitazione si scambiano e si contrappuntano per tutta la durata della messa in scena.
Jean-Luc Godard cosa rappresenta per lei?
Un uomo rivoluzionario. Godard ha scelto che il punto nevralgico da attaccare fosse il cinema e l’ha utilizzato come strumento per mostrarci le nefandezze, i soprusi di questo nostro strano mondo e dell’umanità che lo abita. Sempre lasciando aperti sguardi e speranze, che solo con l’impegno possono diventare certezze e vita nuova.
Soffio, la sua opera teatrale, ha una radice fenomenologica?
L’opera si può dividere (ma non ordinare) in parole e fatti alla ricerca della cosa. La cosa racchiude il tutto. La cosa è un qualcosa di completamente comprensibile, sia tangibile che invisibile. Mi interessa avere a che fare — l’opera stessa — con qualcosa di materiale e immateriale allo stesso tempo. Essenza e contenuto, per quel che mi riguarda, devono essere un unicum e non si devono mai scindere. Esistere e non essere. Nulla e dolore.
Soffio richiama il soffio della vita?
Si, potrebbe essere. Io l’ho scelto perché è la parola italiana che suonava più simile a souffle e perché sinonimo di respiro.
Il corpo-a-corpo, uomo-donna, dove voce/corpo/scena/tempo sono gli assi di riferimento sono la possibilità di rispecchiamento ed esistenza?
Esistenza. Tutto deve necessariamente partire dal corpo a teatro. Ma in fondo anche nella vita di tutti i giorni siamo corpi. E il corpo che da vita alla voce. E il corpo che gioca d’azzardo con lo spazio e il tempo. A teatro deve essere ben visibile, udibile, sensibile. Dietro l’esistenza c’è anche la possibilità di scomparire. Se scompaiono i corpi esce fuori l’opera, la cosa di cui parlavo sopra.
Quanto è impegnativa costruire la trama di una drammaturgia definita PO?
In realtà la struttura è semplice. Il dispositivo PO (poliziesco/poetico/politico) viene fuori dal lavoro di scrittura scenica e dal lavoro con Erica Fusini e Gabriele Passaro. Si parte dal testo (o copione che dir si voglia) che di per sè è già un poliziesco ovvero una trama che prevede il coinvolgimento di polizia, dunque, un’indagine (poliziesco), l’indagine narrativa si deve spostare sull’esistenza di chi è in scena e si mette in gioco donandosi (poetica). Mettere insieme poliziesco con poetico significa mettere in atto il dispositivo politico. Tutto si riallaccia a quanto detto sopra. Poliziesco/drammaturgia/parole — poetico / corpo / fatti — politico / causa / cosa.
Chi sono i suoi compagni di viaggio?
In scena, come detto, due giovani attori: Erica Fusini e Gabriele Passaro. Tutti gli oggetti di scena (compresa l’automobile) sono un lavoro artigianale di Stefano Pietrini, i costumi sono curati da Claudia Fonti, le immagini in movimento sono di Caterina Gueli e Felice D’Agostino che hanno filmato la Parigi in lockdown e hanno ripercorso le stesse vie del film di Godard; insieme sono Virages Films Paris. Soffio è stato in residenza artistica al centro aggregativo B-Side (e per questo ringrazio Marco Caputi e Alessandro Pera) e al Teatro Villa Pamphilj (ringraziando Veronica Olmi, Valeriano Solfiti, Valerio Bucci e Anna Maria Piccoli). Il partner del lavoro è l’associazione culturale Malalingua di Roma.
Come il pubblico accoglierà questo lavoro?
Non lo so di preciso. C’è molta curiosità sicuramente tra chi conosco. In fondo il film a cui si ispira è iconico,
Andrete in tour?
Stiamo piazzando delle date. A molti teatri (e non solo teatri) piace il progetto di partenza. Adesso lo facciamo nella piazza più difficile d’Italia, che è Roma e poi presa coscienza del tutto si può spingere con più consapevolezza di quanta ne abbiamo adesso.
Progetti targati 2023?
A maggio 2023 torna in scena a Fortezza Est a Roma, Tetro, un mio lavoro sul tema del doppio Batman/Joker, buono/cattivo, residenza artistica al Teatro Studio Uno nel 2015 e tra le eccellenze romane fuori concorso al Roma Fringe Festival 2015, selezionato tra i migliori spettacoli per Rete Critica sempre nello stesso anno. In scena Gabriele Linari.