Le regole del disastro: il mio manuale per sopravvivere agli appuntamenti dopo i 50

Cari lettori del Daily Whisper, benvenuti a un nuovo episodio tragicomico di ‘Pippa’s Pickle’, dove la vostra affezionata cinquantaseienne single si avventura nel pericoloso mondo degli appuntamenti dopo i 50. Preparatevi a un viaggio nel regno del cringe, delle gaffe e delle situazioni imbarazzanti che farebbero arrossire persino una barbabietola.

Tutto è iniziato quando la mia amica Vivian, la nobildonna locale perfetta in ogni dettaglio, ha deciso di giocare a fare Cupido:

“Pippa cara” – mi disse con quel suo tono da regina delle api – “ho l’uomo perfetto per te. È un gentiluomo, colto, raffinato… e soprattutto, single!”.

Ulalà – pensai immediatamente senza dare spazio a nessuna riflessione – stai a vedere che divento pure nobile!

Ora, cari miei, quando una donna single da decenni sente la parola “single” associata a un uomo, le sue orecchie si drizzano più velocemente di quelle di un chihuahua davanti a un sacchetto di croccantini. Così, ignorando ogni campanello d’allarme (e la mia dignità), ho accettato.

L’appuntamento era fissato in un ristorante chic. Io, determinata a fare colpo, ho indossato il mio vestito migliore – quello che normalmente uso per nascondere i miei peccati di gola, ma che quella sera aveva il compito di nascondere i miei peccati di mezza età.

Arrivo al ristorante, puntuale come un orologio svizzero (se gli orologi svizzeri avessero una menopausa precoce e vampate di calore random comprenderebbero la difficoltà di arrivare puntuali e in perfetto ordine). Scruto la sala alla ricerca del mio principe azzurro… o almeno di un principe un po’ sbiadito, considerata l’età.

Ed eccolo lì: Charles, il “gentiluomo colto e raffinato”. La prima cosa che noto è la sua cravatta, che sembra aver vissuto una vita più avventurosa della mia, con macchie che raccontano storie di cene passate. La seconda cosa? Il suo sorriso, che rivela più spazi vuoti di un parcheggio a mezzanotte.

“Pippa, cara!” esclama, alzandosi per salutarmi. Nel farlo, urta il tavolo, rovesciando il suo bicchiere d’acqua… dritto sul mio grembo. Fantastico. Non poteva iniziare meglio questa esilarante cena con tanto di possibile fidanzato. Niente dice “sono pronta per l’amore” bensì è perfetto per una persona che sembra si sia appena fatta la pipì addosso.

Cerco di mantenere un sorriso cortese mentre mi asciugo con il tovagliolo, pensando che la serata non può peggiorare. E’ già il peggio del peggio. Ci manca anche che il mio vestito si stinga in questa meravigliosa tovaglia bianca. Oh, dolce, ingenua Pippa.

La conversazione inizia in modo promettente. Charles mi parla del suo lavoro come esperto di antichità. Interessante, penso. Finché non realizza che per “antichità” intende “la sua collezione di tappi di bottiglia vintage”. Per due ore. Due ore intere! Capite? Mentre lui descrive con dovizia di particolari la differenza tra un tappo del 1952 e uno del 1953, io contemplo seriamente l’idea di usare la mia forchetta per praticarmi una lobotomia fai-da-te. Idea strepitosa.

Ma il colpo di grazia arriva con il dessert. Charles, volendo impressionarmi con la sua galanteria, decide di ordinare per entrambi. “Due porzioni della vostra torta al cioccolato più ricca!”, annuncia fieramente al cameriere.

Ora, cari lettori, c’è un piccolo dettaglio che Charles non poteva sapere: sono intollerante al lattosio. E indovinate un po’? La torta era più lattea della Via Lattea.

Con il cuore pesante (e lo stomaco che presto lo sarebbe diventato), decido di affrontare la situazione con grazia e maturità. “Oh Charles, che gentile, ma sono intollerante al lattosio”. Ed è in quel preciso istante che il mio corpo decide di dimostrare esattamente quanto sia intollerante. Con un rumore che potrebbe essere descritto solo come l’incrocio tra un tuono e un’anatra arrabbiata, il mio stomaco protesta. Rumorosamente.

Il silenzio cala sul ristorante. Posso sentire le forchette fermarsi a mezz’aria, le conversazioni interrompersi. Charles mi guarda con un misto di orrore e fascinazione, come se fossi appena diventata una delle sue preziose antichità.

In quel momento, realizzo che ho due opzioni: posso morire di vergogna sul posto o abbracciare il caos. Scelgo la seconda.

“Beh, Charles” – dico con un sorriso che spero sia più disinvolto che disperato – “sembra che il mio corpo abbia deciso di esprimere la sua opinione sulla serata. Direi che è un chiaro segno che dovremmo saltare il dessert e andare direttamente al… digestivo”.

Charles scoppia in una risata così forte che uno dei suoi denti traballanti rischia di uscire. E sapete una cosa? In quel momento di pura, non filtrata, imbarazzante umanità, qualcosa cambia.

Passiamo il resto della serata ridendo delle nostre disavventure amorose, dei nostri fallimenti e delle nostre speranze. Scopro che dietro la facciata del collezionista noioso c’è un uomo che ha vissuto, amato e perso, proprio come me.

No, non è stato l’inizio di una grande storia d’amore. Ma è stato l’inizio di un’amicizia inaspettata, nata dalle ceneri di un appuntamento disastroso.

Quindi, cari lettori, cosa ho imparato da questa esperienza? Che l’amore dopo i 50 può essere complicato, imbarazzante e pieno di sorprese (alcune più rumorose di altre). Ma soprattutto, che la vera connessione nasce quando abbassiamo le nostre difese e ci permettiamo di essere autenticamente, gloriosamente imperfetti.

E se tutto va male? Beh, almeno avrete una storia esilarante da raccontare al vostro prossimo appuntamento. O nel mio caso, ai lettori del Daily Whisper.

Con affetto e un consiglio: evitate i latticini al primo appuntamento, La vostra sempre ottimista (e ora leggermente flatulenta) Pippa

P.S. Se qualche gentiluomo là fuori è interessato a un appuntamento, sappiate che ora vengo equipaggiata con lactaid e un senso dell’umorismo a prova di bomba. E se collezionate tappi di bottiglia? Beh, nessuno è perfetto, giusto?

Psicologa, Psicoterapeuta, Criminologa, Giornalista, Blogger, Influencer, Opinionista televisiva.

Autrice di numerosi saggi e articoli scientifici.

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