Nella narrazione, i processi interiori vengono esteriorizzati e divengono comprensibili, così come sono rappresentati dai personaggi e dagli eventi della storia. La narrazione è terapeutica perché il bambino trova le proprie soluzioni, meditando su quanto la storia che emerge dalla sua fantasia sembra implicare nei suoi riguardi e circa i suoi conflitti interiori in quel momento della sua vita. Il fine della narrazione, quindi, non è quello di dare utili informazioni circa il mondo esterno, ma di chiarire i processi interiori che hanno luogo nell’individuo. Il calare le proprie esperienze personali in una narrazione permette di dare un particolare significato a esse, poiché ogni creatura umana costruisce gli eventi passati e le sue azioni in narrative personali, con le quali definisce la sua identità e costruisce la sua vita.
Le storie sono contenitori per portare significato ed esse compongono il mondo reale: senza non possiamo elaborare un quadro delle nostre esperienze, così i personaggi delle favole non sono altro che la rete che (l’uomo) getta al mondo per catturare verità altrimenti sfuggenti e trovare risposte sicure alle sue eterne domande.
Allora è possibile ritenere che la vita di ogni piccola persona può essere vista come una storia narrativa, una fiaba: la scoperta di tale analogia sarebbe di per sé terapeutica. È importante utilizzare gli stessi criteri selettivi e costruttivi che usa uno scrittore nel produrre una storia, allo scopo di aiutare la piccola-persona a riscrivere la sua storia in forma narrativa o fiabesca. È in questo modo che all’interno dell’aver cura e del prendersi cura si produce una storia in cui i due della relazione costituiscono i conarratori. Attraverso il narrarsi e il narrare all’Altro, il bambino costruisce e ricostruisce i propri mondi raccontandoli. Il narrare riveste un aspetto importante nella continua ridefinizione dell’identità. L’aver curae il prendersi cura della piccola persona sofferente diviene un racconto, un romanzo, una fiaba, un’opera d’arte, cocostruita in quella danza melodiosa e curante dell’etrê–à-deux.
Il Sé è un testo che mette in relazione la costruzione di storie e, quindi, il narrare, con lo sviluppo della personalità. La narrazione può costituire un veicolo di cambiamento. Le storie accompagnano le vite di ogni essere umano e certe volte si ha la sensazione che le storie di alcuni individui siano più reali della vita reale. Le storie sono un balsamo, hanno un tale potere: non ci chiedono di fare, essere, agire, basta ascoltarle. I rimedi per reintegrare o reclamare una pulsione psichica perduta si trovano nelle storie, le storie sono disseminate di istruzioni che ci guidano nella complessità della vita. i piccoli pazienti grazie alle storie riescono a comprendere ciò che sta a loro accadendo tanto da far contatto con la loro inquietudine attualizzando l’avvio del processo percorso di trasformazione. Attraverso l’identificazione con gli eroi che emergono dal discorso narrativo che si tesse nel cortile della cura, si può trasmettere la speranza che i problemi possano essere risolti, che sia comunque possibile un cambiamento. La narrazione infonde quel coraggio necessario per non rimanere ancorati al passato e andare fiduciosi, incontro al futuro.
Ogni storia ha un significato. Per quanto la vita non segua il copione esistenziale della narrazione fantastica, è possibile trovare un’affinità con la maggior parte di esse: piombiamo in un sonno profondo; subiamo un incantesimo ad opera di un mago; siamo feriti dalla matrigna; siamo divorati dal lupo. Tutte le storie ci appartengono, anche se qualcuna ci appartiene più di altre. E se una storia può sembrare permanentemente affine a quella della nostra vita, altre possono avere un maggiore significato in un momento anziché in un altro.
Ogni storia reale è parte della costruzione di sé, e ogni storia aggiunge la sua dimensione ed il suo sapere al collettivo. In definitiva, noi siamo la somma delle storie che abbiamo vissuto e delle storie che abbiamo udito.