C’è chi dal dolore fugge e chi, invece, lo trasforma in teatro. Claudia D’Angelo appartiene a questa seconda, rara specie di anime che sanno fare della fragilità una forma d’arte. Dopo un incidente che le ha tolto persino la memoria, è tornata sul palco con “La Capoccia”, uno spettacolo che intreccia ironia, poesia e verità, dove ogni risata diventa una piccola rinascita. In scena non c’è solo l’attrice: c’è la donna che si è rimessa in piedi, con il sorriso come arma e il pubblico come bussola.

Claudia, “La Capoccia” è uno spettacolo che mescola comicità, poesia e verità. Come nasce l’idea e cosa ti ha spinto a tornare in scena con questa forma così libera e personale di teatro?
L’idea nasce da un vero incidente che ho fatto 8 anni fa, per il quale ho perso cose fondamentali che servono per fare il mio lavoro; Ad esempio la memoria e quello che mi ha spinto a tornare in scena è l’amore per quello che faccio e, soprattutto, il coraggio.
Nel tuo modo di recitare c’è sempre una forte componente di autoironia. Quanto è importante per te ridere di te stessa per arrivare al pubblico?Ridere di sé stessi è importante per vivere meglio, sia sul palco che sotto.

Lo spettacolo ha una dimensione molto viva e istintiva, anche grazie alla musica e alla sonorizzazione dal vivo. Quanto contano per te l’improvvisazione e l’energia del momento?
Eh, tantissimo.
“Prometti che sarà l’ultima volta”, ma il pubblico ti aspetta sempre. Cosa ti spinge, ogni volta, a tornare sul palco nonostante le promesse?Semplice: il pubblico.

“La Capoccia” non è soltanto uno spettacolo: è una dichiarazione d’amore alla vita, alla scena, e a quell’imprevedibile energia che unisce chi racconta e chi ascolta. Claudia ride di sé per insegnarci che l’ironia è un modo di sopravvivere, e che il vero coraggio non è non cadere mai, ma continuare a salire su quel palco — ogni volta come fosse la prima, anche quando prometti che sarà l’ultima.









