“I perdenti di Acapulco. Uno spettacolo terribilmente complicato” di e con Lahire Tortora, liberamente ispirato ad Acapulco di Steven Berkoff, vincitore del Premio Miglior Attore al Roma Fringe Festival 2020, sarà in scena a metà novembre al Teatro Trastevere.

“Lo spettacolo è nato come studio su Acapulco di Steven Berkoff, ovvero la commedia che il grande drammaturgo e attore inglese scrisse nel 1985, prendendo spunto dal suo lavoro sul set cinematografico del sequel di Rambo, mescolando realtà e finzione. Ne ho riscritto il testo in forma di monologo, aggiungendo ad esso un ulteriore livello con il suo stesso metodo: oltre ai quattro personaggi originari ispirati agli extras del sequel di Rambo (e che parlano immancabilmente di sé stessi e del loro lavoro all’interno del film), sul palco troverà spazio anche l’interprete dei quattro extras (in questo caso, il sottoscritto), che parla a sua volta di sé stesso e del suo lavoro all’interno dello spettacolo. Una sorta di Inception del teatro. Da teatrante ancora relativamente giovane quale sono, mi incuriosisce sempre più il rapporto tra l’artificio teatrale e la vita reale. E’ possibile per noi fare un teatro aperto a tutti, senza rischiare di essere autoreferenziali? Possiamo sentirci artisti davvero liberi, e contemporaneamente lottare per arrivare alla fine del mese e pagare le bollette? L’artista è ancora un motore critico nella società, in un’epoca in cui il mondo intero sembra andare verso lo scatafascio? E soprattutto… è possibile scherzare sul narcisismo degli artisti, al punto da far interpretare tutti i personaggi della pièce in questione ad un unico attore?” racconta Lahire Tortora.

Il tutto si declina in una narrazione che si incastona in una squallida saletta del bar dell’Acapulco Plaza Hotel, facciamo la conoscenza dell’interprete del presente monologo, e poi dei quattro attori piuttosto particolari a cui egli presterà corpo e voce. Sono i cosiddetti extras, comparse e interpreti di piccoli ruoli, impegnati nelle riprese di Rambo First Blood Part II, a noi universalmente noto come Rambo 2 – La vendetta: il tormentato e ombroso Steve, una sorta di coscienza critica del gruppo, che nel film interpreta il soldato americano traditore Lifer; il pignolo e vanitoso John e lo sboccato e autolesionista Will, prigionieri di guerra; e il titanico Voyo, che interpreta il ruolo del crudele sergente sovietico Yushin. Figuranti senza fama, comparse da una posa. Ci si potrebbe illudere di trovare in loro quell’umiltà che tradizionalmente non viene associata ai divi… ma, tra considerazioni grottesche, “dietro le quinte” assurdi e riflessioni tragicomiche, ci rendiamo ben presto conto che la spacconeria e il narcisismo non risparmiano nemmeno i meno appariscenti di quest’ambiente.

In questa intervista Lahire Tortora ci conduce all’interno della sua narrazione portandoci a riflettere su aspetti significativi della nostra vita comunicandoci che è uno spettacolo terribilmente complicato tanto che la domanda sorge spontanea:

Perché è uno spettacolo terribilmente complicato?

Ho voluto inserire questo sottotitolo, da una parte per giocare con la sfortuna che ha avuto lo spettacolo, che dopo aver debuttato al Roma Fringe Festival a inizio 2020, e ricevendo addirittura un premio, è stato travolto dalle chiusure legate al covid (e non solo) ed è stato fermo fino ad ora; dall’altra per scherzare sulla sua particolare struttura “a matrioska”, in cui c’è un attore che inizia interpretando sé stesso, ovvero l’interprete dei quattro personaggi principali, che sono a loro volta degli attori impegnati su un set, dunque chiamati a interpretare a loro volta dei personaggi. Insomma, è un po’ complicato!

Che cosa c’è di complicato in uno spettacolo teatrale?

Proseguendo nello scherzo, risponderei che la cosa più complicata per uno spettacolo è riuscire a portarlo in scena!

Battute a parte, dipende dal tipo di storia che la compagnia o il singolo interprete vogliono raccontare. Nel mio caso, lo spettacolo necessita di una struttura a più strati per poter affrontare le questioni che mi interessano da diverse angolazioni. Ma, oltre la struttura, il linguaggio è semplice e diretto, il che secondo me crea un contrasto interessante.

Lo Spettacolo ha vinto il Premio Miglior Attore al Roma Fringe Festival 2020, un bel traguardo?

Non solo bello, ma anche inaspettato. E non lo dico per ostentare modestia. È chiaro che quando partecipi a una competizione così prestigiosa come il Roma Fringe Festival ti impegni alla morte per fare del tuo meglio. Ma il premio come Miglior Attore è stato una bellissima sorpresa perché lo spettacolo era al debutto assoluto. E non capita tutti i giorni di essere premiati con un lavoro al debutto. Infatti, il mio karma se l’è segnata: un mese dopo è arrivato il covid.

Di che cosa parla l’opera?

L’opera segue le vicende di quattro extras, ovvero quattro attori che fanno le figurazioni sul set di Rambo 2 – La Vendetta. Nessuno dei quattro ha la fama cui aspira, né la considerazione che vorrebbe. Tutti sono convinti di valere di più, eppure soffocano le loro ambizioni sotto una frustrazione che li fa diventare cinici, misantropi, paranoici, e spassosamente tragicomici. Tutti parlano di sé, ma nessuno ha voglia di ascoltare gli altri. Tra una giornata di posa e l’altra, passano il tempo nella sala bar dell’hotel tra considerazioni e filosofia spicciola al limite del paradossale. Naturalmente la vicenda viene raccontata dai quattro diversi punti di vista, che si incrociano tra loro.

Chi sono i personaggi di questo spettacolo?

Abbiamo John, attore scozzese, saccente e pignolo, che nel film interpreta uno dei prigionieri di guerra chiusi in una gabbia in un campo vietcong, in attesa che Rambo arrivi a salvarli; Will, attore americano, sboccato e paranoico, anche lui prigioniero di guerra, chiuso nella stessa gabbia di John; Voyo, attore bosniaco, un gigante di due metri, forzuto e manesco, che nel film interpreta un crudele sergente sovietico; e Steve, attore inglese, tormentato e ombroso, una sorta di coscienza critica del gruppo, che nel film interpreta il soldato traditore Lifer.

E infine, c’è anche un certo Lahire, l’attore che interpreta i quattro personaggi (ovvero il sottoscritto), che a tratti emerge per dire anche lui la sua… e anche per raccontare tutte le sfighe che ha avuto questo spettacolo, così tante che ho voluto farle diventare parte della narrazione!

Acapulco che cosa c’entra?

“Rambo 2 – La vendetta”, che, come detto, è il film alla cui lavorazione stanno contribuendo i nostri eroi (anzi, antieroi), è ambientato in Vietnam. Ma nella realtà è stato girato nel 1984 in Messico, nella giungla, e in buona parte ad Acapulco, dove aveva base la troupe.

Il film è passato alla storia per le condizioni estremamente dure in cui si girava: infatti, per perseguire il massimo del realismo, gli interpreti passavano ore nella giungla o, nel caso dei prigionieri di guerra, sdraiati in mezzo al fango. Tra l’altro, vivevano appieno la contraddizione di Acapulco, città turistica per eccellenza, ma al tempo stesso piena di povertà e miseria.

È possibile fare un teatro aperto a tutti, senza rischiare di essere autoreferenziali?

Questa è una delle domande che mi ha spinto a lavorare a questo progetto, e che tuttora rimane aperta. Io sono convinto che sì, sia possibile. Al tempo stesso, la possibilità di cadere nell’autoreferenzialità dobbiamo guardarla in faccia. Prenderci dei rischi, giocarci, giocare con il pubblico. In I perdenti di Acapulco la componente satirica attraverso l’esagerazione del punto di vista opposto è importante: io provo a scherzarci e a elevare al massimo livello l’autoreferenzialità, tanto è vero che i personaggi li interpreto tutti io. Autoreferenzialità non è parlare di sé; nell’arte questo è ineludibile. Autoreferenzialità è parlare a sé. Se hai te stesso come unico interlocutore, perché il pubblico dovrebbe seguirti?

Possiamo sentirci artisti davvero liberi, e contemporaneamente lottare per arrivare alla fine del mese e pagare le bollette?

Altra riflessione che a mio parere è fondamentale, e rimane apertissima. Molte altre colleghe e colleghi la stanno indagando attraverso la drammaturgia contemporanea. Io penso che la condizione economica, in una certa misura, sia qualcosa di determinante non solo per la qualità della nostra vita, ma anche per la libertà delle nostre scelte. Nel caso di chi come me lavora in teatro o in video, penso che quasi tutti abbiamo fatto progetti di cui andiamo fieri, e degli altri che non ci piacciono, o di cui magari ci vergogniamo, ma ci tocca farli semplicemente perché “è lavoro”. Fa parte del gioco. Fino a un certo punto, però. Perché se la mia condizione economica non mi consente di fare scelte libere, io sarò costretto ad accettare qualsiasi cosa, e più avrò bisogno di farlo più sarò ricattabile. La precarietà lavorativa degli artisti può sembrare romantica, ci possiamo scherzare su, lo faccio anch’io, ma in realtà è una minaccia enorme alla loro libertà. Dobbiamo esserne consapevoli.

L’artista è ancora un motore critico nella società, in un’epoca in cui il mondo intero sembra andare verso lo scatafascio?

Questa considerazione è strettamente legata alla domanda precedente.

Io penso di sì, credo che l’artista come motore critico all’interno della società sia indispensabile. Uno dei punti più tristi che abbiamo toccato negli ultimi anni è stato quando, durante la pandemia, l’arte e la cultura sono state definite “attività non essenziali” (anche questo viene citato nel mio spettacolo). Se passa il messaggio che “eh, il mondo crolla, c’è ben altro a cui pensare”, vuol dire aver perso di vista (ed evidentemente la responsabilità è anche nostra) che il lavoro critico dell’arte e degli artisti dà un contributo essenziale alla società per interrogarsi su cosa si sta facendo, dove si sta andando, e perché no, sull’immaginare delle alternative e contribuire a cambiare l’orizzonte degli eventi. Ma si ritorna al punto di prima: se gli artisti sono sotto ricatto economico e dunque molto meno liberi, lo possono ancora dare questo contributo?

È possibile scherzare sul narcisismo degli artisti, al punto da far interpretare tutti i personaggi della pièce in questione ad un unico attore?

Assolutamente sì, altrimenti non mi sarei divertito così tanto a farlo!

Perché gli artisti sono narcisisti?

Perché viviamo di contraddizioni, ed è anche normale che sia così. Ci indigniamo, ed è sacrosanto, quando qualcuno ci vuole pagare “in visibilità”, “no, qui non c’è budget”, e altre amenità del genere: scusa, ma tu un idraulico o un piastrellista lo paghi in visibilità? … diciamo noi. Però poi, quando paragonano il nostro lavoro ad altri cosiddetti comuni, come l’idraulico o il piastrellista, allora no, lì l’analogia non va più bene, e ci incazziamo. Perché sentiamo che in qualche misura il nostro non è un lavoro “comune”. E in effetti anche per me è così, però in questo si nasconde una certa dose di narcisismo, inutile negarlo: tanto vale giocarci!

Chi sono i suoi compagni di viaggio?

Di sicuro i miei compagni della compagnia TeatroINfolle di Venezia, i primi a credere in questo progetto, a ospitare il mio primo studio quattro anni fa e a darmi supporto produttivo per lo spettacolo completo. E poi i miei compagni di squadra: Fabio Berton, storico assistente tecnico, in questo e in altri miei progetti, alle luci e alle musiche; Marta Mazzucato, scenografa e costumista dal talento incredibile, con cui ho avuto il piacere di collaborare in quasi tutti gli spettacoli che ho messo in scena finora, compreso questo; Giorgia Faccin, altra collaboratrice storica, autrice del progetto grafico di questo monologo; e Alexandra Brett, bravissima collega, che in questo lavoro mi ha dato una grande mano grazie al suo occhio esterno.

Andrete in tour?

Lo spero davvero! Abbiamo appena portato in scena I perdenti di Acapulco per la prima volta in Veneto, la regione dove risiedo e dove lo spettacolo è nato, il 4 e 5 novembre scorsi. Queste prime regionali al Teatro dei Filodrammatici di Este sono andate davvero bene. A metà di questo mese saremo in scena a Roma, e poi spero proprio di arrivare a ottenere una buona distribuzione.

Progetti?

Attualmente sono impegnato con i miei compagni di TeatroINfolle nella costruzione di uno spettacolo in forma di parata urbana ispirato alle suggestioni dell’Inferno dantesco, che debutterà a Venezia durante il periodo del Carnevale, mentre con gli altri miei compagni di Teatro Fuori Rotta di Padova stiamo lavorando alla nostra nuova produzione, “Lo sciopero del vescovo” di Agostino Contarello, che debutterà a Padova nel marzo 2024.

Vuole aggiungere altro?

Semplicemente vorrei ringraziare lei per lo spazio e l’attenzione concessimi, e invitarvi tutti a Roma, al Teatro Trastevere giovedì 16 e venerdì 17 alle ore 21, a vedere “I perdenti di Acapulco”. Ci sarà da divertirsi! Grazie mille, vi aspetto!

Psicologa, Psicoterapeuta, Criminologa, Giornalista, Blogger, Influencer, Opinionista televisiva.

Autrice di numerosi saggi e articoli scientifici.

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