Andrea Volpe – Le Bestie di Satana

Alla fine degli anni ’90, nelle campagne tra Varese e Milano, si muoveva un gruppo di giovani che, dietro la facciata di feste, droga e musica metal, nascondeva uno dei capitoli più oscuri della cronaca nera italiana. Li chiamarono Le Bestie di Satana, e tra loro Andrea Volpe divenne uno dei protagonisti più noti, non solo per la sua partecipazione agli omicidi, ma anche per le confessioni che avrebbero squarciato il silenzio.

La nascita del culto

Volpe e gli altri membri del gruppo erano adolescenti e ventenni, attratti dal fascino oscuro del satanismo, ma soprattutto dalla promessa di appartenenza. In un contesto fatto di disagio familiare, vuoto esistenziale e abuso di sostanze, il culto diventò un rifugio. Non era religione, ma una gabbia mentale: rituali, giuramenti, minacce reciproche. Il gruppo trasformò la fragilità dei singoli in violenza collettiva.

I delitti

Tra il 1998 e il 2004, le Bestie di Satana si resero responsabili di omicidi che scossero l’Italia intera. Tra le vittime, Mariangela Pezzotta, uccisa brutalmente nel 2004, proprio per mano di Volpe e dei suoi complici. Ma prima ancora erano state sacrificate Chiara Marino e Fabio Tollis, due giovani soffocati nel 1998 durante un “rito”.

Gli omicidi non erano il frutto di pura follia improvvisa: erano il culmine di anni di manipolazioni, paure e dipendenze reciproche, in cui la vita e la morte diventavano strumenti di controllo.

Il profilo di Andrea Volpe

Volpe era considerato uno dei più suggestionabili del gruppo. La sua fragilità psicologica lo rese terreno fertile per l’influenza degli altri.

Dipendenza dal gruppo: senza la setta si sentiva perso.

Fragilità identitaria: incapace di costruire un sé autonomo.

Suggestione: facilmente manipolabile.

Escalation violenta: dall’autodistruzione con droghe alla distruzione dell’altro.

Il suo coinvolgimento negli omicidi non fu solo esecutivo: partecipò attivamente, e nel caso di Mariangela fu lui stesso a sparare, a scavare la fossa, a inscenare la fuga.

La svolta

Dopo l’arresto, Andrea Volpe iniziò a collaborare con gli inquirenti. Le sue confessioni furono decisive per ricostruire i delitti e smantellare il gruppo. Raccontò rituali, dinamiche interne, violenze. Una voce che rivelò l’orrore, ma che allo stesso tempo sollevò interrogativi sulla sua credibilità e sul peso delle sue stesse responsabilità.

Condannato a 33 anni di carcere, ottenne sconti di pena grazie alla collaborazione. In molti lo accusarono di aver usato la confessione come strategia per salvarsi, più che come gesto di pentimento autentico.

Una vicenda generazionale

Il caso delle Bestie di Satana è anche lo specchio di un’epoca: giovani persi tra disagio, musica estrema, dipendenze, alla ricerca di un senso che non trovavano. Il satanismo fu più un’etichetta che una fede, ma bastò a incanalare la rabbia e il vuoto in violenza cieca.

La riflessione finale

Andrea Volpe resta una figura emblematica: carnefice e al tempo stesso vittima di un contesto tossico, incapace di opporsi, ma capace di premere il grilletto. La sua storia ci interroga sul potere del gruppo, sulla fragilità delle menti giovani, e su quanto la sete di appartenenza possa trasformarsi in tragedia.

Perché il male, a volte, non nasce da un singolo mostro, ma da un branco che decide di sacrificare l’innocenza sull’altare del vuoto.

Psicologa, Psicoterapeuta, Criminologa, Giornalista, Blogger, Influencer, Opinionista televisiva.

Autrice di numerosi saggi e articoli scientifici.

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