La sindrome del “non ho tempo”

“Non ho tempo.”

Quante volte al giorno pronunciamo – o ascoltiamo – questa frase? Forse è il mantra più diffuso della nostra epoca, il ritornello che accompagna giornate frenetiche e vite sempre connesse. Ma fermiamoci un attimo: è davvero così?

Il tempo oggettivo è uguale per tutti. Ognuno di noi ha a disposizione 24 ore al giorno, né una di più, né una di meno. Ciò che cambia non è la quantità, ma la percezione che abbiamo delle nostre ore e, soprattutto, la capacità di gestire priorità ed energie.

La corsa senza fine

La sensazione di correre continuamente nasce da due fattori principali: il sovraccarico di impegni e le aspettative – nostre e degli altri. Viviamo in una società che premia la produttività, che esalta chi è sempre “indaffarato”, come se il valore di una persona fosse misurabile dal numero di attività che riesce a svolgere.

In questo contesto, la mente interpreta la pressione come “mancanza di tempo”. E così, anche se oggettivamente le ore ci sarebbero, non riusciamo a sentirle nostre. È come se il tempo ci scivolasse tra le dita, sempre troppo veloce per riuscire a trattenerlo.

Non è il tempo che manca

La verità è che spesso non mancano le ore, ma manca la capacità di dire no, di delegare, di ritagliarsi spazi personali. Quante volte accettiamo un impegno solo per senso del dovere? Quante altre ci lasciamo trascinare dalle richieste altrui, senza chiederci se sono davvero compatibili con le nostre priorità?

Il risultato è una vita riempita fino all’orlo, senza pause, senza margini, dove ogni minuto sembra già prenotato da qualcun altro.

La sindrome del “non ho tempo”

Questa sindrome non è solo una questione organizzativa, ma anche psicologica. Dire “non ho tempo” spesso significa dire “non riesco a gestire tutto”, “non so come mettere ordine tra le mie priorità”, “ho paura di deludere qualcuno se mi fermo”. È un sintomo del nostro bisogno di controllo e, allo stesso tempo, del timore di non bastare mai.

Dietro la frenesia si nasconde anche la difficoltà a stare da soli, a lasciare spazi vuoti. Il silenzio, l’ozio, la lentezza sono diventati quasi tabù: sembrano perdite di tempo, quando invece sono nutrimento per la mente.

Strategie per riprendersi il tempo

La buona notizia è che la percezione del tempo può cambiare. Non possiamo aggiungere ore alla giornata, ma possiamo imparare a usarle meglio, restituendo loro valore.

Stabilire priorità reali: non tutto ha lo stesso peso. Fare una lista non solo delle cose da fare, ma di quelle davvero importanti, aiuta a ridimensionare gli impegni.

Accettare che non tutto può essere fatto subito: imparare a posticipare senza sensi di colpa è un atto di maturità.

Dire no: ogni volta che accettiamo qualcosa che non vogliamo o non possiamo fare, stiamo togliendo tempo a noi stessi.

Delegare: non dobbiamo fare tutto da soli. Chiedere aiuto non è debolezza, ma intelligenza.

Creare micro-pause rigenerative: anche dieci minuti al giorno per leggere, respirare, camminare o semplicemente non fare nulla hanno un potere straordinario.

Il tempo non si trova, si crea

Aspettare di “avere tempo” è un’illusione: il tempo libero non cade dal cielo, va costruito. È una scelta consapevole, un modo di abitare le nostre giornate senza subirle.

Quando smettiamo di rincorrere l’orologio e iniziamo a decidere come impiegare le nostre ore, recuperiamo una forma preziosa di libertà. Il tempo non è solo una misura cronologica: è la materia di cui è fatta la nostra vita.

La sindrome del “non ho tempo” non si cura correndo di più, ma rallentando. Non si supera aggiungendo impegni, ma imparando a selezionarli. E soprattutto, non si risolve cercando il tempo altrove: si risolve imparando a crearlo dentro di noi, scegliendo con cura dove investire le nostre energie.

Essere padroni del proprio tempo significa essere padroni della propria vita.

Psicologa, Psicoterapeuta, Criminologa, Giornalista, Blogger, Influencer, Opinionista televisiva.

Autrice di numerosi saggi e articoli scientifici.

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