“Io che ho avuto tutto, io che non mi basto mai, lo so, lo so, tre minuti, solo tre, ci metto per tornare a amare te (…) prendimi e poi lasciami senza anima come fossi di plastica (…) è tutto molto semplice, quello che mi immagino (…) ma io non ho più dubbi, mi tormento ancora un po’”. Eppure, la vita non è, a volte, tanto semplice, regala itinerari inaspettati dove si apre un viatico nuovo fatto di lacrime, fatica, sogni, desideri, illusioni, dolori, attese e possibilità. Per Carlotta Proietti c’è un’eredità nell’eredità, lasciata da suo padre. Gigi Proietti ha costruito un immenso patrimonio artistico che adesso è custodito dalle figlie e dalla moglie. Tre donne con in mano un immenso lascito dialogico e artistico, culturale e sociale, teatrale e imprenditoriale da coltivare, tenere in vita, donare alla conoscenza e al mondo dello spettacolo. Carlotta Proietti non solo protegge e ha cura di ciò che Gigi Proietti ha lasciato loro, ma è anche un’attrice, una cantante, una produttrice con in tasca un sogno: quello di diventare regista. Il suo sogno, coltivato sin da bambina, come ha fatto con la musica, è lì in attesa di essere schiuso nel panorama artistico. Carlotta si racconta con delicatezza ed emozione, ci conduce a piccoli passi all’interno del suo mondo, aprendosi e regalandoci importanti passaggi della sua vita.
Prima di tutto: grazie! Sei stata molto gentile, hai subito accolto la mia proposta cosa che non accade mai.
È una richiesta normale.
Generalmente rinviano tutti all’ufficio stampa, invece con te è stato tutto semplice.
Ho visto che hai una pagina molto bella, curata. Non ti ho chiesto nulla sull’intervista, immagino mi dirai tutto adesso.
Certo che sì! Ho un blog giornalistico iscritto al registro stampa del Tribunale di Arezzo, le interviste vengono inserite nel blog e poi, dopo qualche giorno, nel feed del mio profilo Instagram.
Bene.
Veniamo all’intervista: Carlotta chi è?
Sono un’attrice, una cantante e, adesso, una produttrice. Nella mia famiglia siamo un tutt’uno con il lavoro. Questo è ciò che mi viene da dirti, i fatti sono questi. Posso dirti che ho una passione assoluta per la musica.
Che cos’è per te la musica?
La musica è protagonista nella mia vita sin da quando ero una bimba. Ha sempre accompagnato ogni momento della mia vita dal più bello al più denso di sacrificio. Ogni stato d’animo e ogni scelta lavorativa hanno avuto come sottofondo la musica.
E il teatro?
Stessa cosa vale anche per il teatro seppur in maniera diversa. Ecco questa sono io! Ogni itinerario della mia vita professionale è ricamato da e con la musica, intersecata e radicata nel teatro con il vento nuovo del cinema e spero presto con la regia a far cornice a questo andare nella vita professionale.
Perché non hai scelto di fare solo la cantante?
I miei primi lavori sono stati più come aiuto regia o assistente alla regia. Il mio sogno nel cassetto è fare regia. Tuttavia, fino ai miei trent’anni ho sempre lavorato con la musica, cantando all’interno di varie band e scrivendo canzoni. Ho provato a fare un disco, un altro ancora ma …
Cosa è accaduto?
Ho capito che il mondo discografico non mi apparteneva. Mi sono scontrata con alcune realtà con le quali non mi trovavo. Ho compreso una cosa importante: la musica può camminare parallelamente ad altro. Mi sono trovata a cantare in varie situazioni ma mi sono resa conto che nel palcoscenico ero un tronco di legno, c’era qualcosa che non stava funzionando. Così mi sono resa conto che avrei dovuto apprendere delle nozioni tecniche per stare nel palcoscenico per poter cantare, ho iniziato a studiare in funzione di questo.
Tant’è?
Ho scoperto un altro mondo che conoscevo solo collateralmente perché ci sono cresciuta dentro, però non lo avevo mai sperimentato in prima persona.
Così?
È sopraggiunta la recitazione nella mia vita, seppur tardi rispetto ad altri amici attori. Scoprendo questo, da cosa nasce cosa, ho fatto l’esperienza della gavetta teatrale.
Adesso?
Sono una decina d’anni che ho costruito le mie situazioni. Così la mia carriera di cantante si è fermata. So che è una bella ambizione, mi piacerebbe riuscire a lavorare in situazioni dove oltre a recitare posso anche cantare.
Un musical?
In realtà il musical è un altro mondo ancora, non lo conosco, prediligo la commedia musicale, non dove necessariamente la canzone racconta la storia ma supporta l’insieme della commedia. Oppure, come lavoriamo al Globe Theatre, dove alcuni allestimenti prevedono musica, questo mi diverte sempre tanto.
Quanto è difficile essere figli d’arte?
È abbastanza complicato.
Perché?
Ci sono due aspetti: il primo perché in qualche modo influisce sulla tua vita sia personale sia professionale su più livelli. Il secondo: perché ci metti tanto a comprenderlo. Finché sei piccolo non ti rendi bene conto, poi crescendo le cose acquistano una declinazione diversa. Io e mia sorella, ad esempio, siamo tanto, tanto diverse. Io, da piccola, adoravo andare a teatro, tanto che andavo sempre con mio padre portandolo in giro come se fosse una sorta di trofeo. Ero molto orgogliosa di lui. Mia sorella, invece, si vergognava di tutte le attenzioni che la gente riversava su nostro padre.
Era timida?
Si, era ed è timida. Infatti, la stessa cosa vale anche adesso.
Cosa vuoi dire?
Intraprendendo questo tipo di carriera sei spesso visto attraverso un filtro, essendo figlia d’arte, diciamo che è una situazione complessa.
Ovvero?
Tu cerchi di presentare te stessa, di mostrare la tua identità ma ti senti confrontare con un’altra realtà, quella di mio padre, una realtà molto importante. Lui non era uno qualsiasi. Ha avuto un’immensa popolarità oltre che tanto affetto e stima dal suo pubblico. Così nei miei confronti c’è amore automatico perché sono la figlia di, poi c’è tutto il resto.
L’attesa per ciò che sei?
Esatto! È complesso.
Hai studiato alla scuola di recitazione di tuo padre?
No, no. La scuola di mio padre – non tutti lo sanno – ma ha chiuso molto prima che io fossi in età adeguata a fare qualsiasi scuola. La scuola che ho frequentato era di una sua allieva. Fu proprio lei a dirmi: “perché non vieni a fare un po’ di lezioni”.
E la regia, perché è in attesa?
Ne ho il terrore! Giuro, come tutti i grandi sogni fanno paura. Ora, forse, non mi sembra nemmeno vero di dirlo, si sta tramutando in realtà. Devi sapere che sono curiosissima, mi piace imparare tutto, soprattutto in questo mestiere, ho fatto un corso di luci …
Tutto a piccoli passi?
Si, ne ho abbastanza paura, anche se mi accorgo sempre di più che quando sono dietro a fare l’aiuto alla regia sono nel mio mondo, vivo per quello, non penso ad altro. Sapere se sei capace o no ha bisogno di tempo e tanto studio, di una vera gavetta. Non sono d’accordo con chi si improvvisa, è un lavoro serio a cui va portato rispetto e professionalità. Ho bisogno ancora di acquisire degli aspetti tecnici importanti prima di fare la mia prima regia. Non sarebbe rispettoso.
Soprattutto per te stessa?
Si. La formazione è un ramo importante nel nostro mestiere seppur, in questo periodo storico, non è in una fase ottimale. Ci sono delle scuole fantastiche e altre meno. Si tende alla velocità, al tutto e subito, prediligendo alcuni aspetti anziché altri molto importanti.
Tu sei anche produttrice?
Come famiglia siamo sempre stati soci della nostra società di produzione, negli ultimi tre anni -adesso più che mai – io e mia sorella siamo molto più coinvolte in prima persona anche nelle decisioni. Prima era tutto sulle spalle di nostro padre. La stagione del Globe e altro rientrano all’interno delle nostre decisioni, devi così imparare nuove dinamiche che non devono escludere il lato artistico seppur devi fare i conti con altri aspetti, da quello economico a quello burocratico fino all’artistico.
È stato difficile?
Inizialmente non è stato semplice, è totalmente diverso da quello artistico, ma devo dire che soprattutto in questo periodo bisogna essere in grado di fare l’imprenditore di sé stessi sapendo come funziona il lavoro dall’inizio alla fine non soltanto imparare un copione. È molto interessante e coinvolgente, ti apre gli occhi su aspetti che prima non prendevi in considerazione.
Producete solo spettacoli teatrali?
Al momento si. In realtà la nostra società ha prodotto anche spettacoli televisivi, il grosso delle produzioni è per gli spettacoli shakespeariani. Sono produzioni importanti. La cosa che mi dà gioia è il ramo di politeama che sviluppa sempre di più la drammaturgia contemporanea, sono spettacoli più piccoli, più leggeri anche da un punto di vista delle persone, degli attori, ma molto interessanti.
Un impegno importante?
È un grosso impegno, soprattutto una grossa responsabilità. Il poter dar lavoro a delle persone, mio padre me ne parlava sempre, lo capivo ma non nella sua complessità; invece, adesso lo comprendo nella sua totalità, è molto bello. Ti gratifica. Oggi produrre teatro è diventato un lusso.
È anche una maniera per tener in vita l’anima di un padre così significativo per la cultura teatrale, la cultura artistica?
Decisamente. È passato un anno e mezzo da quando è mancato papà, ti accorgi che c’è un tempo per riabituarti a una situazione nuova cercando di trovare un nuovo equilibrio, lo devi scoprire e poi conoscere, ci sono tanti sacrifici, difficoltà, ostacoli, tanti cambiamenti. Tra questi una delle cose a cui teniamo molto è la costituzione di una Fondazione a nome di mio padre così come continuare a produrre ha per me una valenza enorme. Sono sicura che mio padre tenesse molto al fatto che noi continuassimo a fare teatro.
Al di là di essere un grande artista Gigi Proietti era un uomo etico dal cuore grande?
La correttezza per lui era parte integrante del suo carattere, del suo essere persona. La cosa bizzarra della nostra famiglia è che dopo questo lutto importante abbiamo dovuto ritrovare la nostra collocazione, il nostro equilibrio; tuttavia, abbiamo un aspetto privato e uno pubblico per cui soprattutto in questa prima fase è inevitabile che le cose camminino parallelamente. È molto complesso, avendo però avuto delle basi solide mi sento tanto, tanto fortunata. Noi ci teniamo molto a conservare la memoria di nostro padre cercando di continuare su quella linea morale e di rispetto che ci ha insegnato.
Progetti?
In realtà molti, il Globe è una grossa fetta, da quest’anno ci sarà una direzione artistica nuova. Ci sono tante idee, soprattutto per la prossima stagione, bisognerà capire se saremo riconfermati ancora considerando che il nostro contratto termina alla fine del 2022. Il prossimo anno saranno venti anni per cui abbiamo davvero molte idee, sempre su una linea di continuità. Bisogna sempre comporre una stagione cercando di soddisfare il pubblico. La grande novità è che quest’anno il Globe per la prima volta – era un sogno di tutti noi da anni – il Globe uscirà dal Globe. Dovrebbe andare in giro uno spettacolo – ancora non posso dire di più – per una tournée, oltre che essere una grande novità è un grande impegno. Parallelamente, forse, farò la mia prima regia verso la fine di quest’anno. Adesso imminente ci sarà la Fondazione – non vediamo l’ora che sia operativa – sarò in scena con uno spettacolo leggero, divertente che s’intitola: Tacchi misti, con altre tre colleghe molto brave. Poi, di idee e progetti ne ho ottomila, ma mi fermo qui.
Una sceneggiatura in tutte queste cose in cui sei impegnata?
Questo è proprio un altro mestiere. Ho provato a scrivere, sono una persona che scrive molto, per me la scrittura è una valvola di sfogo, però scrivere una sceneggiatura dall’inizio alla fine non sono mai riuscita a fare. Ci vuole una tecnica ma credo sia proprio un altro tipo di dono. Quindi se ho delle idee, degli spunti ne parlo con un autore.
Vuoi aggiungere qualcosa altro?
No, ti ringrazio tanto.
Io ringrazio te!