Non serve un evento straordinario per raccontare una storia. A volte, il più grande spettacolo è semplicemente un giorno qualunque. Ecco perché oggi ho deciso di raccontarti una giornata qualsiasi della mia vita: niente appuntamenti disastrosi, niente fantasmi, niente oche in fuga (per ora). Solo… me. E tutto quello che questo “qualunque” porta con sé.
La sveglia suona alle 7:42. Sì, non è un orario preciso. È il mio compromesso tra l’ambizione e la realtà. Apro un occhio, poi l’altro. Controllo il telefono. Nessun messaggio d’amore. Solo un’offerta su un cuscino cervicale vibrante e un promemoria per cambiare la bombola del gas. Romanticismo allo stato puro.
Colazione: una tazza di tè alla malva (che continuo a bere sperando in effetti miracolosi) e due fette di pane tostato. Il tostapane mi guarda con aria ostile – ieri l’ho maltrattato urlando “non sei il mio problema peggiore!” – e oggi mi restituisce fette bruciate. Karma da cucina.
Mi preparo per la giornata. Vestito comodo, trucco minimal, maschera viso mentre cerco i miei orecchini preferiti (che, ovviamente, sono spariti nel triangolo delle Bermuda del mio comodino). Un’occhiata allo specchio e un pensiero: “Ok, non sono la Pippa dei giorni migliori… ma nemmeno quella dei peggiori. Quindi oggi va bene così.”
Esco per andare al giornale. Sulla via incontro la signora Huxley che mi racconta per la quarta volta che il figlio ha cambiato macchina. Le sorrido e ascolto, anche se nella mia testa sto già scrivendo l’incipit di un nuovo articolo: “La tragica epopea della berlina familiare”.
In redazione, Jenkins mi chiede un pezzo sul nuovo piano viabilità del villaggio. Cerco di fingere entusiasmo mentre mi chiedo: “Cosa posso scrivere su tre sensi unici e una nuova rotonda? Forse un thriller.” Ma poi arriva Gavin, che propone di farne una storia d’amore tra due cartelli stradali incompatibili. Amo quest’uomo.
Pranzo rapido con Rachel, che mi aggiorna sui gossip locali tra un panino e un martini (sì, a pranzo… dice che stimola la digestione e la sincerità). Torno a casa nel pomeriggio, con la testa piena di idee, storie e briciole.
Nel pomeriggio, scrivo. Poi faccio una videochiamata con Vivian che mi mostra l’ultimo cappello acquistato. Un mostro piumato degno di un evento alla Royal Ascot. Lei è felice, io la adoro. Kate mi manda un messaggio: “Oggi ho divorziato una coppia che litigava per una lampada IKEA. La gente ha perso il senso della misura.”
La sera arriva lenta, come un vecchio film in bianco e nero. Mi preparo la cena (a volte gourmet, a volte solo crackers e hummus), accendo le luci soffuse e… rifletto. Su ciò che ho. Su ciò che manca. Su ciò che forse non arriverà mai. Ma senza malinconia. Solo con quella dolce consapevolezza che anche un giorno qualunque, se vissuto con ironia e cuore leggero, diventa un piccolo capolavoro.
Mi metto sul divano, tisana alla mano, maschera sul viso, pigiama con gattini. E penso: “La mia vita sarà anche fuori copione… ma è la mia. E ogni sua pagina vale la pena di essere raccontata.”