Mirella Gregori, l’altra verità

C’era una volta una ragazza di quindici anni. Si chiamava Mirella Gregori. Viveva a Roma, in una famiglia semplice, piena d’amore. Una madre presente, un padre silenzioso, una sorella che la adorava. Scriveva su un diario, custodiva i suoi sogni, rideva con le amiche. Non c’erano ombre nella sua vita. Solo normalità. Quella normalità che ti fa credere che nulla di terribile possa mai accadere.

Ma il 7 maggio 1983 accadde.

Una telefonata. Un citofono. Una voce. Mirella esce di casa. Dice “torno subito”. Non torna mai più. Da quel momento, una porta si chiude. E dietro quella porta non svanisce solo una ragazza, ma anche la fiducia, la verità, la giustizia. Per più di quarant’anni, il nome di Mirella è rimasto in secondo piano, sepolto dall’eco di un’altra sparizione: quella di Emanuela Orlandi. Due storie parallele, due ragazze svanite a un mese di distanza, nella stessa città. Due famiglie che cercano, invocano, resistono. Eppure, su Mirella è calato un silenzio pesante. Colpevole.

Un silenzio che Mauro Valentini ha deciso di spezzare. Giornalista, scrittore, ricercatore della verità, ha scavato nel passato, ha raccolto le voci rimaste, ha ridato volto e dignità a una storia dimenticata. Questa non è un’intervista. È un atto di giustizia. È una promessa di memoria. Questa è la voce di chi non ha mai smesso di chiedere: “Perché Mirella?”.

 

Mauro, il tuo impegno nella ricostruzione della vicenda di Mirella Gregori è noto. Ma partiamo dall’inizio: chi era Mirella?

Mirella era una ragazza di quindici anni, con una vita normalissima, una famiglia molto presente, tanti sogni e un diario dove annotava tutto. Non era una ribelle, non frequentava ambienti pericolosi. Il 7 maggio del 1983, dopo aver risposto al citofono, è uscita di casa e non è mai più tornata. Il 7 maggio del 1983 era un giorno qualunque che si è trasformato in un enigma lungo quarant’anni.

Cosa ti ha colpito così profondamente da decidere di scrivere di lei?

Il silenzio. Il vuoto assordante lasciato attorno al suo caso. Mentre tutti parlavano di Emanuela Orlandi, Mirella veniva dimenticata. Eppure, ci sono incredibili analogie tra le due scomparse. Una telefonata, una bugia, una sparizione nel nulla.

Nella vita di Mirella e della sua famiglia una porta si chiude per sempre dietro di lei. Ce ne parli?

Sì. La porta della casa di Mirella. La ragazza esce di casa. Poi, più nulla. È come se quella porta di casa chiusa dietro di lei avesse inghiottito non solo Mirella, ma anche la verità.

Con la famiglia Gregori c’è stata una stretta collaborazione per la stesura del libro su Mirella. Che impressione ti hanno dato?

Dolore. Ma anche dignità. La madre, la sorella Maria Antonietta, sono donne che hanno trasformato la loro sofferenza in una battaglia. Il padre invece, più silenzioso. Ma entrambi uniti da una sola domanda: “Perché Mirella?”

Nel tuo lavoro emerge anche la figura della sorella di Mirella. Che ruolo ha avuto?

Fondamentale. Ha conservato ogni frammento della sorella, ogni oggetto. Ha tenuto viva la sua memoria, come una guardiana silenziosa. La stanza di Mirella è ancora lì, ferma nel tempo.

Ti capita mai di immaginarla oggi?

Spesso. Me la immagino con lo stesso sguardo dolce, ma con gli occhi di una donna adulta. È difficile pensare a lei ferma nel tempo, ma per la sua famiglia Mirella è un eterno presente.

Hai mai avuto la sensazione che qualcuno volesse insabbiare il caso?

Sì. Ci sono segnali evidenti. Archiviazioni affrettate, testimoni ignorati, informazioni che spariscono. E ogni volta che ti avvicini alla verità, qualcosa cerca di fermarti.

Pensi che ci siano persone ancora in vita che sanno?

Sì. Ne sono certo. Ma non parlano per paura, o perché protette. Ma il tempo è un grande alleato: prima o poi, qualcuno parlerà.

C’è ancora speranza?

Finché se ne parla, finché ci sono occhi che osservano e mani che scrivono, c’è speranza. Ogni storia irrisolta è una ferita aperta. Secondo me siamo a un passo. L’ultimo miglio… e i responsabili della morte di Mirella sono tra coloro che sono stati nominati nelle carte tra amici e conoscenti. Sono tra loro. Ci arriveremo a capire chi sono e perché lo hanno fatto. Ne sono certo.

Cosa ti spinge ad andare avanti?

Il dovere della memoria. Credo che anche la più piccola verità raccontata possa fare la differenza. E io voglio essere quella scintilla.

Se dovessi racchiudere tutto in una frase?

Non dimenticate. Mirella è la storia di tante ragazze. La verità non è un lusso. È un diritto.

Grazie Mauro, per il tuo coraggio.

Grazie a te.

Ci sono storie che si allontanano nel tempo come nebbia che svanisce all’alba. E poi ci sono storie che restano. Ostinate. Dolorose. Vive. La storia di Mirella Gregori è una di queste. Una ragazza di quindici anni scomparsa in un pomeriggio qualunque. Una famiglia che non ha mai smesso di cercarla. Una porta chiusa che da quarant’anni attende di essere riaperta. Non solo per Mirella, ma per tutte le verità dimenticate. Per tutte le verità negate. In questo viaggio fatto di parole, di silenzi e di ombre, abbiamo ascoltato la voce di chi ha avuto il coraggio di guardare oltre. Di scavare dove nessuno voleva scavare. Mauro Valentini ha riportato alla luce non solo un volto, ma una coscienza. Un’urgenza. Una domanda che brucia.

 “Perché Mirella?”.

Forse non abbiamo ancora tutte le risposte. Ma abbiamo la voce. Abbiamo la memoria. Abbiamo il dovere di non dimenticare. E finché qualcuno racconterà, finché ci sarà chi si siederà davanti a un microfono o davanti a una pagina bianca per restituire dignità a chi è stato inghiottito dall’oblio, allora la giustizia sarà ancora possibile. Per Mirella. Per la sua famiglia. Per tutti noi.

Psicologa, Psicoterapeuta, Criminologa, Giornalista, Blogger, Influencer, Opinionista televisiva.

Autrice di numerosi saggi e articoli scientifici.

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