Al Teatro Trastevere in Roma andrà in scena l’opera teatrale “MATCH”, uno spettacolo scritto e diretto da Alessandro Giova, interpretato da Giacomo Costa e Francesca D’Urso.

La storia si dipana in un itinerario avvincente e ricco di spunti di riflessione.
Marta, una social media manager in cerca di nuove amicizie e Antonio, un giovane ragazzo che fugge da ogni responsabilità, sia lavorativa che sentimentale, si conoscono attraverso un’app di incontri. Tra loro scatta il famoso MATCH e tra i due inizia una faticosa ricerca di compatibilità al di fuori della barriera digitale dei loro smartphone.

Foto Giulia Barocas


MATCH
è una commedia amara che parla di relazioni al tempo delle barriere digitali. In un mondo iperconnesso le persone hanno perso la capacità di relazionarsi ed esprimere le proprie emozioni di fronte agli altri. Per questo motivo la struttura del testo è incentrata sul duplice binario dei messaggi vocali e dei dialoghi diretti. I dialoghi diretti saranno asciutti, taglienti, freddi, che evidenziano una reale difficoltà di esprimersi. Al contrario, i dialoghi indiretti, ovvero quelli che avvengono al di qua del muro digitale attraverso i messaggi vocali, sono leggermente più articolati. Altro focus della commedia è la paura, la paura dell’altro, dell’impegno, la paura di investire in qualcosa, la manipolazione della realtà propria e dell’altro. Il non detto è la parte di testo più ricca, un testo ipotetico che viene scritto contro un muro invisibile e diviene così illeggibile. Lo spettacolo porta in scena l’esperienza quotidiana. Due grossi smartphone di circa 1 metro e 70 costituiscono gli elementi scenografici dello spettacolo, i personaggi vi sono letteralmente rinchiusi. Un tentativo di teatralizzare ciò che comunemente viviamo attraverso un piccolo schermo. Lo spettacolo sarà corredato da momenti performativi e musica live.

Abbiamo intervistato Alessandro Giova.

Buongiorno Alessandro, che MATCH stiamo giocando?

Stiamo giocando con i sentimenti. Il termine MATCH ha un curioso significato ambivalente: da una parte abbiamo “simile”, “uguale” o in senso figurativo “unione”; dall’altro il termine MATCH richiama alla mente la competizione, una partita tra due parti che si affrontano per avere la meglio sull’altra.

Match è l’unione di due persone che sono compatibili sulle app di incontri, ma dal loro incontro nasce poi una partita insidiosa con i propri sentimenti e non sempre questa presunta compatibilità diventa un’unione.

Quando la partita si fa dura che cosa accade?

Oggi credo che si fugga da sé stessi, dall’ascolto dei propri sentimenti. Non si vuole affrontare quel MATCH durissimo, si alza bandiera bianca. Si scappa o come si dice oggi si “ghosta”.

Chi sono i protagonisti della sua opera teatrale?

Sono Marta e Antonio, due giovani che si incontrano attraverso Tinder. Tra loro scatta il famoso MATCH. Da quel momento inizia una difficile ricerca di compatibilità nella vita reale.

Chi è Marta?

Marta lavora come Social Media Manager e nutre la passione per la musica, suona e canta cover che pubblica sui suoi profili social (nello spettacolo verranno eseguiti brani dal vivo). Il suo lavoro la porta a vivere una esistenza relegata dietro un computer o uno smartphone. Per questa ragione, non avendo molti contatti con persone reali, su suggerimento di un’amica scarica ed inizia ad usare Tinder per fare nuove amicizie. Marta è aperta, sveglia, forse un po’ fragile. Cerca l’amore probabilmente, non lo ammette mai né di fronte agli amici, né di fronte a se stessa.

Chi è Antonio?

Antonio è un giovane ragazzo che usa Tinder come se fosse un grande supermercato delle relazioni usa e getta. Non ama il coinvolgimento, le responsabilità, mantiene una certa distanza in tutti i rapporti che vive. Ha un animo gentile probabilmente, ma lo nasconde indossando la maschera del donnaiolo che vive al massimo e in maniera libera. È appassionato di viaggi e cucina.

Quanto i social strutturano la nostra esistenza?

Pienamente. In un recente studio letto di recente, c’era una statistica interessante su quanto sia cambiato dagli anni ‘30 ad oggi il modo con cui si conoscono persone o come nascono le relazioni. Fino agli anni ‘90 le persone si conoscevano prevalentemente partendo da una cerchia comune di amici. L’avvento di internet ha totalmente rivoluzionato il modo in cui ci relazioniamo: oggi il 60% delle coppie si conosce attraverso la rete. I social ormai sono parte integrante della nostra vita, il che non è un male in sé, amplia le possibilità di incontro, possiamo entrare in relazione con persone che forse non avremmo mai avuto la possibilità di incontrare senza essere connessi ad una rete.

La solitudine social quanto è permeante?

Io non vedo i social come strumenti di solitudine. Anzi, credo che siano strumenti in grado di creare addirittura un iper-relazione. Siamo in contatto con molte più persone rispetto al passato. A volte però siamo talmente assuefatti da questa sovrabbondanza di relazioni digitali, che dimentichiamo che esiste anche il canale di relazione nella vita non digitale.

Il digitale quanta solitudine crea?

Il digitale crea rete e relazioni, ci permette di restare in contatto anche con persone lontane. Ho amicizie che ormai vivono lontane, ma grazie ai social e agli strumenti moderni riusciamo a sentirci spessissimo anche se abbiamo poche occasioni di vederci dal vivo. Al contrario, vecchie conoscenze che non sono presenti sui social non ho più la possibilità di vederle o sentirle, non ho idea di cosa facciano nella vita e non so se riuscirò mai a rivederle. Il digitale dunque è un ottimo strumento per ampliare la propria rete sociale o mantenere vivi i rapporti. La solitudine subentra quando il reale ci spaventa, tanto da farci chiudere in una esistenza puramente digitale.

Qual è il focus della commedia?

La commedia ruota intorno all’incontro tra Marta e Antonio attraverso l’app Tinder. Amore e relazioni sono il focus principale. La vicenda si snoda lungo due binari che corrono paralleli: la comunicazione diretta e quella indiretta, ovvero quella degli incontri fisici tra i personaggi e quella della loro vita virtuale, fatta di condivisioni social e soprattutto messaggi vocali. Vediamo una storia e sentiamo il racconto di essa che i personaggi ne fanno attraverso i messaggi vocali. C’è una manipolazione continua della realtà e dei propri sentimenti. Anche la comunicazione dei due contesti è molto diversa: quella dei messaggi vocali è molto ricca e articolata, quella degli incontri reali asciutta, diretta, evasiva, spaventata. Nella commedia i personaggi sono chiusi dentro le loro gabbie digitali, in scena ci sono due grandi smartphone di circa 160 cm all’interno dei quali si svolte gran parte della loro vita. Un tentativo di teatralizzare l’esistenza quotidiana.

Chi sono i suoi compagni di viaggio?

I due personaggi sono interpretati da Giacomo Costa e Francesca D’Urso. Giacomo è un collega con cui condividiamo tanti progetti, ci siamo conosciuti nel 2019 durante la tournée  de “L’uomo, la bestia e la virtù” di Pirandello, con regia di Giancarlo Nicoletti. È nata subito una sintonia e abbiamo cominiciato ad investire su progetti comuni. È entrato nel cast di Alieni Nati con cui abbiamo vinto al Fringe di Catania nel 2022 e insieme abbiamo creato Artax Compagnia Teatrale. È  un compagno di avventura indispensabile. Francesca è una giovane attrice classe 2002 che abbiamo selezionato attraverso provino. Recita, suona e canta. Ci ha colpito molto al primo provino, le abbiamo fatto un call back chiedendo di cambiare strada rispetto al primo provino e chiesto di preparare una cover di What can I dodi Scout Niblett. Ci ha convinto moltissimo la sua capacità di intraprendere strade nuove restando credibile. Ha una meravigliosa verità scenica. Seria, affidabile e precisa, flessibile. La sto conoscendo prova dopo prova e posso dire che è stata davvero una bella scoperta. È una ragazza che può dire tanto anche a livello cinematrografico.

Progetti?
Molti. Alcuni sono solo nella testa. Per il momento si porta avanti Match e la tournée di Alieni Nati. Ci sono inoltre altri progetti  in collaborazione con altri gruppi, come Harry e Supermarketfobia, che stanno avendo buoni riscontri. Mantengo il focus sul presente.

Sogni?

Il sogno è fare crescere Artax Compagnia Teatrale come realtà artistica e riuscire a coinvolgere il pubblico giovane. Abbiamo un’impronta contemporanea, cerchiamo di raccontare storie moderne. Alieni Nati è un progetto che piace molto ai giovani, credo sarà così anche per Match. Si procede a piccoli passi, non mi lascio più abbagliare molto dal termine “sogno”, con la maturità e l’esperienza si acquisisce pragratismo e concretezza.

Sassolini nella scarpa?

Forse il sassolino più grande è essere riusciti a fare oltre 30 repliche di Alieni Nati e distribuirci in autonomia quando tutti ci dicevano che era impossibile far vivere gli spettacoli dopo il debutto. Spesso si recrimina la mancanza di distribuzione e appoggio per i gruppi indipendenti, ma esistono infinite possibilità, anche per i gruppi più piccoli, di ritagliarsi degli spazi e coltivare il proprio progetto di compagnia. Io e Giacomo abbiamo passato l’inverno scorso attaccati al telefono e siamo riusciti a seminare e costruire una discreta tournée. Al di fuori dei grandi circuiti che si appoggiano a grandi nomi, esiste un sottobosco ricco, pimpamte e vivo. Bisogna darsi un gran da fare tra email e telefonate,  ma alla fine dalla scarpa cade molto più di un sassolino.

Vuole altro?
Vorrei che funzionassero le metro a Roma. E meno capelli bianchi

 

Psicologa, Psicoterapeuta, Criminologa, Giornalista, Blogger, Influencer, Opinionista televisiva.

Autrice di numerosi saggi e articoli scientifici.

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