Una notte di marzo del 1998, in un piccolo borgo pugliese, tre ragazze si ritrovano per studiare. Una di loro non tornerà più a casa. Le altre due saranno libere nel giro di quindici anni. Il movente? Non il diavolo. Ma qualcosa di più umano, e più feroce.

Castelluccio dei Sauri, provincia di Foggia. Un nome che sa di quiete, vicoli silenziosi e piazze battute dal sole. Ma anche nei luoghi più pacifici, il male può trovare la sua strada. E spesso, ha il volto di chi ti chiama “amica”.
Nadia Roccia ha diciotto anni, è una studentessa modello, gentile, rispettata. Quel tipo di ragazza che sembra avere tutto: bellezza, intelligenza, prospettive. Annamaria Botticelli e Mariena Sica sono le sue coetanee, compagne di studi, amiche di lunga data. Ma sotto quella superficie si nasconde qualcosa di rotto. Un rancore. Un’ossessione. Un desiderio insaziabile di fuga.
Una notte, un piano. E un’esecuzione.
Il 14 marzo 1998, le tre ragazze si trovano nel garage di casa Botticelli. Pretesto: studiare. Realtà: un agguato. Nadia viene aggredita prima con una sciarpa, poi con le mani. Resiste, lotta, ma non basta. Viene strangolata. E quando il corpo cade, le altre due non si fermano. Preparano una messinscena: una finta lettera di suicidio, firmata da Nadia con l’inganno. Un racconto freddo e incoerente. E una versione ufficiale da recitare: “Era depressa. Era innamorata di Annamaria. Si è uccisa.”
Non regge. La verità si fa strada tra le bugie. E con essa, le ombre di un movente tutt’altro che simbolico.
Il sogno americano come miccia del delitto
Annamaria e Mariena avevano un piano: fuggire negli Stati Uniti. Cambiare vita. Scappare da quel paese che sembrava soffocarle. E pensavano che Nadia potesse aiutarle, tramite uno zio emigrato. Ma quando Nadia si tira indietro, quel sogno va in frantumi. E con esso, la loro tolleranza. Non la vedono più come amica. La vedono come nemica. Ostacolo. Traditrice.
Ucciderla diventa un modo per “correggere” la realtà.
Il diavolo non c’entra. O forse sì, ma solo come scusa.
“Lucifero è nelle mie mutandine”, sussurra una delle due durante un’intercettazione. In casa loro vengono trovati disegni esoterici, specchi, simboli ambigui. Per un attimo, si pensa al satanismo. Ma è solo fumo negli occhi. Un depistaggio goffo, studiato per confondere. Nadia è morta per motivi terreni: delusione, invidia, delirio di onnipotenza.

Il diavolo, in fondo, è solo un alibi quando l’orrore ci sembra troppo banale per accettarlo.
Due assassine. Una dominante. L’altra devota.
Annamaria prende il comando. Mariena la segue. Due ragazze fragili, chiuse in un legame simbiotico, morboso. Mariena ha perso il padre da neonata. Annamaria racconta di sognarlo, di ricevere da lui ordini omicidi. È delirio? O una scusa? Forse entrambe le cose.
Ciò che conta è che si sentono invincibili. Per qualche tempo lo sono.
La giustizia arriva. Ma non per sempre.
Le due vengono arrestate. Processate. Condannate inizialmente all’ergastolo. Ma la perizia psichiatrica parla di parziale infermità mentale. Le pene si riducono. Dopo 15 anni, sono entrambe fuori. Una vive forse in Veneto. L’altra in Toscana. Lontane dal clamore, come vuole il diritto. Ma non lontane dalla memoria.
E Nadia? Nadia non c’è più.
Una ragazza di diciotto anni. Una vita piena di possibilità. Strappata via non da un estraneo, non da un assassino seriale, ma da chi conosceva le sue paure, i suoi sogni, la sua voce. E proprio per questo ha saputo colpirla meglio.
La domanda che resta
Come si può arrivare a uccidere un’amica? Come può l’invidia trasformarsi in strangolamento? E cosa non ha funzionato nei giorni, nei mesi, nei segnali che avrebbero potuto evitare tutto questo?

Perché questa è una storia che parla di adolescenti, sì. Ma anche di adulti assenti. Di scuole distratte. Di famiglie ignare. Di un mondo che non ha visto, non ha ascoltato, non ha capito.
E che, troppo spesso, preferisce credere ai miti – il diavolo, l’esoterismo, il male assoluto – piuttosto che affrontare la verità più terribile: che il male, a volte, nasce da un sorriso. E siede con te sullo stesso banco.









