Labubu: il mostriciattolo che ha rubato il cuore degli adulti

C’è un piccolo essere con i denti aguzzi, le orecchie da folletto e l’espressione perennemente imbronciata, che ha conquistato milioni di cuori. Si chiama Labubu, ed è tutto fuorché un giocattolo qualsiasi. Per alcuni è solo un pupazzetto con occhi vispi e sembianze strane. Per altri, è una vera e propria ossessione gentile. Una passione che profuma di nostalgia, arte e fuga silenziosa dalla realtà.

Ma chi è davvero Labubu?

Nato dalla mente visionaria dell’artista Kasing Lung, Labubu è un personaggio ambiguo: un po’ tenero, un po’ inquietante. È come se un Gremlin fosse passato per le mani di Tim Burton e avesse fatto amicizia con uno spirito della foresta. Non parla, non ride, non consola. Ma osserva. E chi lo guarda indietro, spesso ci si ritrova dentro.

Una creatura incompresa che ci rappresenta

Labubu è l’alter ego dell’invisibile. Di chi si sente fuori posto. Di chi ha il cuore pieno ma la faccia chiusa. È il simbolo di un’epoca in cui gli adulti, schiacciati dal peso del dover essere, cercano rifugio nei piccoli mondi dove ancora si può sognare senza giudizio.

Collezionare Labubu non è solo un vezzo: è un linguaggio muto tra chi si riconosce nei dettagli imperfetti, nei colori pastello e nelle piccole serie da scovare una a una. È un rituale. Aprire le blind box come si scarta una speranza. Pregare che dentro ci sia la variante rara, la mistery, la versione glow-in-the-dark o quella vestita da unicorno.

Per molti, il momento in cui si apre una scatolina è sacro. Un attimo di infanzia ritrovata in mezzo al traffico, alle scadenze, ai problemi adulti.

Una comunità di creature simili

Su Instagram, TikTok e nei gruppi Facebook si parla una lingua comune: quella del cuore che batte più forte davanti a una nuova release. Ogni collezionista ha la propria storia. C’è chi ha iniziato per gioco e ora ha scaffali interi. Chi colleziona solo i “dark” Labubu, chi solo quelli “fairy”. Chi aspetta le fiere POP MART come se fossero concerti rock.

E poi c’è la componente emotiva: Labubu è spesso il compagno muto di chi affronta ansie, dolori, traumi. Tenerlo sul comodino è come avere accanto un guardiano silenzioso che ti dice: “Va tutto bene. Sei strano, ma va bene così.”

Arte o feticcio?

C’è chi lo chiama giocattolo, chi “designer toy”. Ma Labubu è soprattutto un’opera pop, ironica, fragile e potente. Come tutte le cose che ci somigliano davvero. Alcune edizioni sono diventate introvabili, battute all’asta per centinaia di euro. Ma per i veri appassionati, il valore non è economico. È affettivo, simbolico, identitario.

Perché quando ami Labubu, in fondo, stai amando una parte di te che nessuno ha mai capito davvero. Quella che ancora sogna, si nasconde, si arrabbia, si commuove. E vuole solo essere lasciata in pace con i suoi mostriciattoli.

E tu? Qual è il tuo Labubu del cuore?

Nel mondo frenetico che ci vuole sempre adulti, perfetti e performanti, Labubu è la rivolta silenziosa dei cuori sensibili. Il grido tenero di chi sceglie, ogni giorno, di collezionare sogni a occhi aperti.

Psicologa, Psicoterapeuta, Criminologa, Giornalista, Blogger, Influencer, Opinionista televisiva.

Autrice di numerosi saggi e articoli scientifici.

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