La Papessa di Andrea Balzola sarà al Teatrosophia di Roma dal 16 febbraio per la regia di Carmen di Marzo. È un monologo per attrice dal progetto teatrale multimediale “Free Women suite”. È un monologo intimo e avvincente scritto da Andrea Balzola, che narra la storia della Papessa Giovanna, la donna che ha sfidato ogni legge e dettame del suo tempo (IX secolo), pur di affermare la propria identità. In un’epoca in cui la donna era discriminata fin dalla nascita come inadatta alla cultura e alla spiritualità, Giovanna si ribella, studia, si spinge oltre ogni limite fingendosi anche uomo, fino a rendere possibile l’impossibile: diventare Papa con il nome di Giovanni VIII. A metà tra storia e leggenda, la figura della Papessa diventa archetipo collettivo di coraggio e affermazione individuale, di conoscenza e solidità, come suggerito anche dalla misteriosa Papessa dei Tarocchi. La figura del monaco Johannes Anglicus, salita al soglio pontifico con il nome di Papa Giovanni VIII (dall’853 all’855), è stata l’unica figura di papa donna a lungo celata e volutamente oscurata per secoli dalla Chiesa Cattolica e poi riesumata dalla Riforma Protestante. Avvolta nella leggenda, ha lasciato tracce in molti documenti e anche in narrazioni eccellenti come “Le storie di donne illustri” di Giovanni Boccaccio. Dopo le recenti conferme storiche circa la sua esistenza (“Le pagine strappate” di Pietro Ratto, il ritrovamento di monete con la sua effige), il cinema e la letteratura hanno riportato alla luce la sua storia. Carmen di Marzo si racconta e ci racconta la sua Papessa.
Cara Carmen, grazie per questa intervista. Attrice, regista e anche autrice?
Recitare è la mia vita, ma i prolungamenti di questo lavoro sono sempre così stimolanti. Ti offrono una visione ancora più profonda e analitica delle cose.
Una curiosità: che cosa ti affascina della regia?
Mi sono avvicinata alla regia con grande umiltà e devo ringraziare Beatrice Schiaffino per avermi fortemente voluta in questo progetto. La regia mi affascina perché mi permette di lavorare sull’armonia delle parti. La regia organizza e miscela le cose, senza prevaricazioni. È una cosa che mi dona molta serenità.
Arriva “La Papessa”, ce ne vuoi parlare?
Credo sia un lavoro pieno di passione e di cuore. Con Beatrice abbiamo iniziato un lungo lavoro durante la pandemia ed è stato uno studio meraviglioso, complicato e anche coraggioso. Raccontiamo la figura della Papessa Giovanna, che secondo le leggende del Medioevo regnò durante il nono secolo fingendosi uomo. È un personaggio avvolto nel mistero, fra storia e leggenda e noi abbiamo cercato di analizzare il percorso di emancipazione di una donna che sfida la società del suo tempo per diventare ciò che vuole.
Perché oggi c’è bisogno di riprendere contatto con la propria dimensione interiore, quella più emozionale e spirituale?
Perché siamo vittime di una società che impone continuamente competizione e successo. La dimensione interiore è la cosa più importante da preservare. È lì che risiedono i nostri veri desideri e la nostra parte più intima e delicata.
In che cosa “La Papessa” può essere uno spunto di stimolo, motivazione e riflessione?
“La Papessa” è una grande riflessione sui meccanismi del potere, sulla voglia di inseguire i propri sogni, sulla voglia di studiare che è una grande salvezza, perché apre ed educa la mente mostrando i limiti di una cultura retrograda e maschilista. “La Papessa” è un inno alla donna e al suo potere creativo.
Oggi “La Papessa” potrebbe essere considerata un manifesto? Anche oggi le donne sfidano ogni legge e dettame del tempo, pur di affermare la propria identità.
Credo di si. Affermare la propria identità dovrebbe essere un diritto e non una lotta, ma senza i conflitti non si afferrano mai le conquiste che fanno la differenza.
Quanto è difficile oggi essere donna? E perché una donna deve sempre fare tanta fatica?
Oggi una donna può sicuramente costruire le sue certezze superando convenzioni e mentalità discutibili, ma una donna che porta con sé la grande consapevolezza di ciò che è e che può offrire, spaventa un lato della società. È duro a morire quel desiderio di definire, semplificare, incasellare una donna perché si cerca sempre il controllo e non la collaborazione.
La Papessa è un’eroina?
È una donna ignota che vuole il suo posto nel mondo.
A cosa Giovanna si ribella?
Ad una mentalità maschilista primitiva e velenosa, all’oscurità del suo tempo, ma a un certo punto si ribella anche a ciò che disperatamente ha voluto, senza considerare le conseguenze.
Giovanna costruisce la sua vita, il suo viatico esistenziale con il cuore e la testa, quanto è importante definirlo con questi presupposti?
Giovanna è certamente una donna che costruisce tutto mettendo sempre in relazione la mente e le pulsioni del cuore. Ha l’intelligenza di capire le sue doti e le sue risorse, ma non reprime la parte femminile quando scalpita e le ricorda chi è. E’ un simbolo di come il maschio e la femmina possono parlarsi, fare anche un braccio di ferro, ma con il massimo rispetto di sé.
Oggi la spiritualità c’è ancora?
Dobbiamo gelosamente custodirla. Vi è racchiusa la nostra identità.
E poi Giovanna diventa Papa, particolare ascesa per quell’epoca?
Un’ascesa scandalosa. Una donna che riesce a fingersi uomo diventando Papa e conquistando consensi sia fra il popolo, sia nella curia. Secondo la leggenda, il Pontificato di Giovanna (Giovanni VIII) è stato omesso da registrazioni storiche.
I tarocchi hanno una qualche ispirazione?
Sovrapponiamo il mito con il rimando agli Arcani dei Tarocchi. La Papessa rappresenta appunta un Arcano maggiore, il secondo. E come il numero 2, rappresenta dualità fra materia e spirito.
Come ha accolto il pubblico “La Papessa”?
Lo spettacolo ha avuto grandi consensi di pubblico e critica e ne sono orgogliosa, perché le tematiche sono scomode ma necessarie.
Chi sono i tuoi compagni di viaggio?
Cito innanzitutto la protagonista di questo viaggio incredibile, Beatrice Schiaffino, un’attrice bravissima e dalla sensibilità radiosa. Le bellissime musiche originali sono del Maestro Alessandro Panatteri, con cui lavoro da anni e che attraverso il suo lavoro mi fornisce sempre chiavi di lettura preziose. I costumi sono di Loredana Redivo e le foto di scena di Claudio Polvanesi.
Progetti 2023?
Molti, ma non posso spoilerare. Posso però dire con gioia che ho iniziato anche a scrivere.