Il Professor Fabio Iadeluca è coordinatore dei Dipartimenti e Osservatori di Studio e Analisi dei Fenomeni Criminali e Mafiosi della Pontificia Academia Mariana Internazionale presso la Santa Sede; è un Accademico Pontificio oltre che un sociologo e criminologo. Si occupa da ormai ventotto anni di criminalità organizzata, terrorismo internazionale e violenza di genere. Da molti anni autore molto qualificato su temi di terrorismo, mafia e legalità, con numerose pubblicazioni al suo attivo. Di fronte a un personaggio così non si può che restare affascinati soprattutto per il poderoso lavoro che con etica e professionalità svolge. Sono onorata di aver avuto la possibilità di intervistarlo per il suo ultimo lavoro denso della sua infinita cifra culturale, antropologica, sociologica e al tempo stesso significante. Il Professor Fabio Iadeluca ci racconta e narra il mondo della mafia 2.0 e non solo.
Può condividere con noi le sue opere che sono un contributo importante non solo per chi studia questi fenomeni ma anche per chi vuole conoscere la loro realtà autentica e storica?
Con Armando Curcio Editore, da sempre impegnata nella diffusione dei temi legati alla lotta contro la criminalità, ho pubblicato l’Enciclopedia delle mafie con aggiornamenti, L’Enciclopedia sul terrorismo con aggiornamenti, Cosa nostra. Uomini d’onore, il Dizionario delle mafie, Carlo Alberto dalla Chiesa, storia di dedizione sacrificio e coraggio, Don Pino Puglisi Don Peppe Diana, la lotta per la legalità, La criminalità mafiosa straniera in Italia.
Per la Gangemi Editore: La criminalità organizzata in Italia, La Camorra in Campania e La ‘Ndrangheta in Calabria. Recentemente, sempre per Armando Curcio Editore ho pubblicato Falcone e Borsellino. Storia di amicizia e coraggio, un libro per ragazzi con l’obiettivo di far conoscere alle nuove generazioni la nobile storia di due grandi uomini, protagonisti della lotta per la legalità. È uscito il mio ultimo lavoro sempre per Armando Curcio Editore: Il narcotraffico e la potenza dele mafie. Quali scenari futuri? che sarà presentato giovedì 9 febbraio presso l’Aula S. Antonio della Pontificia Academia Mariana Internationale della Santa Sede.
Mi riallaccio alla presentazione del suo ultimo lavoro: “Il narcotraffico e la potenza delle mafie. Quali scenari futuri?” che, come ci ha detto, sarà presentato giovedì 9 febbraio. Un libro senza dubbio intenso e importante. Può dirci qualcosa in merito?
L’ultimo libro che abbiamo scritto, con la prefazione del Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato presso la Santa Sede. Libro dove hanno dato il loro contributo: magistrati, ambasciatori, professori. All’interno del volume si possono trovare esclusivi materiali divulgativi per un totale di 350 pagine e 220 cartografie accessibili tramite scannerizzazione QR-code. Le cartografie danno la possibilità di osservare la dislocazione delle mafie autoctone e straniere nel nostro territorio, sia all’interno delle varie regioni sia per la dislocazione dei loro territori. In pratica è come se fossero tre libri all’interno di un solo volume.
Potremmo dire: una trilogia sulle mafie e sul narcotraffico?
Si, si. Tant’è che stiamo redigendo anche un nuovo lavoro su Cosa nostra naturalmente mettendo in evidenza anche gli ultimi avvenimenti con la cattura di Matteo Messina Denaro.
Può citare alcuni dei suoi compagni di viaggio in quest’opera così poderosa?
L’opera è ulteriormente arricchita dai preziosi contributi di: Stefano Cecchin, Gian Matteo Roggio, Pier Paolo Rivello, Mariapaola Marro, Giovanni Tartaglia Polcini, Michele Del Prete, Roberto De Vita, Christopher Trott, Pier Luigi Maria Dell’Osso, Alberto Barranco Chavarría, Rosy Bindi, Eugenia Pontassuglia, Maria Vittoria De Simone, Marisa Manzini, Giuseppe Gatti, Piergiorgio Leonardi.
Perché il traffico di sostanze stupefacenti è espressione della potenza criminale delle mafie in tutto il mondo?
Perché la potenza criminale delle mafie è un business.
Qual è il panorama delle mafie nazionali delle fasce autoctone?
È composto dalla Cosa nostra, Camorra, dalla ‘Ndrangheta, dalle mafie pugliesi. Le mafie pugliesi come la Sacra Corona Unita, la mafia salentina, la mafia nord barese, dalla mafia di Cerignola, si stanno affacciando nel panorama mafioso anche se la ‘Ndrangheta, sono anni che gli studiosi, i magistrati, le forze dell’ordine la definiscono la prima mafia non solo in Italia ma anche in Europa. Possiamo dire che è tra le più potenti mafie al mondo. Purtroppo, abbiamo questo triste primato poiché le propaggini della ‘Ndrangheta sono quasi in tutto il mondo. Deve pensare che, per quanto riguarda il narcotraffico, dobbiamo prima osservare quali sono le propaggini della via della droga. Il giro di affari della droga negli illeciti fatti dalla ‘Ndrangheta ammonta a oltre 80miliardi di euro in un solo anno (cifra questa in difetto e non in eccesso).
In quali paesi troviamo la ‘Ndrangheta?
Ci sono propaggini della ‘Ndrangheta in Perù, in Cile, in Argentina, in Brasile, in Colombia, in Bolivia, in Ecuador, in Venezuela, in Costa Rica, in Messico, negli Stati Uniti, in Canada, nei paesi del Centro America, in Francia, in Germania, in Portogallo, Spagna, perfino in Svizzera, nei Paesi dell’Est, in Africa fino all’Australia e nei paesi dell’Asia. È una vera potenza.
Come si manifesta la potenza della ‘Ndrangheta?
Agli occhi dei cartelli mondiali l’Ndrangheta ha una particolarità che la rende molto affidabile.
Ovvero?
La struttura si basa sulla famiglia, sulla “’ndrina”. Infatti, se osserviamo bene, ci rendiamo conto che ci sono meno collaboratori di giustizia nella ‘Ndrangheta, poiché c’è un vincolo di sangue, è una famiglia seppur allargata. Se un ‘Ndranghetista parlasse si vedrebbe costretto ad accusare un parente, un genitore, un fratello, la propria famiglia. Quindi, il vincolo di sangue permette di avere un involucro di protezione che agli occhi delle altre famiglie mafiose dà affidabilità. Il numero dei pentiti è talmente minimo che sfiora lo zero. Mai si sono pentiti i numeri uno come è accaduto per la Camorra, per Cosa nostra, per le mafie pugliesi. Ci sono dei pentiti anche nella ‘Ndrangheta ma sempre un numero inferiore, proprio per questa particolarità.
Questo che cosa comporta agli occhi degli altri cartelli mondiali delle mafie?
Loro sono particolarmente affidabili, addirittura per la ‘Ndrangheta, questo è un fattore di valutazione che fa comprendere la sua potenza internazionale, a differenza degli altri non deve pagare in anticipo la merce che acquista. La ‘Ndrangheta la può prendere in conto vendita, perché, come ho detto, dà sicurezza: a livello internazionale è considerata affidabile. In Europa è la mafia più ricca, detiene il monopolio del traffico internazionale di stupefacenti per la cocaina. Addirittura, ha inserito delle famiglie ‘Ndranghetiste all’interno degli Stati dove si produce la droga. Molti la considerano la mafia tra le più potenti al mondo se non la più potente: naturalmente la ‘Ndrangheta ha la leadership criminale in Italia e in Europa. Ecco perché è importante fare analisi e studiare.
Prima era diverso?
Una volta il mercato degli stupefacenti era gestito da Cosa nostra. La ‘Ndrangheta era considerata una mafia di secondo piano, quella che si occupava dei sequestri di persona, era una mafia arcaica. Tuttavia, possiamo dire che è stata troppo sottovalutata perché piano piano è cresciuta in maniera strategica. Loro cosa facevano dei soldi, ad esempio, dei sequestri di persona? Il 50% lo investivano in maniera legale e il rimanente in modo illegale. Così per gestire il business di stupefacenti la ‘Ndrangheta era costretta a chiedere a Cosa nostra. All’epoca la morfina che arrivava dall’estero andava nei laboratori siciliani, a Palermo, veniva trasformata in eroina, il mercato mondiale ne era inondato. Adesso l’attore principale al mondo è la ‘Ndrangheta.
Tra di loro ci sono stati conflitti?
Tra le varie mafie autoctone non c’è mai stato alcun conflitto. Ci sono stati dei conflitti, delle guerre all’interno della stessa organizzazione mafiosa. Loro si gestiscono come i grandi Stati, come se fossero relazioni internazionali. Questo è un aspetto importantissimo: non ci sono mai state guerre tra mafie.
Che guerre ci sono state all’interno delle varie mafie?
Pensiamo alla prima guerra di mafia scatenata nel 1963 e alla seconda guerra di mafia la così detta “mattanza” all’interno di Cosanostra negli anni ‘81/’83. Questa “mattanza” è considerata come se fosse stato un colpo di stato all’interno dell’intera organizzazione mafiosa, ci sono stati oltre 1300 morti. Inoltre, ci sono state anche due guerre di ‘Ndrangheta nel ’74 e nel ’76, poi negli anni ’80 con oltre 1400 morti, oltre a ciò, ci sono state guerre violentissime nella Camorra con centinaia e centinaia di morti.
Come si studia la criminalità organizzata?
C’è una regola fondamentale che spesso non viene detta perché bisogna conoscerla. Pensi che la chiave di lettura degli eventi mafiosi è la storia. Ebbene, la ‘Ndrangheta e Cosanostra nascono nelle campagne, poi ramificano nelle città. Non basta più la mafia agricola ma c’è bisogno di una mafia imprenditrice. Viceversa, la Camorra nasce in città, il processo di gestazione e sviluppo è completamente differente nelle tre mafie.
Che cosa succede?
Si ricordi che le mafie hanno oltre duecento anni di storia. La Camorra è nata a Napoli intorno al 1820 quando esponenti criminali di 12 quartieri di Napoli si riunirono per fondare una organizzazione unificata, almeno nelle regole della “Onorata società”, dandole il nome di Bella Società Riformata. Fu stabilito che il capo supremo dovesse essere persona del rione di Porta Capua.
Tuttavia, gli storici mettono in evidenza che la mafia nasce ben prima di questo periodo. C’è la tendenza a mettere l’anno zero riferito all’unità d’Italia, quindi 1861, però è importante indicare che la Camorra nasce nel 1820. Nel 1842, sempre la Camorra, incarica un certo Francesco Scorticelli di fare un nuovo “frieno”. Il “frieno” è un compendio di ventisei regole scritte della Camorra che riunisce tutti i codici. Questo è un aspetto fondamentale perché dà la possibilità di comprendere l’evoluzione e la nascita.
Mentre la mafia pugliese?
Pensi che fino alla fine del 1970 la Puglia era immune da infiltrazioni mafiose.
Cosa accade?
Alla fine degli anni ’70 scoppia un grosso conflitto tra la Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo e la Nuova Famiglia, creata su indicazione e aiuto di Cosa nostra siciliana.
Perché?
Perché Cutolo con la sua politica criminale in quel periodo era molto potente stante gli introiti miliardari derivanti dal traffico illecito di tabacchi. All’epoca le sigarette che arrivavano al porto di Napoli erano soggette a una tangente.
Che cosa fa Raffaele Cutolo?
Impone una tangente anche per le casse di sigarette che dovevano andare a Cosa nostra; quindi, Cosa nostra fa in modo di formare la nuova organizzazione criminale mafiosa denominata Nuova Famiglia con il conseguente scontro all’interno del contesto napoletano. Il carcere di Poggio Reale diventa il luogo dei vari regolamenti di conti. Quando uno entrava mettevano da una parte i Cutoliani dall’altra gli altri.
Lo Stato che cosa decide di fare?
Prende questi soggetti e li mette all’interno delle carceri pugliesi, così avviene l’infiltrazione e nasce la criminalità mafiosa pugliese. L’altro grosso errore che è stato fatto è il soggiorno obbligato. Si pensava che il mafioso preso dal suo contesto e portato in soggiorno obbligato in un’altra regione fosse neutralizzato poiché non aveva i mezzi per comunicare, purtroppo non è stato così.
Perché?
Il mafioso ha portato con sé la propria famiglia e i propri adepti all’interno dei nuovi territori così da costruire una nuova rete mafiosa, organizzandosi al meglio, dando vita a nuove strade da percorrere. Così in questi soggiorni obbligati c’erano rappresentanti della Camorra, di Cosa nostra della ‘Ndrangheta, anche per questo nascono i rapporti tra le varie mafie. Anche per questo i mafiosi dopo aver terminato il periodo di soggiorno obbligato, non facevano ritorno a casa, ma restavano in quei territori, dove ormai avevano ramificato la loro tela. Questo, in maniera molto semplice, è il processo di colonizzazione delle mafie al nord.
C’è una via di uscita da tutto questo?
La questione criminale deve andare di pari passo con la questione sociale. Se non si fa uno studio approfondito da un punto di vista sociologico, antropologico, criminale, storico e storiografico non si potrà mai capire la potenza criminale della Camorra. Al tempo stesso se non si fa uno studio approfondito su Napoli e su tutte le sue problematicità non si potrà mai capire che cosa è la Camorra: stessa cosa per le altre mafie. Se fosse solamente una questione criminale con duecento anni di storia, avendo la possibilità di avere i più grandi magistrati per la lotta alla mafia, i più importanti investigatori oltre che una legislazione antimafia che è all’avanguardia in tutto il mondo, ci sarebbe una prospettiva soluzione. Pensi che se al mondo c’è uno Stato che ha un problema mafia e lo vuole risolvere non può fare a meno di fare riferimento alla nostra legislazione antimafia. Vede allora che non è solo una questione criminale? Ma è una questione sociale! Durante il lookdown avrà sentito che le mafie sono intervenute per fare la spesa sociale in alcuni luoghi come adesso intervengono per le bollette, tutto questo ha prodotto un effetto cascata sui piccoli imprenditori che si vedono portare via le aziende dalla mafia per poche migliaia di euro. Con il Pnrr calcoli che le mafie erano già pronte a intervenire poiché dietro c’è un forte business. Le mafie dal giorno dopo che comprendono che c’è business intervengono.
C’è qualcosa di cui la mafia ha timore?
Una delle componenti di cui la mafia ha timore è la cultura. Si ricordi che dove c’è disagio sociale lì c’è la mafia. Don Puglisi parroco della borgata di Brancaccio a Palermo, avendo creato il centro “Padre Nostro” per dare una cultura ai ragazzi disagiati è stato ucciso a soli 56 anni da un feroce killer su indicazione dei fratelli Graviano. Questo perchè Don Puglisi dava fastidio alla mafia poiché dava una speranza, un percorso di vita onesta ai giovani che diversamente sarebbero stati arruolati nella mafia stessa. Per il mafioso la cultura è devastante. Oggi parliamo ancora della potenza criminale delle mafie, allora non è solo un problema squisitamente criminale ma anche sociologico, culturale, antropologico. La mafia è forte perché riesce ad approfittare dei bisogni delle persone. La mafia non ha bisogno di garanzie per dare i prestiti. Hanno tantissima liquidità, questo lo abbiamo visto con la pandemia, ma la mafia poi ti chiede qualcosa indietro.
La mafia è uno Stato nello Stato?
È uno Stato nello Stato.
L’intreccio tra l’arresto di Matteo Messina Denaro e Cospito è una strana sincronia temporale?
Guardi che Matteo Messina Denaro non era il capo bensì era un elemento di spicco di Cosanostra, non ha avuto una legittimizzazione come ha avuto Bernardo Provenzano, dopo che è stato arrestato Totò Riina. Lui è l’ultimo componente di quella strategia stragista che doveva mettere in ginocchio lo Stato.
Cosa fa Messina Denaro?
Fa un processo di trasformazione da una strategia stragista a una strategia economica. Tant’è che in questi trent’anni lui ha fatto affari per miliardi di euro.
Da una parte si resta affascinati perché sono dei bravi manager purtroppo criminali?
Purtroppo, vengono aiutati dalla così detta borghesia mafiosa. Inoltre, possono contare su una rete di connivenze da parte di esperti. Con i pizzini i mafiosi riescono a smuovere decine di milioni di euro.
Vuole aggiungere altro?
Si ricordi che adesso c’è un passaggio significativo. Non ci sono più le stragi mafiosi non perché sono diventati più bravi o buoni, semplicemente perché non conviene. Oggi ci sono delle intercettazioni ambientali tra mafiosi che fanno comprendere questa trasformazione. Attualmente con un pulsante di una tastiera un mafioso muove milioni e milioni di euro quindi le mafie non uccidono più, riescono ad arricchirsi approfittando delle nuove tecnologie.