È stato presentato oggi in Campidoglio “Una buona occasione”, il progetto socioeducativo dedicato al bullismo e al cyber-bullismo che coinvolgerà studenti, insegnanti e dirigenti scolastici della Capitale con attività, seminari e laboratori su diverse materie: su tutte arte e sport. Un progetto ambizioso nato con l’intenzione di diventare fruibile nel panorama italiano toccando le scuole affinché i giovani possano comprendere e fare consapevolezza di questo tema così denso di significato e significante. Alla presentazione, moderata dal giornalista Valerio Cassetta, sono intervenuti anche la senatrice Cecilia D’Elia, il Consigliere dell’Assemblea Capitolina nonché promotore del progetto, Giovanni Zannola, e il professor Pino Capua, medico dello sport e presidente della Commissione antidoping della Figc. Oltre che il prof Aldo Grauso, psicologo e Roberta Bruzzone, psicologa e criminologa. La canzone che sembra una sorta di manifesto: “Una buona occasione” è cantata e scritta da Davide de Marinis insieme a Roberta Marchesi. Tema fondamentale della canzone è oltre che il bullismo, la gentilezza, vissuta come la mano tesa che può risanare questa ferita profonda e far si che i comportamenti acquistino una declinazione accogliente e costruttiva. Davide de Marinis ci racconta e si racconta in questa intervista coinvolgente e a tratti molto emozionante.
C’è sempre “Una buona occasione”?
Direi di sì! Anche più di una. Più occasioni di questo genere ci sono, meglio è.
Perché?
È importante che argomenti come bullismo vengano trattati e condivisi, divulgati e consapevolizzati. È una situazione da contrastare in tutte le occasioni percorribili come una canzone che narra il dolore e lo smarrimento che si prova quando si è vittime di bullismo.
Come è nato il progetto, soprattutto come è nata la canzone?
Il progetto è nato prima della canzone. Parlando con Roberta Marchesi, per lei ho scritto una canzone tempo fa: La draghetta. Roberta è una donna dinamica, solare, sorridente, empatica: una bella persona. Così mi racconta che un suo amico, il prof. Aldo Grauso, ha intenzione di dar vita a un progetto sul bullismo e cyber-bullismo. Parlando di questa cosa è nata la canzone. Sai da bambino ho sofferto anche io di bullismo e mi è sembrata “una buona occasione” per prendermi cura non solo della mia ferita ma anche della ferita dei ragazzi che ancora oggi sono vittime di bulli.
Così?
Così ho scritto la canzone, con Roberta l’abbiamo cantata insieme. Credo sia un bel messaggio non solo per i ragazzi ma anche per le famiglie.
La famiglia, a volte, sottovaluta?
A volte sì, purtroppo sì. Abbiamo cercato di mandare un messaggio importante di responsabilità. Le canzoni possono essere prese come messaggi anche sociali, possono stimolare comportamenti positivi, possono affrontare argomenti significativi come questo del bullismo.
Voi come lo avete affrontato?
Abbiamo cercato di dare un messaggio molto diretto, pulito, preciso. C’è una frase cui sono molto legato: “La gentilezza vincerà”. La gentilezza è importante, soprattutto oggi, in un mondo come il nostro. Con la gentilezza è possibile incontrare l’altro nella sua dimensione esistenziale più intima e accoglierla facendoci accogliere al tempo stesso.
Il video della canzone è stato girato all’interno di una scuola, come hanno accolto i ragazzi questo momento?
In realtà in due scuole romane: una ai Parioli l’altra in una scuola a Ostia. I ragazzi hanno avuto un impatto tranquillo, partecipativo, coinvolgente, si è sin da subito creato un rapporto molto empatico, hanno compreso il senso e il significato di questo progetto tanto che si sono resi totalmente disponibili partecipando attivamente.
Cosa è emerso?
Dapprima l’hanno vissuto come un gioco, poi, chiacchierando con alcuni di loro, mi hanno raccontato che anche nella loro scuola ci sono stati e ancora ci sono atti di bullismo.
Purtroppo, chi vive una situazione di bullismo è in continua tensione come se fosse sempre in allerta?
Si! È un vissuto di attacco e fuga, dove la paura fa da corollario al tutto. È un’esperienza che ho sperimentato da ragazzino, devo dire che non si vive affatto bene. Ti senti continuamente sotto attacco, non hai più voglia di uscire, di avere un quotidiano con i tuoi amici.
Secondo te come si blocca questa situazione?
Per quello che è stata la mia esperienza posso dirti che la mia famiglia è stata fondamentale. Poi, via via questa cosa è sfumata, ma i primi mesi in cui ho vissuto l’attacco da parte di questi bulli non è stato facile. È stata un’esperienza di profonda angoscia: uscire da scuola e tornare a casa era diventato un incubo. Ero un ragazzino tranquillo, non un attacca brighe per cui non comprendevo il motivo di questo attacco.
Cosa ti ha lasciato questa esperienza?
Un’esperienza che nessuno dovrebbe vivere, perché la paura è la nota stonata della tua vita per tanti mesi. Per queste ferite non c’è età, perché ci sono tanti tipi di violenza basta pensare a quello sulle donne oppure al cyber-bullismo. La paura non è mai una buona guida. Tu non puoi uscire da scuola e correre il più veloce possibile verso casa perché hai paura. Se vuoi correre lo puoi fare come attività sportiva non come mezzo per proteggerti dall’altro e dai suoi attacchi.
Secondo te la scuola è davvero attenta a questi temi oppure se ne parla ma in concreto fa poco o nulla?
Questa è una bella domanda! Per natura sono ottimista, credo che la scuola il suo dovere lo faccia, poi che in alcuni casi non ci riesce o alcuni sfuggano di mano questo ci può stare. Tuttavia, credo che al primo posto affinché non accadano queste cose ci sia la famiglia. È la famiglia il luogo elettivo dove i ragazzi devono respirare un’aria sana e costruttiva, dove la gentilezza sia alla base delle loro relazioni. Tutto parte dalla famiglia. Da qualche parte ho letto che il genitore è lo specchio per i propri figli, beh che dire l’importante che lo specchio su cui riflettono sia sano e adeguato altrimenti certi genitori sono solo il ritratto adulto del figlio. Qui c’è la drammaticità, perché inevitabilmente se lo specchio familiare è inadeguato il figlio o la figlia lo assorbono e divento quello stesso specchio. La scuola deve solo fare la sua parte, ma è marginale, il grande lavoro lo fanno i genitori, ciò che un figlio sarà dipende essenzialmente dall’ambiente familiare, dai genitori e da ciò che i genitori sono.
Come e perché si diventa bullo?
Sei ferrata in queste cose, sei del mestiere! Per darsi un ruolo, per il bisogno di prevaricare. Pensa che adesso con il cyber- bullismo ci sono anche gli adulti, figurati che figure di riferimento possono avere i figli?
Quanto tutto questo è alimentato in famiglia?
La famiglia è comunque il luogo più importante dove costruirsi persona, come ho detto prima è lo specchio su cui il figlio si rispecchia. Oggi non ci sono più regole da parte dei genitori, lasciano i figli minori liberi, troppo liberi. La maggior parte dei genitori hanno una visione totalmente sradicalizzata da quelli di qualche anno fa, oggi i ragazzi non hanno più rispetto. Prendi l’esempio di un insegnante, se prende una qualche decisione verso il figlio il maestro o il professore in automatico diventa un cretino, un esagerato, uno che non capisce nulla, pochi anni fa avevamo rispetto della decisione degli insegnanti. Oggi il trend è quello dove l’alunno è diventato il maestro o l’insegnante mentre il corpo degli insegnanti sono gli alunni, non esiste più il ruolo dell’insegnante alimentato anche dai giudizi che i genitori hanno del corpo insegnanti. Oggi c’è l’assurdo che se un insegnante da un brutto voto o riprende un ragazzo per un comportamento scorretto sono i genitori che protestano, invece di dire qualcosa al figlio per educarlo vanno dall’insegnante.
Dove porterete questo progetto?
Siamo disponibili a portarlo all’interno delle scuole per sensibilizzare i ragazzi sia attraverso la musica sia attraverso degli incontri di scambio comunicativo. A gennaio inizieremo a fare degli incontri di sensibilizzazione con i ragazzi. Noi stiamo lavorando affinché tutto questo diventi qualcosa di condivisibile in moltissime scuole del territorio italiano.