Farfalla … farfalla

Dal 17 al 20 novembre Teatrosophia dà il suo benvenuto a Mauro Toscanelli, in veste di regista e di co-interprete di “Farfalla…Farfalla”, del noto drammaturgo e commediografo Aldo Nicolaj: un classico continuamente rappresentato con grande successo in tutto il mondo. Appassionante, sempre attuale, che parla di storie di vita e di caratteri umani. Il testo è un profondo studio dell’animo umano, oltre che un banco di prova e cavallo di battaglia delle attrici artisticamente più mature.

È la storia di Edda, che ha vissuto la sua gioventù come una farfalla, svolazzando di illusione in illusione e di uomo in uomo, inseguendo sogni impossibili, adesso vive in una casa elegante e le fa compagnia la domestica Foca, unica confidente di notte delle sue storie bizzarre, inventate per nascondere una grande solitudine. All’improvviso, in una sera di pioggia, arriva il giovane Elio, che interrompe la monotona quotidianità e scuote le sue abitudini. Edda, sempre in attesa di visite che non arrivano mai, lo accoglie in casa. Elio nasconde però un segreto. Emerge, allora, prepotentemente, il dramma di Edda, il suo delirio, per l’inesorabile trascorrere del tempo e per quel vuoto che credeva di aver colmato. Mauro Toscanelli si racconta e ci racconta il suo mondo artistico e questo suo lavoro vissuto sia dal punto di vista del regista sia da quello di attore.

  

Così per iniziare ci racconti di lei: chi è, cosa fa, e così via?

La passione e l’attitudine attoriali sono nate con me. A quattro anni mi infilavo i panni di qualunque familiare e, allo specchio, mi divertivo a differenziare le voci e i gesti dei personaggi che, di volta in volta, venivano a crearsi nella mia mente. Purtroppo, questa inclinazione naturale è stata bloccata più avanti da esigenze familiari che mi hanno portato a deviare dal percorso artistico verso studi universitari e lavori che non appartenevano alla mia indole. Finalmente a 28 anni suonati ho avuto la possibilità di riprendere totalmente in mano la mia vita e, rimboccandomi le maniche, ho cominciato un percorso formativo complesso e duraturo che mi ha portato a conoscere Dacia Maraini (insegnante di Drammaturgia Contemporanea) e il Centro Grotowski a Pontedera, per continuare poi con altri Maestri, tra cui, Giuseppe Patroni Griffi, Giancarlo Sepe, Turi Ferro. Negli ultimi anni ho recuperato un’altra mia antica passione: la scrittura. Dopo dieci anni di gestazione sono riuscito a pubblicare nel 2020 il mio primo romanzo: “Requiem per tre frammenti”. Attraverso il linguaggio della narrativa ho avuto modo di sperimentare un’altra mia modalità, accanto alla recitazione e alla regia, di raccontare storie.

A breve il debutto di “Farfalla … Farfalla”, di cosa parla?

È un testo tra i più rappresentati (soprattutto all’estero) di Aldo Nicolaj. Una critica feroce e sottilmente ironica all’ambizione sfrenata di crearsi un livello sociale al di sopra delle proprie possibilità e, comunque, asfaltando qualsiasi rapporto di natura familiare o affettiva.

Che cosa rappresenta la farfalla nell’immaginario collettivo?

La farfalla costituisce, nell’immaginario collettivo, tutto ciò che è associabile alla caducità, all’effimero. La vita di una farfalla dura un giorno ed è presente in tutti quegli ambienti esterni dove, si dice, vi sia un’aria particolarmente pulita. Alcuni associano alla farfalla, la rappresentazione dei propri cari defunti i quali, per un attimo, tornano in vita a farci visita. È un insetto che racchiude in sé parecchie proiezioni dell’animo umano.

La farfalla è una metafora di vita?

Nella fattispecie del testo di Nicolaj, la farfalla viene assunta a metafora della vita, in quanto essere vivente che non nasce già tale, bensì scaturisce da un progetto naturale di metamorfosi progressiva: da bruco a crisalide, da crisalide a farfalla. La metafora di Nicolaj consiste nell’aver identificato la trasformazione che Edda, la protagonista della pièce, ha fortemente voluto imprimere alla sua persona e alla sua condizione sociale: da donna povera, indigente e in cerca di espedienti per sopravvivere a donna ricca, benestante, logorroica che, avendo ottenuto ciò che voleva (irretendo un vecchio sordo che se la prende in casa), ostenta in maniera cafona la sua rivalsa sociale a chiunque le capiti a tiro.

La locandina è interessante l’immagine sembra ripresa dalle tavole di Rorschach, è così?

Le tavole di Rorschach mi hanno sempre affascinato poiché includono in sé molteplici significati pur non privilegiandone uno in particolare. Ognuno può vederci quello che vuole. Io, ad esempio, ci ho sempre visto una farfalla. Ed è stata la prima immagine che mi è venuta in mente quando ho dovuto concepire la locandina. E mi piacerebbe che, il pubblico, dopo aver assistito allo spettacolo, avesse una sua personale opinione sul destino di Edda e sulle immagini che sono fluite davanti a sé sul palco, senza una verità precostituita.

Perché Edda ha vissuto la sua gioventù come una farfalla?

Edda, durante la pièce, fa riferimento due volte alle farfalle: una prima volta quando prende atto che questi insetti non esistono più, ve ne sono sempre di meno, occultati dal progresso tossico che ci travolge. In questa prima accezione ci si può ricollegare idealmente alla metafora delle lucciole così come citate da P. P. Pasolini in una sua poesia, laddove vengono prese come parametro di un qualcosa che purtroppo non c’è più. La seconda occasione in cui Edda fa riferimento alle farfalle è quando straccia in piccoli pezzettini alcune fotografie che la ritraggono in gioventù: in questo caso i frammenti di foto non rappresentano altro che pezzi di vita nei quali si è frantumata l’esistenza di Edda. In ogni caso la farfalla per Edda coincide con la sua gioventù perduta, passata a svolazzare da uomo in uomo fino a stabilizzarsi socialmente.

Da giovani, si sa, si inseguono sempre sogni impossibili, secondo lei perché?

La gioventù è il calderone dove si mescola l’impossibilità della vita: amori impossibili, lavori impossibili, famiglie ideali impossibili, amici impossibili. Ed è giusto che sia così poiché si è costretti a misurarsi con i propri limiti, ci si sfida continuamente. Ci si ritiene invincibili, grazie anche a delle energie fisiche e mentali che sono in esubero. È la vita poi che va a tarare il nostro potenziale, col passare del tempo e delle esperienze vissute.

Il sogno che cos’è?

Il sogno rappresenta un modo di dare sfogo alla fantasia. A differenza però della fantasia manifestata in un’opera artistica (letteraria, musicale, figurativa, ecc.), nella quale vi è sempre un elemento narrativo intenzionale da parte dell’autore, nel sogno non vi è nessuna sorgente razionale. La fantasia espressa dal sogno scaturisce totalmente dall’irrazionale, dal non-controllo dell’autore e pertanto il sogno è puro, non contaminato dalla volontà. Entrambi però hanno in comune la figurazione dell’irreale.

Perché Edda ha storie bizzarre?

A proposito della fantasia e del sogno, Edda è una donna che vive esclusivamente di fantasia e continua imperterrita a costruire la realtà a suo piacimento. Che poi questo avvenga con mezzi più o meno etici, a lei non importa.

La solitudine fa parte del mondo di Edda, come la vive?

Più volte durante il testo, Edda fa riferimento alla sua solitudine: il telefono non squilla più, tutti ti cercano solo per farsi invitare a pranzo ma poi ti lasciano sempre sola, la gente è cattiva…

Già il testo, pertanto, ci suggerisce che Edda è pervasa dalla solitudine. Nicolaj, però, ha intenzionalmente lasciato aperto il finale di “Farfalla…Farfalla…” e in qualità di regista ho rispettato fedelmente questa sua volontà. Proprio in questo frangente mi piacerebbe che il pubblico facesse “suo” il finale, vedendoci ciò che crede più opportuno.

Oggi quanta solitudine c’è?

Possiamo tranquillamente affermare che, al pari del diabete, della depressione, degli attacchi di panico, anche la solitudine rappresenta una “malattia” contemporanea. Il mio mestiere mi obbliga a osservare, a curiosare, ad ascoltare storie e, purtroppo, negli ultimi decenni ho assistito agli effetti devastanti della solitudine sugli individui. Una solitudine intesa non come dimensione scelta, ma subìta. Spesso come conseguenza del proprio atteggiamento egoistico, arrogante, per nulla empatico.

Edda è una persona del XXI secolo?

“Farfalla…Farfalla…” rappresenta, secondo la mia opinione personale, uno dei testi di Nicolaj più contemporanei della sua produzione. La storia, le dinamiche tra i personaggi e, in primis, quello di Edda sono universalmente collocabili in qualsiasi livello temporale, proprio perché il nucleo della narrazione verte su temi universali: la solitudine, l’ambizione sfrenata, l’egoismo.

Elio è il miracolo attesa o l’imprevisto della vita?

Elio rappresenta il miracolo atteso (dal pubblico) per rompere il moto perpetuo nel quale si è invischiata Edda per tutta la sua vita. Ma è anche l’imprevisto della vita (per Edda) che la obbliga a prendere coscienza della sua meschinità.

Chi sono i suoi compagni di viaggio?

I compagni di questo viaggio sono Masaria Colucci, attrice di grande levatura professionale, da me conosciuta quando ero un pivello studente di recitazione presso il Centro Internazionale Alberto Moravia nel 1995. La grande stima nei suoi confronti mi ha portato ad affidarle il ruolo di Edda, che è un personaggio tutt’altro che facile proprio per le sue molteplici sfumature border line. Basti pensare che, in passato, il ruolo di Edda è stato interpretato, tra le altre, dall’immensa Paola Borboni. Il ruolo di Elio, invece, l’ho affidato ad un giovane e talentuoso attore, Alessandro Bevilacqua, con il quale avevo già avuto modo di lavorare in passato e che si è distinto per la sua preparazione e infinita umanità.

Andrete in tour?

Il debutto presso Teatrosophia rappresenta, per tutti noi coinvolti in questo lavoro, una splendida occasione per verificare l’impatto del testo di Nicolaj sul pubblico contemporaneo. Dopo questa première prestigiosa lo porteremo in tournée ma non prima della stagione 2023/2024.

Progetti?

Più che elencare pedissequamente i miei prossimi lavori, ci tengo invece a condividere con chi ci legge, la nascita in questi mesi di una piccola realtà produttiva, la “Melanchòlia Teatro” di cui sono direttore artistico, la quale ha lo scopo di promuovere la drammaturgia contemporanea e sostenere gli artisti giovani, coinvolgendoli nei vari progetti teatrali. Questa esigenza nasce dal fatto che ho notato che le nuove generazioni sono intossicate dalle dinamiche ferocemente competitive e “giudiziali” dei talent televisivi, le quali fanno loro dimenticare che il merito e il talento vanno pazientemente educati con lo studio, l’impegno e la disciplina.

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