Il 22 novembre debutta al Teatro Sette la commedia: “Quattro”. Una commedia esilarante e romantica al tempo stesso, scritta da Adriano Bennicelli e diretta da Michele La Ginestra, per un cast affiatato ed esplosivo che sorprenderà e divertirà il pubblico del Teatro 7. Andrea e Valeria stanno insieme, convivono e sono una coppia moderna e dinamica.Anche Alessandro e Ludovica stanno insieme, sono sposati e sono una coppia tranquilla e tradizionale. Fin qui tutto bene. Solo che Valeria ha bandito il glutammato e Andrea studia da agricoltore verticale. Mentre Ludovica pratica il pianto terapeutico che fa bene alle mucose e Alessandro quando si innervosisce “tattatara e invertebra” (balbetta e inverte). Ma il problema non è neanche questo. È che lui ama lei, che ama lui, che ama lei. Insomma, il problema… sono Quattro.Tutto comincia (anzi ri-comincia) quando, dopo essersi persi di vista per 15 anni, i quattro si ritrovano per una cena. Cosa può succedere dopo così tanti anni? Nella vita dei protagonisti sono più le conquiste o i rimpianti? Ma soprattutto, sarebbe meglio godersi la preziosa amicizia a quattro oppure è giusto far spazzare via ogni equilibrio dall’amore? Ludovica di Donato ci racconta e si racconta con ironia e leggerezza la sua vita da donna di teatro e cinema.
Ciao Ludovica, visto che gli amici ti chiamano Ludo, mi prendo la licenza in piena autonomia di farlo, che ne dici, si può fare?
Assolutamente sì! nessun problema.
Sei un’attrice, perchè questa scelta di vita e di professione?
Perché negli anni ho compreso che non avrei potuto fare altro. È la mia vocazione, il mio lavoro, la mia vita, il mio primo pensiero.
Ma c’è di più: una Laurea Magistrale in Giurisprudenza che fa bella mostra nel quadro appeso e un Master in Digital Specialist, perchè non hai fatto l’avvocato?
Partiamo dall’inizio. Quando mi iscrissi all’università dopo il liceo. Ero fermamente convinta che avrei fatto l’avvocato. Pensavo che fosse davvero la mia strada. Poi negli anni le cose sono cambiate. Mi sono riavvicinata al teatro. Sono entrata in Accademia e il lavoro, fortunatamente, ha preso il sopravvento. Ho semplicemente lasciato che le cose andassero come dovevano andare. Non a caso quando a circa 30/31 anni, una volta laureata, ho avuto un’immensa crisi esistenziale, (avvocato o attrice?) tentai la pratica da avvocato per poi abilitarmi e praticare. Durai solo due mesi. Fu proprio sul campo che capii definitivamente che l’avvocatura non era più la mia strada.
Per fare l’avvocato serve una buona capacità recitativa, non credi? Soprattutto durante l’arringa finale.
Ci vuole tanta faccia tosta. Questo si! Bisogna credere fermamente in quello che si sta dicendo, sapere il perché si sta parlando e portare fino in fondo il proprio obiettivo, credendoci. Proprio come recitare. Non a caso molti attori italiani sono laureati in legge (Raimondo Vianello, Checco Zalone, Nino Manfredi).
Come è nata la tua collaborazione con “Le coliche”, spero non con un mal di pancia?
Eh no! Per primo ho conosciuto Giacomo (il regista) dentro una cioccolateria nella quale lavoravo. Hai voglia il mal di pancia. Durante il periodo di crisi, di cui ho parlato prima, decisi di fermare tutto e mettermi a lavorare in un pub. Giusto per avere i soldi a fine mese per campare e capire che cosa fare nella mia vita. Una sera entra questo ragazzo, mi ordina un rum con della cioccolata e mi fa: “io ti ho già vista”. Io non avevo idea di chi fosse. Poi si presentò “Io mi chiamo Giacomo, sono il regista de “Le coliche”, non so se li conosci”. Strabuzzai gli occhi: “Certo che li conosco, mi fanno tanto ridere”. Ci mettemmo a parlare e gli raccontai un po’ del mio percorso, della mia laurea, dei miei anni di teatro, ma anche della mia stanchezza e della voglia di lasciare tutto. Ci scambiammo i contatti con due promesse: di capire dove cavolo mi avesse vista e che in caso ce ne fosse stato bisogno, mi avrebbe contattato per girare un video con loro. Giacomo uscì dal pub. Lo risentii qualche settimana dopo, quando mi scrisse finalmente felice di essersi raccapezzato sul dove mi aveva vista. C’eravamo conosciuti anni prima, aiutando un’amica in comune a girare un piccolo video, lui non faceva neanche la regia, si occupava dell’audio. Assurdo. Subito dopo mi chiese se volessi girare un video sui segni zodiacali insieme al “Le coliche” e io dissi … di sì.
Sei stata protagonista di una web serie, ci racconti qualcosa?
Se non sbaglio, dopo il video sui segni zodiacali ed un altro video insieme, girammo proprio “Il condominio”, la web serie de “Le coliche”. Durante il set ci siamo divertiti come dei matti, ma soprattutto mi ha permesso di legare ancora di più con Claudio e Fabrizio che hanno due caratteri molto diversi.
C’è anche il cinema nella tua vita, ti piace?
Sì, c’è del cinema. Sto imparando ad amarlo sempre di più. È un mondo completamente diverso da quello teatrale, ha dei ritmi, dei bisogni, dei codici completamente e diametralmente opposti. Determinate cose, secondo me, le impari solo sul campo. All’inizio della mia carriera ne ero piuttosto intimorita, non mi sentivo a casa, ma con il tempo ho imparato a giocare con la camera da presa ad esserne complice. È divertentissimo, emozionante, perché no, eccitante.
Poi arriva il teatro che si incastona nella tua esistenza ed eccoci in scena con “Quattro”, ci racconti qualcosa?
Il teatro c’è sempre stato da quando ho quattro anni. L’ho fatto alle elementari, alle medie e alle superiori, mi sono fermata due anni durante l’università. Dopo una delusione amorosa, la prima cosa che ho fatto, è stata riprendere teatro. Qualche anno dopo, a circa 23/24 anni, già lavoravo. A 25 sono entrata in Accademia e da lì il teatro non se n’è mai andato, fino ad arrivare a “Quattro”. Il mio primo approccio a “Quattro” è stato in realtà come aiuto regista di Michele La Ginestra. Sono stata il suo aiuto per un po’ di anni, ancora prima del Covid. Poi dopo la pandemia è stato ripreso, ma Claudia, una delle due protagoniste, non poteva farlo per motivi di lavoro. E allora sono subentrata io. Capirai, conoscevo il testo e movimenti a memoria. Che dire? “Quattro” è proprio bello. È la storia di quattro amici che si conoscono da sempre ma che purtroppo si perdono di vista per vent’anni. All’età di quarant’anni decidono di rivedersi per una cena. Tra una chiacchiera e l’altra si svelano gli altarini. È semplice ma bello, perché non fa solo molto, molto ridere, ma anche riflettere. Molti sono usciti dal teatro in lacrime.
I tuoi compagni di viaggio chi sono?
Alessandro Salvatori, Andrea Perrozzi e Valeria Monetti in sostituzione di Ketty Roselli che per motivi di lavoro non può esserci. Valeria si è inserita nell’organico dello spettacolo divinamente, siamo ancora in prova, ma già abbiamo capito che ci sarà da ridere. Sarà faticoso rimanere seri. Alessandro, Andrea, sono un duo strepitoso, non li conosco più singolarmente. A parte gli scherzi, voglio loro davvero molto bene, non sono più colleghi, sono amici, un piacere lavorare con loro. C’è collaborazione, affinità, divertimento e mai perdita di tempo.
Sei super impegnata anche nei Social, non ti fermi mai?
No, non mi fermo mai e ogni tanto ne risento, ma sono fatta così. Se mi fermo non mi sento bene con me stessa. Sono anche sui social, questo mondo molto lontano da me fino a qualche anno fa, adesso è parte integrante del mio lavoro. Un po’ lo amo e un po’ lo odio. Ma mi ha permesso di fare tante cose, di arrivare a milioni di persone. Ancora stento a crederci, sia come attrice sia come insegnante.
Scusami: come si fa a imparare a recitare?
Eh … bella domanda. Studiando, studiando, studiando e facendo tanta, tanta, tanta pratica. Osservando il mondo esterno ma soprattutto il nostro mondo interno. In primis, l’attore deve mettere le mani nella sua di “merda” e da lì tirare fuori dell’arte. Bisogna saper osservare e ascoltare, essere generosi, umili ma anche avere un pizzico di faccia tosta, saper giocare come dei bambini, avere coraggio, essere curiosi, intelligenti. Hai visto quante cose?
In cantiere hai per caso anche un libro?
Penso sempre che se ne avessi la possibilità scriverei due libri: uno inerente all’insegnamento di un metodo di recitazione e uno più personale dove racconterei determinati avvenimenti della mia vita che possano aiutare ragazzi che vogliono fare questo mestiere. Non un numero ma un vero libro autobiografico. Poi mi ricordo che siamo in Italia e che prima bisogna pubblicare il libro che ti insegna a parlare “corsivo”.
Progetti?
In primis, debuttare con “Quattro” a dicembre. Debutterò anche con un altro spettacolo, ma sarò in scena solo quattro giorni. A febbraio ci sarà il grande ritorno al Brancaccio di “Tutti parlano di Jamie” con il quale andremo in tournée. Sì, ho in ballo altre cose, ma non credevo lo avrei mai detto: non ne posso parlare.
Avrai pure un sassolino nella scarpa?
A causa del mio carattere io ho un cantiere di sassolini nella mia scarpa, magari fosse solo un sassolino! Alle volte penso che soffermarmi a pensare a tutto ciò che mi dà fastidio e mi addolora, perdo solo tempo. Però, dai, voglio rispondere alla tua domanda. Una volta uno mi disse: “Se nun ti sei laureata mo’ che c’hai 28 anni, nun te laurei più, maddai!”, con fare piuttosto arrogante. Mi piacerebbe sbattergli in faccia la mia laurea e rassicurarlo del fatto che mi sono laureata e che sto pensando di prendere la seconda laurea in psicologia. Sorridergli e andarmene. Sarebbe molto soddisfacente, ma con alte probabilità non capirebbe neanche.
Sogni ce ne sono tanti, o quanto basta?
I sogni devono essere infinitamente infiniti.
Vuoi aggiungere altro?
No, sono stata una chiacchierona! Grazie a tutti, grazie a te, ecco.