C’è chi fa shopping terapeutico, chi compra solo dopo attenta analisi comparativa, chi si dedica ai saldi con disciplina spartana. E poi ci sono io: l’acquirente impulsiva, emotiva e tecnologicamente pericolosa. Quella che voleva ordinare una crema viso e si è ritrovata con un set da giardinaggio per alpaca. Sì, davvero.
Tutto nasce da una buona intenzione. Pensi: “Voglio solo guardare”. Due minuti dopo stai inserendo i dati della carta di credito con lo stesso entusiasmo di chi firma un contratto con il diavolo. Eppure, non si sa come, quel clic che doveva essere innocuo si trasforma in una slavina di acquisti assurdi.
Il problema, nel mio caso, è l’impulsività mista a distrazione. La combo letale. Una volta volevo comprare un paio di calze termiche. Mi sono distratta un attimo (stavo rispondendo a un messaggio di Gavin che mi chiedeva se secondo me Adele soffre di solitudine emotiva), e ho cliccato su “calze termiche extra elastiche da uomo taglia XXL”. Sono arrivate. Mi arrivano al mento.
Rachel dice che il mio algoritmo è ormai impazzito. Mi propone solo oggetti che sembrano usciti da un bazar intergalattico: guanti per pelare l’aglio con il pensiero, cuscini ergonomici per cani ansiosi, tappetini da meditazione con luci LED e campane tibetane incorporate. L’ultima volta mi è arrivata una mail con scritto: “Pippa, il tuo spirito ha bisogno di una sciarpa riscaldante al profumo di zenzero”. Ho urlato. Ma poi l’ho comprata.
E vogliamo parlare degli acquisti notturni? Ah, la zona oscura dell’e-commerce: le 3 di notte, quando sei in pigiama, con la tisana alla melissa e un vago senso di vuoto. Basta poco. Un clic. Una suggestione. Una promessa: “Questa spazzola ionica cambierà i tuoi capelli!”. La mattina dopo ti svegli con la conferma d’ordine… e zero ricordi.
Una volta ho ordinato, giuro, un massaggiatore cervicale a forma di panda che canta canzoncine rilassanti in giapponese. Ho provato a restituirlo, ma il sito era in coreano. L’ho regalato a Gavin. Lo usa come oggetto decorativo. Lo chiama “Zen Panda”.
Vivian, ovviamente, non capisce il mio disagio. Lei compra solo su cataloghi cartacei, con penna stilografica, compilando moduli da spedire via posta prioritaria. “L’online non ha il profumo della carta patinata”, dice. Beata lei.
Io, invece, ogni settimana ricevo almeno un pacchetto misterioso. È un po’ come Natale… ma con regali scelti da una versione confusa di me stessa. A volte sono utili (ho scoperto un eccellente diffusore per oli essenziali a forma di cactus), altre volte sono solo la prova tangibile che il mio autocontrollo ha bisogno di un antivirus.
Ho provato a mettere limiti: lista della spesa, massimo tre articoli al mese, solo cose essenziali. Risultato? Ho ordinato tre tipi diversi di mestoli “essenziali per il benessere in cucina”. Li uso come portapenne.
Alla fine ho capito che, forse, non smetterò mai davvero. Ma posso imparare a sorridere dei miei errori digitali. Posso raccontarli, riderci sopra, trasformarli in aneddoti da pub. Perché, in fondo, anche l’e-commerce è una metafora della vita: pensi di aver scelto una cosa… e ti arriva tutt’altro.
E se proprio devo ordinare qualcosa, almeno che sia con stile. Magari una nuova tazza per la tisana. O un etilometro per le notti in cui il gin tonic prende il sopravvento e la carta di credito… parte per conto suo.