App di Incontri: Tragedie & Tè Verde – Cronache dalla zona friendzone

Non so chi abbia deciso che le app di incontri siano il modo migliore per trovare l’amore, ma sono certa che quella persona non avesse superato i 50. O forse sì, ma aveva un avatar da ventenne e una bio scritta da un copywriter professionista. Io, invece, ho scritto: “Giornalista, amante del gin tonic, zero pazienza per i bugiardi e sì, il cetriolo è obbligatorio.” Risultato? Una serie di tragedie degne di Shakespeare… se Shakespeare avesse avuto accesso a Tinder.

La prima volta che ho scaricato l’app l’ho fatto dopo una serata intensa a base di vino rosso, autocommiserazione e consigli non richiesti di Gavin. “Pippa, è tempo di tornare nel gioco!”. Il “gioco” si è rivelato una giungla dove il mio profilo è stato sommerso da messaggi di uomini con selfie in bagno e citazioni motivazionali tipo: “Se ami qualcosa, lasciala andare”. Preferibilmente… nel silenzio.

Primo match: un ex commercialista che si definiva “anima sensibile in cerca di complicità”. Si è presentato al nostro incontro vestito da ciclista (perché aveva “appena finito un giro di 10 km”… con la bici elettrica) e ha ordinato tè verde. Io, nel frattempo, mi sono ordinata un gin tonic doppio, mentre lui raccontava quanto è importante l’equilibrio alcalino nella dieta. Il momento clou? Quando mi ha chiesto se pratico il “respiro consapevole prima dei pasti”. Gli ho risposto che l’unico respiro che faccio prima di cena è quando annuso la crosta del camembert.

Secondo match: uomo che nella bio scriveva “amo viaggiare, cucinare e ascoltare l’altro”. Alla prima chiacchierata mi ha parlato per 45 minuti del suo ex cane, del suo nuovo cane e di come entrambi gli abbiano insegnato a “sentire col cuore”. Ho tentato di intervenire due volte. Alla terza ho ordinato un altro gin tonic. Alla quarta ho capito che il vero amore della sua vita era il suo bulldog defunto.

E la zona friendzone? Ah, dolce condanna. Gli uomini della mia età, appena scoprono che leggo ancora libri cartacei, faccio l’olio viso prima di dormire e ho una collezione di pigiami con disegni buffi, mi catalogano come “troppo simpatica per una relazione seria”. Che tradotto, significa: “Sei una donna brillante, ironica e con carattere, quindi ci facciamo solo un caffè. Senza zucchero. E senza emozioni”.

L’altro giorno, per pura disperazione, ho aperto anche un’app pensata per “over 50 alla ricerca dell’anima gemella”. Dopo dieci minuti, ho capito che l’unica cosa che cercavano era una badante affettuosa con doti culinarie. Uno mi ha scritto: “Ti va di venire da me a cucinare il roast beef della domenica? Porto io il vino e l’incontinenza”.

Ho chiuso l’app. Ho aperto il frigorifero. Ho preso il gin. E ho brindato alla mia singletudine.

E sapete una cosa? Nonostante tutte queste tragicomiche esperienze, ogni tanto, torno comunque su quelle maledette app. Forse perché sotto sotto ci spero ancora. O forse solo per collezionare nuove storie da raccontare al pub con Rachel e gli altri. Perché anche le tragedie sentimentali, con il giusto filtro ironico (e una buona tonica), diventano piccoli capolavori.

La prossima volta che un uomo mi chiederà se credo nell’astrologia tantrica, giuro che risponderò: “Sì, ma solo se il tuo ascendente è Gin Tonic con cetriolo”.

Psicologa, Psicoterapeuta, Criminologa, Giornalista, Blogger, Influencer, Opinionista televisiva.

Autrice di numerosi saggi e articoli scientifici.

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