Trasteverini … 15 anni dopo

Torna in scena al Teatro7 “Trasteverini”, una commedia musicale di Andrea Perrozzi e Gianfranco Vergoni, da un soggetto di Veruska Armonioso, con Irene Cedroni, Francesca Cinanni, Valerio De Negri, Emanuele Di Luca, Silvia Di Stefano, Chiara Famiglietti, Roberta Marini, Valentina Naselli, Ilaria Nestovito, Andrea Perrozzi, Brunella Platania, Alessandro Salvatori, Elisabetta Tulli. Il tutto per la regia Fabrizio Angelini. Le liriche sono di Armonioso, Vergoni, Tulli, le musiche di Andrea Perrozzi. La vera protagonista di questa splendida commedia musicale è l’anima stessa di Roma, una città concreta, moderna, che sogna, fatica, sorride per andare avanti, senza dimenticare ciò che ha lasciato indietro. I protagonisti della commedia sono persone comuni, un panettiere, un meccanico, il gestore di un ristorante, dipinti dalla sapiente regia di Fabrizio Angelini. Ognuno ha un sogno, crede in qualcosa, ognuno ha una speranza e la vive con la spensieratezza ed il sorriso tipico della romanità, quella vera. La meravigliosa musica di Andrea Perrozzi dà voce a questi personaggi e tesse, nota dopo nota, una trama che soltanto il destino più beffardo potrà districare. “Trasteverini racconta di sogni, realizzati o infranti, di cos’è la felicità, quella raccontata e quella vissuta davvero, tutto questo nella magica cornice della nostra città” (Perrozzi&Salvatori). Abbiamo intervistato Fabrizio Angelini che ci porta dentro al mondo di Trasteverini.

“Trasteverini” torna a teatro, un bel successo?

Si, decisamente. Festeggiamo i 15 anni dalla nascita, o meglio dall’Original Concept, come direbbero in America. In questi anni lo spettacolo è stato ripreso molte volte, con interpreti che si sono avvicendati e che torneranno quasi tutti in questa occasione speciale, alternandosi dunque in alcuni casi nei vari ruoli di replica in replica. Il vero successo direi che è l’affetto che gli interpreti hanno nei confronti di questo lavoro e dei colleghi, al punto, se liberi da altri impegni, da accorrere ogni volta con entusiasmo.

Una regia superlativa?

Ah, non sta a me dirlo! Lo spettacolo è nato quasi a budget zero, non sapevamo se avrebbe avuto un futuro e quale, c’era una sola data come debutto all’orizzonte e con i colleghi accorsi alla “chiamata” abbiamo iniziato le prove in un ristorante compiacente, ovviamente negli orari di chiusura. Da lì è partita l’idea dell’uso delle 8 sedie, che sono la costante di tutto lo spettacolo, insieme ad un tavolo. Per il resto lo spettacolo è stato scritto sugli attori, tenendo presente le loro qualità, la loro personalità; dunque, il “lavoro sugli attori” è stato tutto sommato semplice, complice anche la collaborazione e la loro voglia di esserci, concentrandosi molto sulla naturalezza. Caratteristiche cercate e ritrovate poi ad ogni cambio di cast.

Chi è la vera protagonista di questa splendida commedia musicale?

Di fatto è Roma. La Roma di oggi, sia pure di 15 anni fa (certe frasi di allora sono più che attuali), che non vediamo ma sentiamo e percepiamo dai discorsi dei personaggi che alternativamente sono solisti o coro, nella citazione di alcuni luoghi, nelle descrizioni delle difficoltà di una città come la nostra, fino ad arrivare al brano “La mia città”, un vero e proprio inno d’amore scritto da Andrea Perrozzi per la Capitale, brano che però nello spettacolo non canta lui.

Chi sono i protagonisti della commedia?

Dario è un busker che sogna la carriera artistica, ma è ingenuo e si lascia truffare da un impresario lestofante; Enrico è un meccanico coinvolto da Dario nelle sue avventure; Adriana è l’eterna fidanzata di Dario, che lavora nel ristorante del padre; Gabriella è la segretaria dell’impresario, che avrà poi una storia con Enrico. Insieme a loro c’è il personaggio chiamato Centovoci, una sorta di narratore che interpreta vari personaggi. E poi ci sono Nina, la sorella di Dario, le sue amiche Iva e Sara, e Mirko, uno strozzino che circuisce Nina.

Il duo Perrozzi&Salvatori lascia sempre il segno?

Il duo Perrozzi&Salvatori l’ho visto nascere, nel senso che i due si sono conosciuti nel cast di Jesus Christ Superstar nel 2006, spettacolo prodotto dalla Compagnia della Rancia, del quale ho curato regia e coreografie. Dopo il debutto di Trasteverini è nato il sodalizio che periodicamente presenta un lavoro, sinonimo di affiatamento, di qualità e di voglia “artigianale” di fare Teatro, caratteristiche nelle quali mi ritrovo in pieno.

Lei sogna?

Se intende sognare la notte, credo di sì come tutti, ma purtroppo raramente ricordo i miei sogni., Il mio analista era molto colpito da questo fatto. Il punto è che soffro anche di insonnia, fatto sta che probabilmente sogno, ma non so cosa. Se invece parliamo di sogni a occhi aperti, allora sì, ovviamente. Parlando però del nostro lavoro, sono stato molto fortunato, e molti degli spettacoli e delle esperienze che sognavo di fare, ad un certo punto della vita sono arrivati. A volte ho dovuto aspettare anche molto (è il caso ad esempio di CATS, che è arrivato in questa stagione al compimento dei miei 60 anni), ma hanno vinto lo studio, la costanza, la tenacia, il non lasciarsi andare e il crederci sempre, impegnandosi fino allo stremo.

Perché ognuno ha un sogno, crede in qualcosa, ognuno ha una speranza e la vive con la spensieratezza ed il sorriso tipico della romanità, quella vera?

Forse la risposta a questa domanda, senza retorica, si può trovare andando in un punto panoramico di Roma al tramonto… Allora sì che “te se apre er còre”, come direbbero i nostri personaggi… E in mezzo ai disagi, alle brutture, al traffico e ad un certo modo discutibile di essere romani (e io sono romano de Roma) questa città aiuta secondo me a vivere in un certo modo, appunto con la spensieratezza e il sorriso, quando possibile…

Chi sono i protagonisti e cosa fanno?

Diciamo che oltre a quanto detto sopra cercano di sbarcare il lunario, andando in alcuni casi ad infilarsi anche in situazioni drammatiche.

Tra canzoni, litigi, passeggiate, temporali e chiari di luna, la storia si complicherà, alternando momenti i drammatici a quelli brillanti, fino a una conclusione che aspira a ridefinire il concetto di “lieto fine”, ma c’è davvero nella vita il lieto fine?

Chi può dirlo? Dipende anche da cosa si intenda. Io sono del parere che la vita vada vissuta fino in fondo, con delle aspirazioni e delle ambizioni, per le quali però bisogna essere preparati: dico sempre che il treno passa, ma bisogna essere pronti a prenderlo. Il lieto fine secondo me è l’essere soddisfatti di come una certa cosa sia andata, anche se la mira forse all’inizio era diversa.

Che cosa vuol dire “lieto fine”?

Mah… Nel nostro spettacolo direi che i personaggi alla fine trovano un loro equilibrio: hanno sognato, hanno tentato, hanno sbagliato, ma le cose poi vanno in un certo modo e li portano ad una serenità di fondo, anche se mettono da parte certi sogni e certe ambizioni. Direi che nella vita è un po’ lo stesso: la cosa importante è ritrovarsi in una propria dimensione, essere “lieti” di ciò che si è e di ciò che si ha. Che non necessariamente significa sopprimere l’ambizione, sia chiaro…

La critica cosa ha detto di voi?

Per citare qualcosa: “Ci sono spettacoli capaci di sorprendere, a volte, quando meno te lo aspetti. Trasteverini, è un vero gioiellino capace di stupire con la forza delle idee. (…) ha la forza del presente, di una drammaturgia moderna che soltanto fisiologicamente strizza l’occhio al passato. (…) C’è tutto, in questo spettacolo, in cui ognuno può riconoscersi. (…) e la sua bellezza risiede soprattutto nella regia, che, con il solo ausilio di un tavolo, nove sedie, tante quanti i protagonisti, e movimenti scenici di entusiasmante sincronia e accuratezza, riesce ad emozionare forse più della storia stessa. (…) Personaggi ben dipinti dagli autori, tante canzoni belle, interpretate coralmente o da singoli, coreografie di grande impatto, regia sorprendente. Un mix che rende questo spettacolo imperdibile. (…) Entusiasmo in platea, applausi. Interminabili, meritati” (Paolo Leone – Corriere dello Spettacolo).

Trasteverini tesse i fili di una Roma fatta di voci: la voce del meccanico e quella della studentessa universitaria, la voce dell’imbroglione, della cameriera e del “cravattaro”. (…) Tutto, anche l’impostazione dello spettacolo guarda al passato, alla tradizione degli stornelli romani, reinventandola con ritmo e freschezza. (…) Centrale il ruolo dell’attore e cantante Andrea Perrozzi, che firma lo spettacolo assieme a Gianfranco Vergoni, mentre la regia è di Fabrizio Angelini” (Anna Barenghi – Il Grido).

“In questo affresco, i personaggi sono disegnati con attenzione per il dettaglio, in maniera verosimile al punto da farli sentire vicini al pubblico, commuovendolo. E se il testo del lavoro portato in scena mostra una capacità singolare dell’autore di osservare la natura umana e descriverla con sensibilità e profondità, alternando sapientemente momenti di tensione drammatica ad altri di ironia e comicità leggera, è anche grazie alla bravura del cast che questi “trasteverini” non risultano mai banali o scontati e sono capaci di far ridere senza divenire macchiette, trasmettendo, invece, un sincero divertimento che attinge a quel lato infantile che si trova in ciascuno di loro e nel quale ci si può facilmente identificare” (Laura Mancini – Show of the Capital).

Perché è uno spettacolo che cattura così tanto il pubblico?

È uno spettacolo genuino, diretto, nel quale gli “effetti speciali” sono gli attori stessi, avendo un impianto scena davvero minimalista… Le musiche rimangono impresse, perché orecchiabili ma non banali… La storia è semplice, i personaggi potremmo essere noi stessi, i nostri vicini, il gestore di una trattoria sotto casa, il nostro meccanico, tutti alle prese con la loro quotidianità che potrebbe essere quella di chiunque… Si parla di sogni, di ambizioni, ma anche di tenere i piedi per terra… Si ride molto, ma ci si commuove anche… Insomma, gli ingredienti tipici di una commedia musicale. Tutti noi siamo cresciuti con “Garinei e Giovannini”, molti di noi hanno avuto la fortuna di lavorare con quella ditta, e sicuramente questo lavoro risente di quell’influenza, senza volersi ovviamente minimamente paragonare a due mostri sacri del Teatro italiano.

Amicizia, amore, famiglia, socialità, vita lavorativa come si coniugano in questa commedia?

Esattamente nel dipanarsi della storia. Via via che conosciamo i vari personaggi scopriamo l’amicizia trentennale tra Dario e Enrico, messa in crisi dalla loro stessa ambizione, ma che alla fine vince su tutto, l’amore tra le varie coppie con i suoi alti e bassi, il rapporto non sempre facile con genitori o sorelle, e così via. La storia si sviluppa tra dialoghi e brani cantati inseriti fluidamente nella storia stessa, e fluidamente le tematiche si sviluppano con coerenza narrativa e attenzione al racconto.

Perché la commedia profuma di verità?

In tutto abbiamo cercato la naturalezza e la semplicità: nei dialoghi e nelle liriche di Gianfranco Vergoni, negli arrangiamenti, nella scena, nei costumi e ovviamente nella recitazione e nel canto. Certo, il romanesco aiuta ad avere un impatto più diretto, sappiamo quanto noi romani siamo “immediati”. E poi l’attaccamento a questo spettacolo da parte degli interpreti, cosa di cui parlavo sopra, fa sì che ci sia sempre una grande generosità e una forte comunicativa con il pubblico, quasi senza filtri: molte battute sono state suggerite dagli stessi interpreti in fase di costruzione dello spettacolo, alcuni passaggi sono stati scritti da loro stessi, come la presentazione iniziale di ognuno, la passeggiata tra i monumenti romani, e così via. Tutto questo, credo, riesce a trasmettere quell’immediatezza e appunto quella verità che molti riscontrano.

Le musiche quanto sono determinanti?

Fondamentali. Molte musiche sono nate prima ancora dello spettacolo, e parte delle storie sono state costruite intorno a loro. Certo, poi abbiamo fatto un lavoro di adattamento insieme a Perrozzi e Vergoni per far sì che tutto fosse organico e naturale, che non ci fossero delle forzature. Nel bis finale gli interpreti concludono con queste parole: “…e pe’ sogna’ ce basta de canta’ “… e questo dice tutto…

Quali sono le voci della vita in “Trasteverini”?

Ovviamente quelle dei personaggi stessi, che vivono le loro vite quotidiane, che si confrontano o si scontrano con gli altri. Ma anche quelle di Centovoci, sorta di deus ex machina che interpreta vari personaggi che sono un po’ la controparte: il narratore, il padre, la madre, l’impresario truffatore, il commissario… C’è un po’ di tutto insomma. E di ognuno, anche i personaggi più piccoli, o quelli interpretati da Alessandro Salvatori/Centovoci, hanno una loro storia dietro, che cogliamo in pieno sia pure a volte da poche semplici battute.

Lei non è solo un regista, ci racconta di più di Fabrizio?

Nasco come attore e ho debuttato in CIRANO con Gigi Proietti. Poi per un periodo sono stato un danzatore classico, diplomato all’Accademia Nazionale di Danza, e ho fatto parte del Corpo di Ballo dell’Opera di Roma e del San Carlo di Napoli. Dopodiché è arrivato il musical in Italia, con la Compagnia della Rancia che ha prodotto A CHORUS LINE nel 1990. Io c’ero (sono stato in scena in quello spettacolo in ben 502 repliche…), e da allora il musical non l’ho più abbandonato, sia pure con sporadiche incursioni nella prosa, nella tv e nel cinema. Con la Rancia ho lavorato per 18 anni, iniziando come performer, e via via come capo balletto, assistente alle coreografie, assistente alla regia, coreografo e infine regista, partecipando ai più importanti spettacoli musicali italiani di quegli anni, appunto nelle varie vesti. Contemporaneamente ci sono state esperienze con Garinei e Giovannini, Giancarlo Sepe, Carlo Buccirosso, Sebastiano Lo Monaco, Massimo Venturiello, Pierfrancesco Favino, Tosca, per citarne solo alcuni. Ho partecipato a quattro produzioni della Stage Entertainment (LA BELLA E LA BESTIA e MAMMA MIA come regista residente, A CHORUS LINE come riproduttore delle coreografie originali e regista residente, SINGIN’ IN THE RAIN come coreografo), ho riprodotto le coreografie originali di WEST SIDE STORY per l’Opera di Firenze e per il Carlo Felice di Genova, enti Lirici, e per il secondo ho curato anche le coreografie di LA VEDOVA ALLEGRA per la regia di Luca Micheletti. Al momento sono l’unico italiano autorizzato a riprodurre nel nostro paese le coreografie originali di A CHORUS LINE e WEST SIDE STORY.  Ho ritrovato Gigi Proietti intorno al 2007, partecipando allo spettacolo DI NUOVO BUONASERA, come coreografo e attore accanto al Maestro, tra le altre cose nel ruolo “en travesti” di sua moglie in oltre 150 repliche. 10 anni fa insieme ad un socio, Gabriele de Guglielmo, abbiamo fondato la Compagnia dell’Alba con sede in Ortona (Chieti), producendo 5 spettacoli musicali, tra i quali la sesta edizione ufficiale di AGGIUNGI UN POSTO A TAVOLA, autorizzata per la prima volta da autori e eredi al di fuori del Teatro Sistina, con la quale abbiamo girato per tre stagioni in Italia, collezionando 150 repliche; e poi NUNSENSE: IL MUSICAL DELLE SUORE, TUTTI INSIEME APPASSIONATAMENTE, A CHRISTMAS CAROL e l’ultimo in ordine di tempo PICCOLE DONNE, il cui tour di questo anno è terminato giovedì scorso. Tutti spettacoli di cui ho curato regia e coreografie, oltre a essere in scena. In questa stagione sono poi stato anche nel cast di CATS, con la regia di Massimo Romeo Piparo presso il Teatro Sistina, uno spettacolo che ho rincorso per molti anni e che mancava tra i grandi titoli del mio repertorio, e con il quale ho festeggiato 37 anni di carriera.

Progetti?

Una probabile ripresa di CATS e con la mia Compagnia A CHRISTMAS CAROL e PICCOLE DONNE, oltre forse ad un nuovo lavoro. Questa estate curerò le coreografie del musical CAROUSEL per la scuola di Musical BSMT, presso il Teatro Comunale di Bologna e di un altro spettacolo che debutterà a Borgio Verezzi con il duo Claudio Insegno-Federico Perrotta. Molte altre idee sono in elaborazione al momento ma ci vorrà un po’ di tempo per poterle realizzare.

Vuole aggiungere altro?

Sì…  Di andare a vedere “Trasteverini” al Teatro 7 dall’11 al 23 aprile se si vogliono passare due ore piacevoli insieme a dei talenti del musical italiano, e di affrettarsi perché le repliche sono in via di “Sold out”. E in generale di andare a Teatro, anche a vedere spettacoli senza il grosso nome di richiamo, magari informandosi, perché ci sono spettacoli validi e molto belli che meritano di essere sostenuti, soprattutto per l’impegno e la fatica, non ultimo economica, che chi produce mette in campo, in primis per la passione e la voglia di fare cose fatte bene. Questo è almeno il nostro tentativo: puntare sempre alla qualità, alla coerenza, al garantire un prodotto valido e piacevole per far sì che il pubblico esca sempre da Teatro soddisfatto. Grazie per l’opportunità di questa intervista.

 

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