Il 7 e 8 ottobre al Teatro Trastevere va in scena la commedia: “Taglio la corda” per la regia di Marco Belocchi, scritto daMaria Letizia Avato e Brenda Monticone Martini, con Brenda Monticone Martini e Silvia Grassi. Le scenografie e i costumi sono affidati all’Associazione Culturale Allostatopuro, le foto sono di Maria Letizia Avato e Francesca De Marchi affianca come aiuto regista Marco Belocchi.
La commedia racconta di due sconosciute in fuga si incontrano casualmente nello stesso luogo, alle tre di notte, lungo una strada statale pressoché deserta, ognuna per rivendicare il proprio diritto all’autostop. Marisa, casalinga disperata, ha appena abbandonato la sua vita di moglie e madre repressa, mentre Domitilla è evasa dalla Clinica psichiatrica i Gladioli, dove il figlio l’ha ricoverata in seguito all’abbandono del marito. Tra battibecchi, irrisioni e provocazioni comincia però una bizzarra amicizia e una picaresca avventura che le porta a confrontarsi con situazioni diverse e inaspettate, fatta di incontri pericolosi e altri incoraggianti, incontri programmati e poi svaniti. Il coinvolgente viaggio delle due fuggitive ci svela le diverse personalità delle protagoniste: Domitilla, avventuriera con una vita vissuta, ha un carattere forte, di chi non ha nulla da perdere, Marisa, più sprovveduta e tradizionalista, a tratti ingenua, oscilla tra la paura e la voglia comunque di cambiare vita.
È una commedia tenera, stravagante, che parla di speranza, della forza di chi vuol rimettersi in gioco e ricominciare anche se si ha una vita alle spalle, ma anche di come un incontro/scontro possa trasformarsi in una vera amicizia. La commedia lascia un segno chiaro allo spettatore, una speranza, che in questi tempi difficili ci da conforto e ci indica che cambiare la propria vita, il proprio destino, dipende solo da noi, dal nostro coraggio, dalla nostra gioia di vivere, e lo fa in modo delicato, come la carezza di una piuma. Abbiamo intervistato Brenda Monticone Martini che oltre a essere l’interprete ne ha curato anche la drammaturgia.
Cara Brenda, è giunto il momento del “Taglio la corda”, lo farai tu?
Per la mia Marisa è giunto il momento di sicuro, ma non sarà da sola. Inaspettatamente si ritroverà in compagnia, non gradita, di un’altra fuggitiva.
Qual è l’argomento trattato nella commedia?
È una commedia tutta al femminile, che, secondo la critica ricorda “Thelma e Louise”, il film. Ci sono due vite che si incontrano, completamente diverse, e se all’inizio si scontrano, poi si ritroveranno a sostenersi l’un l’altra. È la storia di chi vuole ricominciare, anche quando sembra tutto perduto, o sembra troppo tardi. È la storia di un’amicizia che ti risolleva, ti fa guardare avanti e ti dà la forza di prendere la tua seconda opportunità.
Qual è il tuo ruolo?
Il mio ruolo è quello di una casalinga disperata che lascia la famiglia il giorno del 18esimo compleanno della figlia. Il suo è un abbandono, che vive però nella speranza di essere cercata e ritrovata. A differenza della sconosciuta in fuga, che incontra sulla statale, con l’ansia di essere inseguita.
Come è stato lavorare con Marco Belocchi?
Marco Belocchi è il regista con cui ogni attore vorrebbe lavorare: sereno, determinato, centrato, ti prende per mano in, quello che deve essere, un viaggio senza ansie, senza intimidazioni. Quando lavora è come un diesel: si carica di entusiasmo nel corso delle prove, divertendosi a creare le azioni dei personaggi e, in una commedia come questa, c’è da divertirsi con i due personaggi.
Quanto è difficile scrivere un’opera teatrale?
Per me la scrittura non è un percorso difficile, mi viene naturale, forse perché ho già tutto in mente, come un film che sto guardando nel momento esatto in cui scrivo. Ma la magia sta quando si lavora in squadra, perché è come una partita a tennis, da una battuta, nasce la risposta o, da un’idea mia ne nasce una tua migliore. Il lavoro svolto con Maria Letizia Avato è stato un bellissimo viaggio, al pari di quello che le due protagoniste dovranno affrontare.
A che cosa ti sei ispirata?
Non saprei, credo che siano diverse le ispirazioni, di sicuro dalla mia vita ho imparato che si può ricominciare, anche più di una volta.
Io, per esempio, sono Architetto e Pubblicista, ma a 38 anni ho iniziato a studiare recitazione, seriamente. Credo nell’amicizia, forse sono una delle poche persone che confida nell’amicizia tra uomo e donna. L’amicizia tra due donne poi…. è una forza incredibile che potrebbe capovolgere il mondo. Peccato che in poche lo sanno.
Qual è il messaggio che vuoi trasmettere al tuo pubblico?
Spesso le persone si ritrovano imprigionate in una realtà della propria vita (parlo di situazioni reali, come rapporti familiari, sentimentali, o professionali, situazioni fisiche e di salute o da situazioni psicologiche come le nostre paure, le nostre dipendenze), qualsiasi cosa vincoli costantemente il nostro quotidiano, al punto da non renderci liberi. Il messaggio è quello di trovare la via d’uscita, sempre, perché il dono più grande che ci ha fatto Dio (Universo o Natura, come preferite) è la vita, di conseguenza la libertà di poterla vivere. Vale la pena rischiare tutto per la nostra libertà, vale la pena trovare il coraggio per renderci, da soli, la versione migliore di noi stessi.
L’autostop va ancora di moda?
Assolutamente no. Ma anche Marisa e Domitilla non lo sono, il bello è proprio questo.
L’amicizia è ancora possibile?
Beh, l’amicizia non è come l’autostop, non passerà mai di moda. È sempre esistita e sempre esisterà.
Siamo un po’ tutte fuggitive, non credi?
Forse è una prerogativa più maschile che femminile. Noi donne ci danniamo per far funzionare le cose, è nella nostra natura. Dovremmo imparare a farlo, invece, perché fuggire da ciò che ci rende infelici è sano.
Quanto i pregiudizi ancora ci rendono schiavi di una società?
Tanto. Non finiranno mai, perché la società è in continua evoluzione, in continuo mutamento, e i pregiudizi non riescono a stare al passo con il cambiamento.
Quale segno lascia la commedia allo spettatore?
Basandoci sui feedback dati dagli spettatori, quando ci fu il debutto nel 2022 al Teatro Ivelise di Roma, direi la voglia di mollare tutto e vivere un’avventura in giro per il mondo.
Si può cambiare la propria vita? Come?
Si, certo. C’è chi ha bisogno di toccare il fondo, di stare davvero male, per trovare la forza di cambiare. A volte, purtroppo serve una forte delusione, d’amore o di lavoro. Io credo che sia necessario quel “trauma” che ci porta a capire che non sono gli altri a rendere la nostra vita speciale, non è ciò che ci circonda, bensì noi stessi. Nessuno meglio di noi può renderci felici. La felicità la dobbiamo andare a prendere, non ce la regala nessuno. Vale comunque la regola “aiutati che Dio ti aiuta”, l’ho sperimentato, funziona.
Progetti?
Ho una sitcom scritta e diretta da me che racconta di come si vive in un teatro, già post prodotta, che ha bisogno solo bisogno della giusta Distribuzione, ecco io mi devo dedicare a questo (oltre alla Direzione Artistica del Teatro Ivelise che mi assorbe totalmente, ma che mi piace tantissimo).
Vuoi aggiungere altro?
Vorrei ringraziare la mia collega Silvia Grassi, perché è una vera professionista con cui sto creando un rapporto bellissimo, che spero di poter mantenere nel tempo. Ci siamo conosciute nel 2017 al Laboratorio di Massimiliano Bruno, seguivamo lo stesso corso, ma niente è al pari di lavorare fianco a fianco come in una commedia come questa. Ho sempre stimato Silvia come attrice e penso che sia un esempio da cui imparare molto.