Dal 21 al 23 febbraio 2025 “SolaMente in Acirema” di e con Manuele Pica per la regia di Simone Precoma. Nel cuore pulsante del teatro contemporaneo, emerge uno spettacolo che sfida le convenzioni e scava nelle profondità dell’animo umano. “SolaMente in Acirema”, diretto con maestria e sensibilità, si erge come un’opera che intreccia la storia personale con i grandi temi dell’emigrazione, del sogno infranto e della ricerca di sé.
“SolaMente in Acirema” è un monologo scritto ed interpretato da Manuele Pica, con la regia di Simone Precoma. Lo spettacolo è un viaggio forte ed emozionante nella storia di una famiglia di emigranti italiani, che lasciò “tutto” ciò che possedeva ed anche qualcosa più: l’amore, gli affetti più cari, i genitori, i figli, i fratelli, per raggiungere quella “fortuna” oltre oceano raccontata attraverso lettere, foto e cartoline di coloro partiti in precedenza, per coronare il grande sogno: ricercare una vita nuova e molto di più ossia l’AMERICA. Fin qui un destino comune a molti italiani dell’epoca. Ma nonno Rolando, zio Paoletto, Amedeo, Filippo, Maria, Jonh, Richard, e Michael… e molti altri, restarono intrappolati nelle loro stesse “storie” per via della “STORIA”. Ludovico, il nostro protagonista, insieme alla sua famiglia, oramai “americani”, vollero tornare a visitare i luoghi natii ripercorrendo a ritroso la rotta che i propri padri avevano compiuto sul finire dell’800. Dopo questa breve visita in Italia la famiglia tornò a Napoli per imbarcarsi, ma proprio in quei giorni, nel novembre del 1938, il governo fascista lanciava il piano per il rimpatrio degli italiani dall’estero bloccando di fatto ogni partenza dall’Italia. I porti divennero luoghi pericolosi, ed Ellis Island inarrivabile! È qui che tutto crolla per il nostro protagonista: quell’America con la “A” maiuscola, diventerà un america minuscola, lontana, un sogno, un desiderio che logora l’anima, divenendo un’utopia ed a volte, come accade in ACIREMA (provate a leggerla al contrario ): una follia… in cui SolaMente (solo la mente) potrà raggiungere quel sogno, quell’infinito!
Uno in cui ognuno di noi può riconoscere la propria gabbia, la propria “acirema” ossia quel luogo dove è stato confinato dall’esistenza, salvo poi trovare le forze per decidere di andare oltre, di uscire da quella stanza ed andare in contro al proprio sogno, la propria AMERICA.
Prepariamoci, dunque, a esplorare le complessità di questa opera, che promette di lasciare un’impronta indelebile nella mente e nel cuore degli spettatori, invitandoli a riflettere sulle proprie barriere mentali e sul coraggio necessario per superarle. Leggete la bella e appassionata intervista di Simone Precoma.
Come è nata l’idea di dirigere “SolaMente in Acirema”?
Quello con Manuele Pica è un sodalizio solido e di lunga data. Ci legano una comune ricerca teatrale e una sincera amicizia. Questo testo si basa su una storia vera che appartiene alla sua famiglia e mi ha fatto estremo piacere che la abbia voluto affidarla alla mia regia.
Quali sono state le sfide principali nel dirigere un monologo così emotivamente carico?
Io credo che la recitazione sia sempre un “reagire”. Il mio lavoro è creare registicamente situazioni che permettono all’attore di avere reazioni vere ed intense e la forma monologo è una sfida particolarmente ardua in questo senso… ma Manuele ha una straordinaria capacità di passare da uno stato d’animo all’altro… e portare lo spettatore in questo tourbillon di emozioni.
Come hai lavorato con Manuele Pica per portare in vita i vari personaggi menzionati nella storia?
Lo spettacolo è ambientato in uno spazio conchiuso, reale, ma la narrazione passa attraverso i ricordi e le proiezioni mentali, confuse ed incerte del protagonista… è bastato, se così si può dire, seguire la lucida follia di Ludovico (questo è il nome del personaggio) per dare forma a tutti i personaggi che vivono nella sua mente.
Quali tecniche registiche hai utilizzato per rappresentare il passaggio tra l’America sognata e l'”acirema” della realtà?
In scena campeggia una vetrata con la scritta “acirema” tutto ciò che oltre la vetrata è vivo, semplice, quotidiano, tutto quello che è dentro la stanza è complesso, doloroso.. Ludovico aspira ad uscire dalla stanza, ma il percorso non ha anche fare con una porta da aprire ma con una vita da rimettere in ordine: fatti, emozioni, drammi da rivivere e risolvere.
Come hai affrontato la rappresentazione visiva del contrasto tra il sogno americano e la realtà dell’Italia fascista?
L’America è al tempo stesso il sogno e la realtà che chiunque può vivere se si impara ad accettare i propri drammi, purtroppo certe ferite, come quella inflitta alla famiglia del protagonista delle incomprensibili leggi liberticide del regime, sono quasi impossibili da superare e così si rimane bloccati nel passato… un passato fatto di oggetti e simboli che circondano Ludovico, come una branda, una lavagna e soprattutto un vecchio disco…
Quali ricerche storiche sono state necessarie per garantire l’autenticità della narrazione?
La storia che è alla base del testo riguarda personaggi della famiglia di Manuele realmente esistiti, lui ha rintracciato addirittura i documenti del loro passaggio ad Ellis Island…
Come hai gestito la transizione temporale tra la fine dell’800 e il 1938 all’interno dello spettacolo?
Le date hanno un’importanza cruciale nello spettacolo…ed è per questo che Ludovico le trascrive in continuazione sulla lavagna…tutto è nei suoi ricordi…tutto sta nel riordinarle…ma non diciamo di più…
Quali elementi scenografici hai scelto per rappresentare i diversi luoghi menzionati nella storia?
Come ho detto la storia si svolge tutta all’interno di una stanza…la vita scorre oltre la vetrata…
Come hai lavorato sull’aspetto sonoro dello spettacolo per evocare le diverse ambientazioni?
I suoni, così come le luci sono elementi essenziali della narrazione, i suoni in particolare modo ci portano nel vivo dei ricordi di Ludovico, spesso suoni di guerra, di vecchie marcette, ma anche pensieri…voci…
In che modo hai guidato Manuele Pica nell’interpretazione del protagonista Ludovico e degli altri personaggi?
Questo è un suo testo, una sua storia… per cui ho lasciato dapprima che lui me la raccontasse… lasciandomi “suggestionare”: Ho lasciato che mi arrivassero immagini e situazioni (come la grande vetrata di cui ti ho parlato), poi ho proposto a Manuele una rilettura del testo coerente con il “luogo” che avevamo creato e soprattutto col messaggio…
Come hai cercato di rendere universale il tema dell’emigrazione e del sogno infranto?
Il tema dello spettacolo è proprio questo: il viaggio di Ludovico negli abissi, della sua mente sconvolta, della sua anima straziata, lacerata dalla perdita di una vita che avrebbe potuto essere ma non è stata e non potrà mai più essere…universale è l’accettazione, la rinascita…
Quali sono stati i momenti più impegnativi da dirigere dal punto di vista emotivo?
Lo spettacolo è un percorso duro. Noi viviamo in una società che ci offre messaggi estremamente illusori, soprattutto legati a concetti come “se vuoi, puoi”, “tutto è possibile”, etc.. oggi, forse, il passaggio emotivo più difficile è proprio l’accettazione come forma di crescita personale.
Come hai interpretato e rappresentato il concetto di “SolaMente” all’interno dello spettacolo?
Lo spettacolo è, anche visivamente, una sorta di stanza mentale; Il limite, la gabbia in cui è chiuso Ludovico è la sua mente…
In che modo hai cercato di coinvolgere il pubblico nella riflessione sulla propria “acirema” personale?
La storia di Ludovico è complessa e singolare, riguarda i suoi antenati emigrati in America, la sua visita in Italia nel 1938, il dramma della sua famiglia intrappolata in Italia senza la possibilità di tornare in America, con la conseguente perdita di tutto ciò che avevano, casa, terra, lavoro, denaro… Ma lo spettacolo riguarda anche il “dopo”… perché dopo la guerra non è tornato a riprendersi quello che era suo? Perché non ha perseguito il suo sogno? Cos’è che ci blocca, ci spaventa, ci limita…? Ognuno ha la sua “America” da perseguire e nella mente i propri limiti da sconfiggere.
Quali messaggi speri che il pubblico porti con sé dopo aver visto lo spettacolo?
La speranza e la determinazione ad uscire da Acirema e realizzare se stessi e i propri desideri qualunque sia la ferita da guarire per andare avanti.