Sette sogni

Il 15 e 16 aprile al Teatro Porta Portese di Roma ci sarà la prima nazionale di: “7 Sogni”. Una commedia scritta e diretta da Alessandro Fea. Interpreti: Matteo Baldassarri, Silvia Nardelli, Giancarlo Testa, Monica Viale. Sfratti, disabilità, demenza e prostituzione accendono la narrazione di una realtà sociale diffusa. Roma come New York per i “nati ai bordi di periferia”.

Quattro personaggi in cerca di sogni! Precisamente “7 sogni”, come il titolo della commedia agrodolce, suburbana, carica di denuncia e speranza scritta da Alessandro Fea, che ne è anche autore delle musiche. Quattro storie – interpretate dalla compagnia teatrale Sofis: Matteo Baldassarri, Silvia Nardelli, Giancarlo Testa, Monica Viale – che s’intrecciano tra loro a filo doppio, quello della denuncia sociale e quello dell’ironia amara delle periferie. Come una corrente alternata che alimenta rabbia e speranza. Sfratti, disabilità, demenza e prostituzione accendono la narrazione di una realtà sociale diffusa. Roma come New York, per i “nati ai bordi di periferia”. Quelle periferie del mondo e dell’anima che gridano al ritmo dei sogni di una vita migliore. “La nostra società vista dagli occhi di chi dalla società stessa è messo al bando, è un punto di vista che mi ha sempre incuriosito, forse perché ne mette a nudo i difetti, i controsensi, la cattiveria, il cinismo… e forse questi “emarginati” che ho creato per “7 sogni”, ci danno un esempio di come si potrebbe essere noi diversi, più umani, più accoglienti. È una storia di cuore, di sentimenti e di semplicità”, afferma l’autore della commedia, Alessandro Fea che ci racconta e si racconta in questa intervista emozionante.

“7 Sogni” un’opera in prima nazionale di cosa parla?

La storia di un condominio sotto sfratto, in una Roma emarginata. Una storia di sfratto come tante purtroppo, dove le esigenze economiche di enti, banche, società passano sopra a tutto. E distruggono spesso vite umane. E all’interno di questa cornice, 4 personaggi combattono le loro vite. Diversi, ma uniti sotto la cornice della voglia di lottare.

Perché 7 sogni e non, ad esempio, otto?

Ognuno di loro insegue un sogno. Ognuno di loro è animato da un sogno interiore che gli dà la forza. 7 perché è un gioco che si inventano e che verrà svelato durante lo spettacolo.

Chi sono gli interpreti?

Una donna con un fratello problematico, a cui deve badare da sempre. Una Gattara. Un ragazzo in fase di transizione sessuale, che finisce a fare la marchetta. Quattro stereotipi di mondi differenti, ma uniti tra loro con un filo: la voglia di lottare.

Perché focalizzare l’attenzione su: sfratti, disabilità, demenza e prostituzione?

Perché sono tematiche troppo spesso tenute nascoste dai media. C’è una tendenza a nascondere sotto il tappeto problemi creati da governi stessi. E da una società che sappiamo bene quanto sia violenta e cinica. Sugli sfratti, conosciamo la folle situazione degli affitti nelle città, e quante volte succedono per morosità perché le persone non riescono ad arrivare a fine mese. E non si cercano strategie. Per esempio, sappiamo bene quanti stabili siano vuoti e sfitti e non vengono dati a famiglie che ne hanno bisogno anche o le difficoltà delle liste per le case popolari. Non esiste un piano sociale su questo settore. Niente. Il vuoto.

La disabilità?

Sulla disabilità, io lavorando nel settore, ne ho viste e ne vedo in continuazione di situazioni drammatiche che non hanno supporto di nessun tipo, solo parziale. Mi riferisco a sostegni economici, a supporti psichiatrici o medici, al sostegno. Spesso ragazzi e famiglie che necessitano di aiuti, aspettano mesi, anni. I tagli economici su questo settore da anni e anni sono vergognosamente devastanti. Credo sia una delle piaghe sociali peggiori.  Su cui si tace. Perché, ovviamente, chi poi può permettersi di andare privatamente, risolve.  Ma chi non può? Per non parlare del famoso “dopo di noi”, dove l’incubo per genitori e fratelli è il “cosa farà” la persona problematica o disabile, qualora venissero a mancare i genitori, i fratelli.

La prostituzione?

Sul discorso prostituzione, c’è tanto da dire. Nello spettacolo il tema reale è la transizione sessuale. La prostituzione è una conseguenza in questo caso. E sulla transizione si aprono mondi di potenziali riflessioni. A me personalmente è un tema che ha sempre toccato. La prostituzione che spesso avviene in ambienti degradati è una delle piaghe sociali più devastanti che abbiamo. Partiamo dal commercio di minori, a strutture criminali che gestiscono racket interi. E quello che mi chiedo sempre è: possibile che tutti facciano finta di niente sempre di fronte a queste cose? Che sono sotto gli occhi di tutti?

Riassumendo?

Sono tutte tematiche così presenti e centrali nella nostra società, che mi chiedo perchè ancora oggi siano senza soluzione o perchè si fa finta che non esistano.

Dove e come si nasce dettano le coordinate del destino?

Assolutamente, come imprinting iniziale. Nascere in una Favelas o al centro di Roma è ovviamente un universo diverso. È vero che nella vita tutto puo ’cambiare, noi stessi per certi versi siamo padroni del nostro destino. Però, non per tutti è così. Nella mia visione, ci sono persone a cui “dice male”, a cui la vita riserva continuamente sorprese negative. Altre positive.

Ripeto, vero che siamo artefici in gran parte del nostro destino, ma il luogo e l’ambiente dove nasci, influenza tanto ciò che siamo. Io ritengo sempre anche che esistano delle persone che non hanno scelta nella loro vita. Esistono persone a cui l’esistenza non da una seconda opportunità, o una via di fuga. E sono tante, che magari nascono in posti e contesti assurdi, in situazioni drammatiche, da cui non hanno scelta su come uscirne. Ed oltre al destino ovviamente, esistono quelle che si chiamano le famose “sliding doors”. Ovvero quei momenti, quei bivi, che condizionano e cambiano completamente le nostre vite. È il mistero della vita in fondo. I personaggi dello spettacolo in fondo hanno questa cornice. Una sorta di strada segnata, da cui cercano di deviare.

Quattro personaggi in cerca di sogni, l’autore dove è rimasto? Considerando che siamo abituati a “6 personaggi in cerca d’autore”.

L’autore è un grande sognatore. Amo sognare. Sognare come dicono è un po’ l’essenza di un certo pensiero. Sognare per me (a prescindere dalla realizzazione) ti allarga la prospettiva. Ti fa vedere altro, o in modo diverso ciò che magari ti sembrava fermo o immobile. “Sognare è gratis!” come diceva qualcuno. E allora perché non farlo? Si pensa che sognare troppo ti porti lontano dalla realtà, ti crei mondi troppo finti. Perché? Chi lo dice? Siamo in una società dove anche questo viene visto negativamente. È esattamente il contrario secondo me. Ti dà la possibilità di creare alternative, o di vedere il tuo stesso stato di vita in un modo diverso da cui puoi prendere spunto. A volte un sogno, se pur folle, può diventare un vero motore motivazionale per la vita, può dare una spinta incredibile.  E allora perché non farlo?

Autore, regista e creatore delle musiche, perché non ritagliarsi un ruolo anche come attore?

Primo sono troppo timido per fare l’attore. Secondo, già vivo il palco da musicista spesso, ma è diverso. Mi è sempre sembrato un ruolo in cui non avrei potuto dare molto. Dopo tanti anni, posso dirlo. Credo sia giusto così. Motivo per cui mi metto in cabina di regia e osservo e apprezzo chi invece ricopre quel ruolo.

Quanta rabbia e speranza c’è nella nostra società e nelle nostre vite?

Rabbia tantissima. Da decenni e decenni. Secondo me le forme di rabbia sono tante. Ognuna a seconda dei contesti sociali e geografici dove si vive. La rabbia come frustrazione, di vite spesso vissute senza fini, senza senso, di corsa, piene di difficoltà, alla rincorsa. Ho sempre avuto la sensazione che si portino a “sopravvivere”, non a “vivere” le nostre vite. Dico “ci portino” perché c’è una chiara tendenza di governi, società a spingerci in questa direzione. E questo in maniera poi tremenda, diventa per molti una giustificazione di atteggiamenti cattivi, aggressivi, violenti. Ed è lì il bivio: cercare in tutto questo una speranza. Difficile, utopica. Ma senza la quale non ci sarebbe neanche la possibilità di “sognare” tornando al discorso di prima. La speranza è l’anima di una evoluzione.  Personale, del mondo. Ogni generazione ha avuto la sua. Senza la speranza non avrebbe senso vivere vite così contorte. La speranza racchiude il motore dell’energia vitale. La scintilla. La rabbia tende a mangiarci da dentro e a consumarci piano piano. Ma serve anch’essa, perché a volte dà lo stimolo, l’input per reagire. Ma va ascoltata, anche nelle sue forme positive.  Altrimenti diventa lo stato “di base” che vivo e da cui non riesco più staccarmi.

La rabbia lancia un allarme. L’allarme deve diventare speranza di cambiamento. Se rimane appunto solo rabbia, è finita. Ogni generazione cambia i suoi obiettivi, le proprie speranze. Oggi i giovani sono stati portati a sentirsi vuoti, senza speranza, e solo rabbia. Vanno aiutati a ritrovare un filo, una luce.

Cosa insegnano le periferie del mondo e dell’anima?

Ho girato tanto per lavoro e per vita tra periferia e zone centrali di Roma ad esempio. Non credo esista un posto “meglio o peggio”. Però le differenze ci sono e sono tante. La periferia secondo me ti tiene più in contatto con una realtà di vita “vera”, concreta. Economica, sociale. C’è sicuramente molto più scambio culturale ormai, diretto, di vita quotidiana. Si vivono difficoltà economiche che ti portano a vedere la vita in modo diverso. Ti fanno crescere prima secondo me, per ovvie necessità sociali ed economiche. Sei costretto ad aprire gli occhi prima. Allo stesso tempo il rischio è che tutto questo ti crei un orizzonte limitato se non hai fortuna. Ovvero pensare che tutto il mondo sia come lo stai vivendo. Allo stesso tempo, ambienti che hanno invece le famose “possibilità” spesso non le sfruttano proprio perché sono in eccesso, “regalate” e quindi non vengono sudate e apprezzate. E diventa anche lì una visione che può essere limitante del “tutto mi è dovuto”. Un errore clamoroso che certi ambienti vivono ed in cui implodono. Le periferie di oggi sono lontane anni luce da quelle di 20 30 anni fa. Le città ormai sono altro rispetto a decenni passati. Troppo grandi, troppo fuori controllo. Oggi parlare di periferia ha un concetto molto lontano da quello pasoliniano. Però, credo siano sempre luoghi dove si vive qualcosa di importante, soprattutto “vero”.

Queste periferie sono davvero ascoltate?

No. La tendenza è a creare sempre più agglomerati urbani dentro cui si lasciano vite a loro stesse. Pensiamo solo ai servizi urbani, agli uffici, ai supporti sociali. Il numero crescente di abitanti delle città poi sta rendendo tutto al limite del collasso. Tante città sono al limite. Non ci sono strategie. Non c’è voglia di creare città a misura d’uomo, figuriamoci le periferie. Dove anzi spesso, a mio avviso, si trova ancora una sorta di umanità e voglia di creare nuclei per una sorta di sopravvivenza.

Quanto è importante l’umiltà e la semplicità?

Sono due parole base. Centrali. Senza umiltà non si entra davvero in contatto con noi stessi. Non si è “veri”. La semplicità è l’essenza spesso del comunicare. È la base. Bisogna essere evoluti ed elevati nel comunicare o nel vivere, ma spesso torniamo a scoprire che la semplicità è la sintesi di tanti modi di vita e di pensieri.

Roma al centro di tutto, perché?

Roma è una città incredibile. Anche solo dal punto di vista urbano. In pochi chilometri hai monumenti che sono stati il centro della vita storica del mondo, e poi ti ritrovi in strade ormai degradate. Per chi la vive, è una città che ami e odi. C’era Remo Remotti che scrisse la sua famosa “Me ne vado da questa Roma…” che è una sintesi perfetta. Per quello che scrivo io, per il messaggio che voglio dare, è la scenografia perfetta.

Andrete in tour?

Faremo delle date in giro per L’Italia, tra cui il bellissimo Teatro Manzoni di Calenzano a Firenze.

Progetti ulteriori?

A novembre debutterà un nuovo testo, in questo percorso “urbano” che sto affrontando in questi anni. Sarà una storia che toccherà dinamiche molto particolari anche stavolta.

Vuole aggiungere altro?

Spero che il messaggio che vogliamo portare arrivi allo spettatore. Ovvero: ciò che mettiamo in scena è mosso da una forte componente a voler lottare, provare a sovvertire il destino, e che mai e poi mai ci si deve dare per vinti dal destino! Mai.

 

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