Cinquant’anni dopo la sua morte, Roma continua a portare addosso le tracce di Pasolini. Nei muri scrostati delle borgate, nei tramonti che colorano di rosso i tetti popolari, nei volti dei ragazzi che camminano per strade che non conoscono più la povertà ma custodiscono la stessa rabbia antica, la sua voce è ancora lì.
Roma non è più quella che lui raccontava: le baracche sono sparite, le periferie si sono fatte città. Ma l’anima, quella profonda e popolare, sopravvive sotto la polvere del tempo, tra i palazzi, i mercati e le voci che resistono.
Pasolini continua a guardarci con lo stesso sguardo lucido e spietato con cui osservava i “frutti d’una storia tanto diversa”. Nei suoi versi, nelle sue immagini, nel suo cinema che graffia e interroga, ritroviamo la diagnosi di un Paese che non ha mai smesso di essere malato di disuguaglianze e illusioni. Oggi, nel silenzio rumoroso delle nostre città digitali, la sua voce ci chiede di tornare a vedere, a capire, a scegliere.

Celebrare Pasolini non significa metterlo su un piedistallo. Significa impedirne la dimenticanza. Significa ricordare che la sua morte — violenta, irrisolta, ingiusta — resta una ferita aperta nella carne viva della cultura italiana. E che il suo pensiero, più che mai, è un atto di resistenza.
Abbiamo intervistato Tonino Tosto.
Cinquant’anni dopo la sua morte, quanto è ancora viva la Roma di Pasolini? Cosa resta del suo sguardo sulle borgate e sull’anima popolare della città?
Il pensiero, le opere, le sue posizioni sono oggi di grande attualità, spesso sembrano espresse non oltre cinquanta anni fa ma recentemente. La Roma raccontata da Pasolini è molto cambiata: Le borgate sono state sanate da amministrazioni comunali efficienti (come quella di Petroselli). Lo sguardo sulle borgate (oggi periferie) e sull’anima popolare della città resta anch’esso sempre attuale. I suoi versi in questo caso fotografano i pregi, i difetti i vizi e le virtù di un popolo che fa delle diversità la sua unicità.
Li osservo, questi uomini, educati ad altra vita che la mia: frutti d’una storia tanto diversa, e ritrovati, quasi fratelli, qui, nell’ultima forma storica di Roma. Li osservo: in tutti c’è come l’aria d’un buttero che dorma armato di coltello: nei loro succhi vitali, è disteso un tenebrore intenso, la papale itterizia del Belli, non porpora, ma spento peperino, bilioso cotto.
Il vostro progetto unisce arti visive, scrittura, cinema e teatro. Come si può parlare di Pasolini oggi, in modo attuale e non solo celebrativo?
Per noi il termine “celebrativo” significa lavorare per evitare che il passare del tempo favorisca la “dimenticanza” e che la crescente “non conoscenza” prevalga favorendo la promozioni di versioni false e inattendibili. Celebrare per non permettere che si continui a coprire la vicenda dell’omicidio di Pasolini. Il caso è ancora aperto e è ancora possibile capire perché e da chi fu costruita, ordinata e eseguita la sua uccisione. Il nostro progetto si fonda sulla esigenza di unire i diversi linguaggi dell’arte pasoliniana alle nuove opportunità che questi hanno oggi di essere raccontati anche con il contributo di nuove tecnologie. In questo un ruolo fondamentale hanno Cinema, Teatro (molto presenti nel nostro programma) confronti, dibattiti e scrittura (il nostro percorso formativo prevede che i partecipanti scrivano oggi (in versi o in prosa) sui temi, sui luoghi e sui personaggi che segnano il percorso autoriale e di vita di Pasolini.

Il Teatro Porta Portese diventa un laboratorio di memoria e partecipazione. Quanto conta oggi avere spazi dove arte e cittadinanza si incontrano davvero?
Il Centro Culturale AttivaMente, Teatro Porta Portese, si è, in questi anni, proposto come luogo di produzione e rappresentazione per artisti affermati e per giovani che si affermeranno; luogo di incontro e socializzazione, di spettacoli, di conoscenze, di letture, buon ascolto; centro di ricerca e scambio di storie e memorie, formazione per giovani, adulti, artisti, compagnie e performer e luogo espositivo per artisti emergenti e affermati.
L’obiettivo è sempre quello di combattere – anche attraverso le attività culturali, formative e performative – l’indifferenza, il crescente individualismo, la non partecipazione alla vita sociale e l’abbandono dei momenti e dei luoghi aggregativi. È auspicabile avere tanti spazi culturali e aggregativi in ogni Municipio di Roma. Luoghi nei quali gli artisti sono cittadini a disposizione di altri cittadini e l’Arte è il collante per favorire conoscenza, partecipazione e ritorno allo stare insieme a vedere un film, assistere a uno spettacolo, ascoltare un concerto, leggere un libro, visitare una mostra, sorridere al vicino. Tutto ciò è fondamentale per non precipitare nell’imbarbarimento sociale. Spero che le Istituzione capiscano che è su Cultura, formazione e socializzazione che si gioca il nostro futuro.
Nel suo libro “Pasolini e Roma” lei racconta il legame profondo tra il poeta e la città. In quali luoghi di Roma si sente ancora la sua presenza?
La presenza di Pasolini nella città di Roma è sempre profonda e attuale. È necessario che i suoi versi, le immagini, le descrizioni, i suoni, i profumi, il degrado e la bellezza di questa “Stupenda e misera città” siano presenti nelle nostre proposte culturali. Pasolini è sempre vivo ed attuale. L’oblio e l’ignoranza si battono favorendo la conoscenza. Il mio libro – con i suoi “Racconti di scena” nei quali Pasolini e alcuni eventi storici sono protagonisti – vuole dare un contributo a questa necessità di mantenerlo sempre in primo piano sulla nostra scena quotidiana.
Quanto le arti visive e il teatro possono aiutarci a tenere vivo il pensiero pasoliniano, soprattutto tra i più giovani?
Tanto. Le Arti possono contribuire a tenere vivo e presente il pensiero pasoliniano. In questo Teatro e arti visive connesse possono contribuire al dialogo con il mondo giovanile e stimolare conoscenza, approfondimento e nuove riflessioni/produzioni sull’attualità e l’evoluzione/involuzione del mondo che Pasolini attraverso le sue produzioni ci racconta.
Pasolini è stato spesso scomodo e profetico. Pensa che oggi siamo pronti ad ascoltarlo davvero?
Purtroppo no! L’individualismo esasperato e la non conoscenza – spesso sventolata come status symbol – allontanano molti dallo studio del suo mondo poetico e dall’approfondimento di temi, visioni, posizioni “profetiche”, polemiche, narrazioni, immagini. Nulla però è perduto. È importante, però, che questo fiorire di iniziative non siano “in scena” solo in occasione del tragico anniversario dell’omicidio di Pasolini ma si riconfermino e si sviluppino anche nei prossimi anni. È importante – ad esempio – che il progetto “Pasolini Art visual Territorio” che stiamo realizzando sia biennale (grazie al contributo dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Roma).
Cosa racconta questo spettacolo? E che tipo di verità cerca di portare in scena su Pasolini e sul nostro tempo?Lo spettacolo propone con recitazione, immagini musiche e canzoni originali composte su versi di Pasolini, un viaggio onirico alla ricerca della verità che “… possiamo/dobbiamo trovare tornando dove altri già sono passati… forse vedendo quello che non hanno visto, capito… altrimenti tutto rimane come oggi è: dimenticanza di fatti e circostanze volutamente ignorate abbandonate in un sotterraneo della procura di Roma dentro uno scatolone di cartone con su stampato il numero 3257 C con dentro la sua camicia, macchiata dal suo sangue, un maglione verde, occhiali, il suo tesserino da giornalista… oggi basterebbe un test del DNA…”. In questo percorso un uomo e due donne seguono tracce indicate da un anonimo scrittore di lettere. Ai tre si uniscono tre attori che mettono in scena le loro verità e interpretano se stessi nel sogno di un sogno sognato. Un bambino riporterà tutti alla poeticità di cento aeroplanini di carta che riempiono/disegnano il cielo.
Se Pasolini fosse vivo nella Roma di oggi, cosa direbbe? E cosa penserebbe della nostra società e dei nuovi linguaggi?
Certamente proseguirebbe la sua opera poetica e, al tempo stesso non tacerebbe davanti ai drammi che si vivono nel mondo (dalle guerre alla fame, dalla emigrazione alla crescente ignoranza e indifferenza dalla presa del potere da parte di chi promuove la violenza come soluzione di ogni male). In questo rientrerebbe il giudizio sulla nostra società nella quale – come sempre – a soffrire sono gli ultimi e prosegue il sistematico smantellamento dei cardini fondamentali della nostra Democrazia Costituzionale. Per quanto riguarda i nuovi linguaggi avrebbe argomenti per polemizzare contro nuovi linguaggi che spesso significano esclusione dal mondo reale e trasformazione di masse in “follower”. Al tempo stesso credo che sarebbe molto interessato (e sicuramente polemico) agli sviluppi, alle applicazioni e alle conseguenze della Intelligenza Artificiale.
Se Pasolini camminasse oggi per Roma, forse non riconoscerebbe la città. Forse sorriderebbe amaro davanti a un popolo che corre dietro a schermi luminosi invece che ai sogni, e che scambia la connessione per conoscenza.
Forse ci griderebbe addosso, ancora una volta, la sua disperata vitalità.
Ma forse, guardando i giovani che ancora cercano parole vere, troverebbe una scintilla di speranza.
Nel nostro tempo di smemoratezza e di rumore, la sua voce è ancora necessaria. Non per nostalgia, ma per giustizia. Perché ogni volta che un artista, un insegnante, un attore, un regista o uno spettatore decide di raccontare la verità — anche quando fa male — Pasolini torna a vivere. E Roma, con le sue luci e i suoi abissi, resta il palcoscenico ideale per quel dialogo interrotto: tra poesia e realtà, tra morte e rinascita, tra noi e la coscienza di ciò che siamo diventati.









