Oltre il sipario

Parlare con Elisabetta è un po’ come aprire il libro de “Il Piccolo Principe” ed immergersi nelle sue avventure, nella sua forza creativa e immaginaria, nella sua volontà di andare nel mondo della vita alla ricerca non solo di sé ma anche dell’essenza della vita. È un viaggio avvincente e denso di emozione che si schiude come un bucaneve sotto la neve perché la forza vitale è così intensa da non temere le avversità. C’è sempre il sole anche dietro a un sipario di nuvole ed Elisabetta ce lo insegna con la sua capacità di toccare il cuore dell’altro. La parola, la musica, le emozioni in racchiuse in lei sono compagne di viaggio nella densità mondana dove spesso la cifra è smarrita. Ascoltarla e leggerla è accedere non solo al suo mondo intimo ma anche contattare la nostra parte interiore affinché possa ancora una volta sbocciare un sorriso di leggerezza e speranza.

    

Cara Elisabetta, grazie di questa possibilità. Vengo alla prima domanda, forse banale ma senza dubbio importante, per iniziare questo nostro dialogare: raccontaci di te?

In prima elementare vengo folgorata da un pianoforte.

“Folgorata da un pianoforte”?

Avevo una maestra appassionata di musica, con lei provai a fare un vocalizzo.

Cosa è successo?

Ho iniziato a sentire qualcosa dentro di me. Qualcosa di diverso, non saprei spiegarlo, ma una cosa avevo ben chiara: a sei anni presi la decisione che avrei fatto la cantante.

È stato così?

Nel corso dei miei anni scolastici ho avuto modo di organizzare i miei studi. Ho iniziato a studiare canto poi ho aggiunto anche la recitazione. Nel mio liceo c’era un corso di teatro, così ho unito le mie più grandi passioni: il canto e la recitazione.

E poi?

Dopo il liceo ho pensato che fosse importante avere un piano B, anche se poi mi sono creata un piano C, un piano D e così via. Ho costruito tante possibili strade, nella vita non si sa mai.

Quindi?

Mi sono iscritta all’università laureandomi in Antropologia. Studiare Antropologia mi ha aperto un nuovo interesse: quello della scrittura.

Come un Piccolo Principe sei andata alla ricerca della tua rosa?

In un primo tempo la scrittura è stata al servizio delle canzoni. Ho pubblicato un CD per la Rai. Purtroppo, le cose non sono andate come desideravo e, dopo qualche Sanremo non soddisfacente, ho volto il mio interesse nel teatro musicale, consolidando sempre più questa scelta.

Ma non è tutto?

Già non è tutto! Mi sono anche specializzata in scrittura dialettale.

“Mamma mia”, che passione?

Arriva “Mamma mia” che ancora portiamo in giro in teatro, un vero successo. Lì vesto i panni di Rosie.

Sei comunque una donna a tutto tondo?

Sono una donna con tanti piani, innamorata del suo lavoro, di suo marito e di suo figlio. Tornando alla tua domanda iniziale: “raccontaci di te”, ecco: sono una donna di 45 anni che fa l’attrice, canta, è laureata in Antropologia, ama scrivere in diversi dialetti, adora scrivere per il teatro, è autrice per sé e per gli altri, è una performer, moglie e madre. Ti basta?

Mi basta! Ogni destinazione ha il suo perché?

Sono curiosa, mi piace conoscere e sperimentare altre forme d’arte, assaporare destinazioni diverse che creano un corpo unico con l’arte. Ho un fermento interiore che mi conduce verso la conoscenza, mi dà lo stimolo per non fermarmi mai. Ho il bisogno di andare alla ricerca di nuovi lidi.

Cosa fai per raggiungerli?

Ricerco e studio, prendo spunto dalle persone che incontro, mi lascio ispirare, non mi fermo.

Tra tutti questi territori, ce n’è uno dove ti riconosci di più?

La voce cantata è qualcosa a cui io non potrei mai rinunciare. Pensa che ogni mattina, per anni, mi svegliavo con l’idea di capire se la mia voce al mattino seguente funzionava ancora. Ogni mattina facevo il test della voce. Adesso, forse con l’età, con l’esperienza so che posso contare sulla mia voce; quindi, questo test non lo faccio più.

Che cos’è per te la voce?

Il mio primo pensiero, la mia cara compagna di viaggio nel mondo della vita. La mia miglior amica. Ho insegnato canto fino all’ottavo mese di gravidanza.

Tuo figlio amerà la musica?

Fintantoché è stato in pancia gli ho cantato sempre. Mi ricordo che quando è nato, arrivati a casa, gli ho cantato la canzone che ero solita cantare quando lui era in pancia.

Cosa è successo?

Ha fatto un pianto disperato. Non ho più cantato per lui. Lo addormentavo con un suono lieve che pronunciavo, ma niente canzoni. Ho dovuto aspettare molti anni prima di poter ricantare per lui.

Seguirà le tue orme?

Una volta mi ha detto: non voglio fare teatro! Ha altri interessi e il mio desiderio che sia felice e percorra la strada che vuole intraprendere. È giusto che segua i suoi interessi e le sue attitudini.

Hai un Maestro a cui ti ispiri?

Bella domanda! Non ho un solo maestro ho tanti maestri.

Chi sono?

Le mie professoresse del liceo.

In cosa ti sono state maestre?

Mi hanno insegnato la disciplina, che mi è stata utile nel mio lavoro. Per una sola replica provavamo mesi e mesi. Ho compreso che grazie a questa disciplina potevamo raggiungere la perfezione.  La nostra scuola di teatro era diventata un piccolo fenomeno cittadino. Tutto questo per me è ancora un insegnamento prezioso.

Sarai impegnata con lo spettacolo “La storia de Giulietto, de Marisa e della Mano in chiesa”, scritto e interpretato da te con la regia di Mauro Simone?

Intanto una cosa bella è che lo spettacolo si terrà all’aperto, in un parco, con tanta gente libera di poter ridere per un’ora e sentire musica coinvolgente e divertente. La musica romana farà da cornice. Ci sono canzoni sia della tradizione romana sia contemporanee, scritte da me che vanno a fare da contorno alla storia. Quindi, la prima cosa è la libertà. La libertà di vedere uno spettacolo in tranquillità. Riprendo dopo anni di assenza, questo spettacolo sarà una festa. Questa pièce è il mio primo monologo, poi ne sono seguiti altri. Lo spettacolo ha vinto anche il “Testaccio Comic Off”.

Perché un monologo?

Perché vorrei farne una trilogia, infatti sto scrivendo il terzo.

Parliamo di questo monologo dove interpreti 11 personaggio tra cui un uomo e una donna?

Sono 11 personaggi diversi. I protagonisti sono Marisa che fa la fioraia e Giulietto che fa il pizzicagnolo. Lui ama lei, ma lei non lo corrisponde per paura di un pregiudizio che aleggia su Giulietto.

Un pregiudizio?

Sì! La mano in Chiesa. Il tutto è collocato in una Roma anni ’50.

La mano in Chiesta?

Se siete curiosi non vi resta che venire a vedere lo spettacolo, vi divertirete, ne sono sicura.

Hai mai scritto per il cinema?

Ci ho provato, ma non ha avuto un esito positivo. Avevo scritto una sitcom di quattro puntate quando ancora le serie televisive non c’erano. A parte questo tentativo mi piace il teatro, mi piace farlo, vederlo. Il legno è la mia casa.

Progetti autunnali?

Spero nella ripresa autunnale di “Mamma Mia”. Dovrei riuscire a terminare la mia terza trilogia e poi portarla in teatro. Vedremo.

 

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