Il caso non esiste: “Qua siamo”

Il meraviglioso mondo di Marita Vitolo sembra costruito come un puzzle dove ogni tassello trova la sua collocazione in mezzo all’andare della vita. Seppur qualche fermata è d’obbligo il tutto accade perché è nell’andare naturale delle cose. C’è un fil rouge sottile che unisce l’inizio con la meta da raggiungere, a volte è stato necessario riannodare la stramatura altre volte aggiungere un nuovo colore ma tutto si è intonato con la giusta armonia che accarezza l’anima. “Qua siamo” è un lavoro intenso, denso della sua cifra esistenziale, che tocca le corde dell’anima restituendo allo spettatore lo stimolo al pensiero, al fare consapevolezza, al porsi delle domande. Nella vita tutto può accadere sta alla persona poi scegliere il suo viatico per costruire il proprio progetto di vita.

Cara Marina, “Qua siamo” e questa intervista dobbiamo fare, ma tu chi sei?

Sono un’attrice ma sono anche una donna. Ho tutte le difficoltà dell’essere un’attrice donna quindi una mamma, una figlia con tutto quello che comporta.

E poi?

Sono un’attrice che è stata per un bel po’ di tempo in stand by per crescere i figli. Quando i miei figli sono diventati grandi ho ripreso il mio lavoro di attrice. Sono stata molto fortunata perché questo mestiere, già difficile di suo, mi ha permesso di ricominciare senza pagare pegno. Ho riiniziato a lavorare in età adulta, abbastanza adulta. Mi sono goduta il mio essere madre e poi ho avuto la fortuna di poter nuovamente scegliere quello che fare in maniera molto disinvolta. Quanto è importante saper scegliere per una persona che fa il tuo mestiere?

Molto! Per chi fa questo mestiere è importante fare le giuste scelte. Tuttavia, spesso si fa fatica perché in questo lavoro ognuno è solo. Tanto che lo spettacolo che porteremo in scena al Teatro Marconi parla di questo tipo di solitudine. È una visione al femminile di donne che fanno il mestiere dell’attrice.

Ma perché sono sole?

Sono sole perché purtroppo non esiste la solidarietà. Spesso non si riesce a vivere serenamente questo mestiere, non si condividono e non si fanno le cose insieme. Diciamo che non c’è alcuna collaborazione. Per fortuna non è il mio caso. Mi sono sempre circondata di persone che ci tenevano e ci tengono a me, che non mi hanno mai lasciata sola. Credo molto nell’importanza di lavorare, crescere, progettare insieme. È importante dare e ricevere consigli, scambiarsi delle idee.

Che tipo di solitudine è quella di cui stai parlando?

È la solitudine tipica delle donne che fanno questo mestiere. Vivono, diciamo così, una situazione un pochino ibrida. Chi ha famiglia vive la difficoltà di tenerla insieme, di viverla al meglio. Viceversa, chi non ha famiglia, perché si è dedicata in tutto e per tutto a questo mestiere, ha poi un altro tipo di solitudine.

Tu sei anche un’autrice oltre che un’attrice?

Sì! L’ultimo lavoro “Qua siamo” l’ho scritto insieme alla mia collega Flavia di Domenico. Il lavoro è stato scritto durante la pandemia.

In un momento decisamente importante: la solitudine era tangibile?

Assolutamente sì! la nostra categoria ha pagato, forse, il prezzo più caro durante la pandemia ed ancora si fa molta fatica. Siamo diventati invisibili.

Secondo te perché?

Noi facciamo parte del mondo superfluo e in quel periodo il nostro mestiere apparteneva al di più, alle cose non essenziali.

Ognuno ha il suo destino oppure ognuno è artefice del proprio destino?

Credo entrambe le cose. Il proprio destino bisogna costruirlo e poi credo che si debba saper leggere i segni che la vita ti mette lungo la strada. Sta alla persona cogliere i segni e fare della propria vita un’opera d’arte. In poche parole: l’uno non esclude l’altro.

Quindi il caso non esiste: è l’alibi dello sciocco?

Fichissima questa frase, la faccio mia!

Dalla sinossi del tuo lavoro “Qua siamo” traspare questo concetto o mi sbaglio?

Sì! In fondo è questa la necessità che hanno le persone: incontrare il nuovo nell’altro.

Raccontaci qualcosa del tuo lavoro teatrale?

Siamo due donne, due attrici, due rivali che si ritrovano sole all’interno di un teatro in disuso. Entrambe hanno avuto la stessa idea, farsi ritrovare da un noto programma televisivo che cerca persone scomparse, per poter avere la tanta agognata fama mai ottenuta lungo il percorso della loro carriera di attrici. Essere obbligate a convivere, seppur per breve tempo, riaccenderà l’antica rivalità ma porterà alla luce anche le reciproche debolezze. Tra battute divertenti e momenti più intimisti scopriranno di non essere poi così distanti, ma il destino non è mai come ce lo aspettiamo e per le due donne ha in serbo un finale imprevedibile.

In altre parole: ogni vita vera è incontro?

Esattamente!

Facciamo un passo indietro, sai sono curiosa, tu dove ti sei formata?

Sono napoletana, anche se da trent’anni vivo a Roma. Mi sono formata all’Università laureandomi in sociologia delle masse e delle comunicazioni con l’indirizzo dello spettacolo. Dopodiché ho iniziato subito a lavorare a Napoli. La prima compagnia da professionista è stata quella di canto popolare. Da lì tutto ha avuto avvio.

Cosa ricordi del giorno della tua laurea?

Stavo lavorando in teatro, eravamo in tournée a Catania. Ho viaggiato di notte per tornare a Napoli a laurearmi, per poi ripartire subito dopo aver discusso la tesi di laurea. I miei colleghi festeggiavano, io ero sola. Una volta finita la discussione ho chiamato mia madre e sono ripartita per Catania.

Cosa ti ha detto tua madre?

Poche parole, come stavo, come era andata e poi mi ha detto: “mi raccomando mangia!”. Era il suo modo di aver cura di me.

Dopo tanto successo la scelta di lasciare tutto a favore della famiglia?

La scelta di lasciare il lavoro per dedicarmi alla famiglia l’ho maturata in tournée con Marisa Laurito. Eravamo in Giappone, all’epoca non c’erano ancora i cellulari, le video chiamate. Con noi c’era un’attrice che aveva un bambino piccolo, ho visto quanto soffriva per la lontananza, così mi sono detta: “quando deciderò di mettere su famiglia e fare dei figli per un po’ lascerò il mio lavoro”. Così è stato.

Quanto è stato difficile tornare al lavoro?

Sono stata fortunata ho ripreso subito a lavorare molto. Seppur erano cambiate molte cose. Prima non si facevano i provini al contrario di adesso. Mi sono goduta e mi sto godendo il dono di essere tornata al mio lavoro e soprattutto di non essere stata dimenticata.

Hai mai pensato di scrivere un libro?

Mi hai letto nel pensiero. È un progetto che ho in cantiere. Ho iniziato a buttare giù qualche pagina nei ritagli di tempo. Non è facile perché sono molto presa dal mio lavoro e dallo scrivere la seconda parte di “Qua siamo”, dove ci sarà una grossa novità.

Chi sono i tuoi compagni di viaggio in “Qua siamo”?

“Qua siamo” è scritto e interpretato da me e Flavia Di Domenico. La regia è di Francesca La Scala, una donna e una regista straordinaria. Quando lavoro mi piace condividerlo con delle donne. Il teatro al femminile mi dà entusiasmo. L’aiuto regia e la voce off è affidata ad Alessandra Sani. La direttrice di palco è Silvia Capradossi. L’audio è a cura di Francesco de Laurentiis. Le foto di scena sono firmate da Roberta Consoli e la grafica da Maria Paola Canepa.

Progetti autunnali?

Con Flavia di Domenico stiamo scrivendo la seconda parte di “Qua siamo”. Girerò un film a Ischia a settembre e poi altri lavori di cui ancora non posso parlare.

 

 

 

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