Benvenuti, cari lettori, in un viaggio interiore che promette di scuotere le fondamenta del nostro percepire. Immaginate una bambola di legno, una Matrioska, che cela al suo interno un universo di possibilità, un eco di domande che risuonano nel silenzio dell’anima. Dal 14 al 16 marzo 2025, il palcoscenico del Teatro Trastevere in Roma si trasformerà in un laboratorio alchemico, dove Cinzia Cordella, insieme a Gabriele Guerra e alle proiezioni evocative di Paolo Ricci, darà vita a “Matrioska”.
Questa non è una semplice performance, ma un’immersione nel cuore della crisi, una discesa negli abissi del dubbio per riemergere con una nuova consapevolezza. Cinzia Cordella, artista coraggiosa e inquieta, si fa esploratrice di quei sentieri gnostici, filosofici e letterari che ci conducono al senso ultimo dell’esistenza. Attraverso citazioni di giganti del pensiero come Einstein, Blake e Shakespeare, “Matrioska” ci sussurra che l’ignoto, il non visibile, sono il terreno comune tra misticismo e scienza.
Preparatevi a un’esperienza trasformativa, un inno alla vita e alla bellezza che ci circonda, una spinta gentile ma decisa a volgere lo sguardo verso ciò che conta veramente. Oggi, qui con noi, in questa avvincente intervista, l’anima vibrante di “Matrioska”: Cinzia Cordella.
“Matrioska” sembra esplorare concetti complessi come la fisica quantistica e la crisi esistenziale. Qual è stata la scintilla iniziale che ha dato vita a questo progetto?
Da anni sono appassionata di fisica quantistica, ma anche di metafisica. Un giorno ho cominciato a riflettere sulle analogie tra un concetto di fisica quantistica che afferma “L’osservatore modifica la realtà osservata” e le parole di Gesù “Come dentro così fuori, cercate il regno dei cieli dentro di voi e tutte le altre cose vi verranno date in aggiunta”…Dicono la stessa cosa! Tutto dipende da come io guardo il mondo, da come lo sento e lo vivo dentro di me. Da qui è nata l’urgenza di portare in scena i risultati delle mie ricerche su questi temi, e condividere con lo spettatore la meraviglia che ho vissuto io in queste “scoperte”.
Il testo suggerisce che la performance cerca di dare un senso all’esistenza attraverso la crisi. Potrebbe approfondire come questa crisi viene rappresentata e superata nello spettacolo?
Lo spettacolo pone l’accento sul fatto che la crisi esistenziale nasce fondamentalmente dalla mancanza di qualcosa in cui credere, a cui alienare..Ma la crisi è anche fondamentale per il nostro viaggio su questa terra, per la nostra crescita. Non possiamo evitare di viverla fino in fondo perché ci porta a guardare dentro di noi. “Se non conoscerete voi stessi vivrete nella povertà e sarete la povertà” (Vangelo di Tommaso). Nell’antichità l’uomo aveva un rapporto più profondo con se stesso, oggi si guarda fuori. Ci si perde nelle distrazioni di un sistema frenetico e materialista. L’uomo ha scelto il materialismo alla spiritualità, e così l’esistenza sembra perdere il suo senso più profondo. In Matrioska, nello specifico e’ l’artista che è in crisi e affronta una lunga notte dell’anima cercando aiuto nei libri di metafisica e fisica quantistica, in quell’alchimia che aleggia nei libri antichi. Come se ci fosse un tesoro da scoprire..Una Verità che non può essere ignorata…
Lei e Gabriele Guerra portate in scena i principi della fisica quantistica. Come avete tradotto concetti scientifici astratti in un linguaggio teatrale accessibile al pubblico?
E’ un viaggio tra le analogie. William Shakespeare, Gesù, Il Vangelo di Tommaso, Nietzsche, William Blake, Ralph Waldo Emerson, Jiddu Krishnamurti, e molti altri citati in Matrioska affermano tutti una grande unica Verità. L’artista in scena cerca questa Verità interrogando questi nomi.
Di sicuro non è consueto parlare di Gesù a teatro, e per questo ci è stato utile affrontare dei passaggi anche con una certa ironia…
Si parla di un “viaggio nella notte buia dell’anima”. Quali sono le tappe fondamentali di questo percorso emotivo che il personaggio compie?
La ricerca del Divino sembra essere un tema centrale. Come si manifesta questa ricerca sul palco e quali sono le sfide che il personaggio incontra nel suo tentativo di avvicinarsi al Divino?
Ci sono più cose in Cielo e in Terra, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia. Così parlava Amleto nella famosa tragedia di William Shakespeare. C’è una Terra di mezzo non esplorabile con i sensi ordinari, ma che caratterizza la realtà del nostro Mondo e da cui quasi sempre discendono le manifestazioni nel sensibile. L’artista in Matrioska percepisce l’esistenza di questa Terra di mezzo, e come direbbe Kierkegaard, la sua angoscia nasce appunto dalla fede, perché paradossalmente la fede è una certezza che coesiste con l’incertezza assoluta. “Mi muovo verso un nulla e in questo nulla nasce la mia angoscia”. Ma è un percorso in verticale, e verso l’interno invece che verso l’esterno. Alla crisi appartengono vibrazioni basse di paura e conflitto, e passo dopo passo l’artista cerca di alzare queste vibrazioni per andare verso una “luce” finale..
Il testo menziona l’importanza della bellezza come “salvezza per l’uomo”. In che modo la performance celebra la bellezza e come questa può trasformare le tenebre in luce?
“Io credo in un Dio che sa danzare. Io credo in un Dio che si serve di me per danzare.” Ecco come MATRIOSKA celebra la bellezza, con il corpo. Un corpo che non è completo senza spirito. E’ l’unione tra cielo e terra a trasformare le tenebre in luce. Il corpo è la terra, lo spirito è il cielo.
“Matrioska” attinge a sentieri gnostici, filosofici e letterari. Quali sono le principali fonti di ispirazione per lo spettacolo e come queste si integrano nella narrazione?
“Ci risiamo! La metafisica invade dinuovo il mio tavolo ed io mi muovo tra cielo e terra con le mie dita mancine macchiate d’inchiostro” – Solo parole dell’artista in scena, ed è anche l’immagine di me a casa mia, invasa letteralmente da libri sugli argomenti trattati. Posso citare solo qualche fonte, sono tantissime: il Vangelo di Tommaso, Il matrimonio tra cielo e terra dí William Blake, libri sulla ghiandola pineale, la Bibbia, Sussurri dall’Eternita’ di Paramhansa Yogananda, Il regno di Dio e’ in voi di Lev Tolstoj, le poesie di Jiddu Krishnamurti, la Divina Commedia, Amleto di W.Shakespeare, Il concetto dell’angoscia di Kierkegaard, ecc.
Il testo cita pensatori come Einstein, Blake e Shakespeare. Come avete scelto queste citazioni e come contribuiscono al messaggio complessivo della performance?
Non è stato facile scegliere una citazione piuttosto che un’altra, ecco perché Matrioska ha avuto “un parto” così lungo..Due anni di sperimentazione con prove aperte al pubblico perché avevo bisogno di fare le mie scelte insieme al pubblico, dí cambiare, fissare o tagliare anche in base al feedback emotivo del pubblico e a ciò che sentivo io in scena nella relazione con lo spettatore. Le citazioni scelte sono come dei messaggi racchiusi in una bottiglia trasportata dalla corrente del fiume, e chi ha voglia di allungare la mano può “leggerle”..
“Matrioska” è definita come un “Inno alla Vita, un inno alla Bellezza”. Quali sono gli elementi specifici della performance che incarnano questo spirito di celebrazione e positività?
Il trattato sulla natura di Ralph Waldo Emerson, da cui ho tratto il monologo finale e’ per me un vero inno alla Bellezza. Dovrebbero leggerlo tutti.
E poi c’è un rito che celebro in Matrioska, dove brucio letteralmente tutto ciò che ci impedisce di vivere una vita migliore, come la paura, la rabbia, la bassa autostima, traumi infantili..Il negativo va consumato e bruciato per lasciare spazio al positivo
Lo spettacolo affronta temi importanti e profondi. Qual è il messaggio principale che sperate che il pubblico porti con sé dopo aver visto “Matrioska”? Il dubbio. Stimolare il dubbio che possa esserci dell’Altro. Siamo ingabbiati in un sistema sempre più materialista con conseguente annullamento delle coscienze. Se tanti grandi del passato, tra poeti, scienziati, filosofi, fisici, grandi mistici, ne hanno parlato qualcosa deve esserci…William Blake diceva “Quando le porte della percezione si apriranno, tutte le cose appariranno come realmente sono: infinite”. Matrioska tenta di aprire qualche porticina nell’animo degli spettatori..
Come è stato il processo creativo di collaborazione con Gabriele Guerra e Paolo Ricci (proiezioni video)? Un lungo e meraviglioso viaggio durato due anni. Matrioska si è trasformato in scena di volta in volta e continua a trasformarsi, esattamente come accade a tutti noi nel corso dell’esistenza o delle varie esistenze..Il dubbio è stato il nostro unguento. Non abbiamo mai dato nulla per certo, ci siamo posti continuamente domande e continuiamo a farlo..La bellezza del processo creativo è proprio la crisi in cui si muove l’artista con tutte le sue domande. Cerchiamo domande giuste, non risposte…
Qual è il ruolo delle proiezioni video di Paolo Ricci nella performance? Come contribuiscono a trasmettere i concetti e le emozioni che “Matrioska” esplora?
Le proiezioni in alcuni momenti vanno a completare il quadro della performance, in altri aggiungono forza ai contenuti espressi sulla scena e in altri ancora tendono ad avere un effetto ipnotico al fine di spostare la mente dello spettatore dallo stato di onde betha a quello di onde alpha, e quindi indurre una calma mentale e uno stato meno razionale ma più ricettivo e creativo.
Il testo suggerisce che “l’osservatore modifica la realtà osservata”. In che modo questa idea influenza la performance e il rapporto con il pubblico?
Questo concetto implica che lo spettatore vedrà in Matrioska solo ciò che sceglie di vedere..Così come l’artista in scena uscirà dal conflitto solo perché ha consapevolmente scelto di andare verso una “luce” finale, innalzando le proprie vibrazioni. “Tutto è energia”, e quest’energia che io cerco di incanalare in una direzione verticale si muove in scena tra me e gli spettatori. Non la vedi ma puoi percepirla..
“Matrioska” nasce dall’urgenza di condividere un pensiero secondo cui “esiste un potere divino che pervade tutto”. Potrebbe approfondire questa visione e come si riflette nella performance?
Il potere divino pervade tutto e noi siamo parte del Tutto. Il potere di cui parlo è anche dentro di noi. E’ quel potere che ti porta a fare scelte più istintive e meno razionali perché c’è qualcosa dentro di te che ti guida al di là di ogni ragionevole scelta e tu senti che quella strada è “giusta”. E’ una questione di fede…Io mi fido del fatto che una parte di me, divina e primordiale, l’Anima, sa già tutto, e metto la mia mente al servizio di questa, e non il contrario. Altrimenti si diventa “schiavi dell’intelletto”..
Quali sono le sfide e le soddisfazioni che ha incontrato nel portare in scena un progetto così ambizioso e complesso come “Matrioska”?
Se non credessi così profondamente nel potere di quest’energia invisibile che ci guida, non avrei potuto portarlo in scena. La mia urgenza mi ha spinto ad affrontare questa sfida quasi impossibile..Non sono temi che vengono trattati in teatro e non sono temi “popolari” che possono essere accettati facilmente da uno spettatore. Ad un certo punto ho scelto di inviare tanti piccoli imput, come tanti flash, e dare alla performance una direzione non lineare. Perché questi temi presuppongono un viaggio, possono essere compresi solo attraverso un percorso lungo e profondo, ed è impossibile trasmetterli in un’ora di performance. Ma potevo scegliere almeno di stimolare la curiosità verso questo o quell’autore, questo libro o quest’altro Provare a confondere lo spettatore, indurlo ad uscire dalla propria zona di comfort e dalle proprie certezze, anche solo per un momento. E sono molti gli spettatori che a fine spettacolo mi chiedono info sulle fonti del testo. Hanno desiderio di approfondire e questa è già una vittoria per me. Ho visto accadere cose meravigliose in Matrioska, ho ricevuto abbracci lunghi e calorosi da spettatori che pur essendo sconosciuti mi abbracciavano come se mi conoscessero da tempo. C’è un senso di gratitudine e di unione a fine spettacolo. Più volte mi è parso di toccare con mano il potere di quest’energia divina che aleggiava tra noi e gli spettatori e apriva i cuori. Ed è anche divertente invece riconoscere lo spettatore più razionale che dopo lo spettacolo ti guarda interdetto e vorrebbe avere una spiegazione a tutto, che cerca nelle domande che mi pone delle prove inconfutabili. Quello che porto in scena in Matrioska non si può spiegare, lo si può solo sentire…
E così, cari lettori, giungiamo alla fine di questo affascinante viaggio nel cuore di “Matrioska”. Le parole di Cinzia Cordella ci hanno svelato le intricate stanze di questa performance, illuminando le connessioni tra fisica quantistica e ricerca spirituale, tra crisi esistenziale e anelito alla bellezza.
Ci auguriamo che questa intervista abbia acceso in voi la stessa scintilla di curiosità che anima “Matrioska”, spingendovi a esplorare i sentieri inesplorati della vostra anima. Che possiate abbracciare il dubbio come un prezioso alleato, e che la bellezza del mondo, riflessa in ogni strato di questa creazione artistica, vi guidi verso una comprensione più profonda del vostro stare qui.
Ricordate le parole di Cinzia: “Matrioska tenta di aprire qualche porticina nell’animo degli spettatori”. Che queste porticine rimangano aperte, offrendo uno spiraglio di luce nel labirinto dell’esistenza. E chissà, forse, anche voi, uscendo dal Teatro Trastevere, sentirete l’eco di un potere divino che pervade ogni cosa, un invito a danzare con l’universo.