Mostro di Firenze: accesso agli atti Negato ai familiari, ma concesso per una serie TV di Netflix  

Scandalo attorno al caso del Mostro di Firenze: mentre Netflix ottiene l’accesso agli atti per una serie TV, ai familiari delle vittime viene negato un diritto costituzionale. L’avvocato di una delle madri definisce la produzione “di cattivo gusto”, mentre emergono nuove testimonianze e piste investigative, in particolare quella legata all’uomo del Mugello, che la Procura sembra ignorare. La vicenda si infiamma, tra accuse di speculazione e richieste di giustizia ancora inevase. Un diritto costituzionale calpestato. Il legale di Winnie Rontini: “Produzione di cattivo gusto”.

Le indagini sul Mostro di Firenze continuano a essere avvolte nel mistero, ma ciò che emerge con forza è il malcontento delle famiglie delle vittime e dei loro consulenti legali. Paolo Cochi, consulente di parte e portavoce di un parente delle vittime, denuncia la disparità di trattamento: “La Procura nega l’accesso agli atti ai familiari e nel contempo consente a una produzione cinematografica di fotocopiare gli stessi per farci un film o una serie TV”.

Un paradosso che, secondo Cochi (consulente di parte dell’avvocato Alessio Tranfa, legale di una delle vittime senza giudicato), mina il diritto dei parenti a conoscere la verità sui delitti che hanno segnato la storia nera d’Italia.

Sulla questione della serie TV in produzione, vi sono commenti e dichiarazioni anche da parte dei legali delle famiglie delle vittime. L’avvocato Pellegrini, legale di Winnie Rontini, madre di una delle vittime, è netto: “La serie TV è inutile e di cattivo gusto”.

Più possibilista l’avvocato Colao, che rappresenta la famiglia Mainardi, vittima del 1982: “Se rispetta la verità… può anche andare bene”, ma non risparmia critiche alla richiesta di revisione del caso avanzata da alcuni legali: “Secondo me è una sorta di mania di protagonismo da parte dei due avvocati Mazzeo e Biscotti occorre dare valore alle cose serie…”.

Dello stesso tenore il commento di Tiziana Bonini, cugina della vittima del 1974, che definisce “scandaloso” il trattamento riservato ai familiari: “Le indagini sono state chiuse… serve soltanto per lucrare sulla storia di questi ragazzi… è inaccettabile che non forniscano i documenti, “salvo esito della digitalizzazione” agli avvocati di parte mentre permettono alle produzioni televisive di accedervi”.

Sul fronte investigativo, l’avvocato Tranfa sottolinea come siano state presentate nuove memorie contenenti elementi ancora da chiarire e che la richiesta di riapertura delle indagini si basi su motivazioni aggiuntive sulla pista dell’uomo del Mugello. ” ribadendo che il diritto dei familiari di accedere agli atti viene costantemente ignorato dalla Procura. “Se continueranno a calpestarlo, andremo avanti con tutti gli strumenti che la legge ci mette a disposizione”.

Un caso ancora aperto, dunque, non solo sul fronte giudiziario, ma anche su quello dell’opinione pubblica, con le famiglie delle vittime che continuano a chiedere giustizia e rispetto per una vicenda che non ha ancora trovato giustizia. Ulteriori memorie difensive l’uomo del Mugello.

Il quadro indiziario si arricchisce di nuove testimonianze sulla presenza di un uomo.

Inoltre, é stato evidenziato alla Procura di Firenze la testimonianza contenuta in un articolo del 1994 pubblicato sulla rivista VISTO dal giornalista De Gennaro. La confidenza di Susanna Cambi prima di morire alla sorella, circa un uomo, alto, robusto dai capelli rossicci che la seguiva nei pressi della stazione di Firenze…

Insomma, la ricerca si arricchisce di elementi.

Oltre a quelli già presentati, sembra proprio una costante la presenza di un soggetto con certe caratteristiche.

La Procura, non si decide ad appurare, se come ipotizzato dalle indagini difensive, l’uomo sospettato era il soggetto di Scarperia già sfiorato dalle indagini e poi “dimenticato”.

Nelle trasmissioni Rai abbiano sentito i parenti dell’uomo del Mugello circa la sua  attività lavorativa negli ambienti investigativi e giudiziari ed il legame con Pier luigi Vigna, un noto Magistrato. Altre situazioni, come la testimone autostoppista che apprese la notizia della macabra lettera con il feticcio al magistrato Silvia della Monica, prima che la stessa era uscita sui giornali.

Tanti elementi e tanta “carne al fuoco” sui quali la Procura nonostante le richieste dei legali delle vittime, non ha provveduto fino a ora ad alcun accertamento richiesto.


Le perizie presentate e gli indizi, le testimonianze nella trasmissione di Rai tre a “Far West” hanno confermato quanto affermato dai parenti dell’uomo del Mugello circa la sua attività lavorativa negli ambienti giudiziario-investigativi.

Queste ulteriori testimonianze potrebbero “sbloccare” la Procura a fare chiarezza accertando i molti lati oscuri: l’avvistamento nella piazzola di scopeti il giorno dell’omicidio della coppia francese nel 1985 di due persone che operavano nella piazzola antistante degli Ari Krisna.

Uras e Biscotti, al pari dei testimoni di Vicchio, vedono un uomo robusto alto, castano rossiccio che si aggirava nei pressi del luogo del delitto.  All’inizio fu indagato tal Rodolfo Fiesoli che poi risultò estraneo all’avvistamento. Sempre la stessa tipologia di persona fu vista l’anno prima a Vicchio che seguiva i ragazzi uccisi e nel bar dove lavorava Pia Rontini.

L’avv. Alessio Tranfa ha dichiarato: “Per onor di verità nella conferenza stampa, presso la vostra sede è stato omesso dai relatori di informare la stampa che i risultati dello studio sulla retrodatazione è già stato valutato sia in sede giudiziaria e respinta nel 2004 a Genova e da documentari oltre che da un libro e da trasmissioni televisive di Paolo Cochi comprese le testimonianze della locanda e le foto di Nadine”.

Il materiale fotografico utilizzato per questa la ricerca poderosa che ho svolto e ancora svolgo in questi anni proviene dal mio archivio e che é stato utilizzato materiale senza il mio consenso.

Le iconografie usate non erano presenti nel fascicolo processuale e nemmeno l’avv.to Filasto ne conosceva il contenuto … Ergo, seppur scientificamente più che verosimile, non ritengo che la richiesta fatta dagli avvocati di Paolo Vanni difficilmente, secondo me, verrà accolta. Una inammissibilità metterebbe una pietra tombale sulla impossibilità di rivalutare il processo contro Vanni.

Mentre le telecamere di Netflix si accendono sui luoghi del terrore, l’ombra del Mostro di Firenze continua ad allungarsi sulle vite dei familiari delle vittime. Un macabro paradosso: la sete di scoop e audience sembra prevalere sul diritto alla verità e al rispetto. Le nuove piste investigative, soffocate da silenzi e omissioni, riaprono ferite mai cicatrizzate, mentre lo spettro dell’uomo del Mugello si aggira ancora tra le pieghe di un’inchiesta che, a quasi quarant’anni dagli ultimi omicidi, rischia di rimanere per sempre incompiuta. Un epilogo amaro, dove la giustizia sembra svanire dietro l’obiettivo di una cinepresa.

Psicologa, Psicoterapeuta, Criminologa, Giornalista, Blogger, Influencer, Opinionista televisiva.

Autrice di numerosi saggi e articoli scientifici.

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