L’opera del fantasma

Ogni vita vera è incontro non solo con il proprio essere persona ma anche con l’Altro, con il mondo. Chiara Bonome ha ben chiaro quanto sia essenziale per poter camminare nel mondo della vita saper coniugare incontro e condivisione, empatia e disponibilità, presenza e ascolto. Lei che nel suo mestiere di artista a trecentosessanta gradi sa coniugare magistralmente il suo essere attrice, regista e autrice si racconta con apertura e presenza, con chiarezza e passione poiché la vita ben si sa che cosa sarebbe se non ci fosse l’amore per il proprio lavoro, il proprio progetto di vita? Veniamo all’opera in scena al Teatro Marconi dal 3 al 13 novembre. “L’opera del fantasma” è un testo che affronta con ironia le vicende di una compagnia teatrale che, durante la messa in scena di uno spettacolo, si vede privata della figura del regista, colpito da un improvviso attacco di cuore. La prematura scomparsa del regista dà vita a un susseguirsi di situazioni esilaranti e inaspettate, prima su tutte la sua apparizione come fantasma intento a scoprire le reali cause della sua morte, e a un inarrestabile succedersi di eventi che, invece di aiutarlo a risolvere il mistero, fa emergere altri segreti e torbide verità.

 

Chiara Bonome, attrice, regista, autrice, dove si riconosce di più?

Sono tutte attività che amo infinitamente. Interpretare un personaggio, allestire uno spettacolo, scrivere un testo teatrale sono delle esperienze complete di espressione di sé e di comunicazione con l’Altro, col Mondo. Mi sono posta questa domanda in più di un’occasione, ma la risposta non sono mai riuscita a trovarla!

Quanto è difficile scrivere una drammaturgia?

Per me, è difficile mettere a punto un’idea completa: una volta che ho quella, scrivere viene da sé, di getto. Credo che come tutte le Arti, sia difficile in ogni suo aspetto, che diventa necessariamente soggettivo, e, soprattutto, che vada coltivata ogni giorno.

E farne la regia oltre che interpretarla?

Questo sì, è difficilissimo! Ogni volta mi domando “perchè lo stai facendo?”. La realtà è che, negli ultimi anni, ho potuto consentirmi di farlo: sono in una compagnia che lavora insieme da quasi un decennio (per non parlare della storica Attori e Tecnici, fondata da Attilio Corsini e Viviana Toniolo nel 1977) e il nostro affiatamento rende possibile molte cose che, altrimenti, non lo sarebbero.

Quanto è difficile dirigere sé stessa?

Sicuramente è complesso, mi avvalgo sempre dei preziosi sguardi dei miei colleghi e di persone fidate. Ma non intraprendo mai l’impresa se non ho già un’idea precisa di ciò che dovrò fare, io per prima.

Insomma, un lavoro dove le sue tre professionalità sono ben schierate, come si sente?

Felice! Giriamo con questo spettacolo ormai da sei anni e ogni volta è come se fosse la prima. Gli applausi e la risposta entusiasta del pubblico ci dona sempre una bellissima energia che ci rende davvero dipendenti dal portare in scena questo spettacolo.

L’opera del fantasma” di cosa parla?

È una black comedy che racconta le vicende di una compagnia teatrale che sta allestendo uno spettacolo, ma il regista viene a mancare improvvisamente, ripresentandosi, però, sottoforma di fantasma (quindi il pubblico lo vede, ma gli altri attori “no”) intento a scoprire cosa gli sia successo e anche a imparare a gestire i superpoteri che derivano dalla sua nuova condizione esistenziale.

Quanto è importante sorridere?

Credo sia molto importante, in molti contesti; è come se l’atto di sorridere sia in grado di esorcizzare, di modificare intimamente, di dare una nuova spinta alla nostra interiorità.

Il fantasma cosa c’entra in questo lavoro?

Il fantasma è l’elemento magico della vicenda, è iniziato tutto da lì. Quando, con Mattia Marcucci, abbiamo pensato questa storia per la prima volta, stavamo partecipando allo smontaggio di un altro spettacolo che avevamo appena concluso e, tra una fatica e l’altra, ci siamo detti che eravamo “stanchi morti”. “Ma pensa che succederebbe se una compagnia arrivasse a tre giorni prima dal debutto e poi il regista muore” … “L’Opera del Fantasma!”.

Quanto è intrigante un mistero?

Credo lo sia per definizione! Un mistero deve essere necessariamente intrigante, altrimenti non lo è più. Forse possono esistere varie sfumature, come in ogni cosa: sono fondamentali anche quelle e, soprattutto, la capacità di riuscire a coglierle.

Oggi, il pubblico, cosa cerca quando viene a teatro?

Si sente spesso dire che il pubblico cerchi il divertimento, soprattutto in questa fase storica, e sicuramente non mi sento di dissentire; ciò che ho notato, però, è che questa voglia e il bisogno di ridere non siano fini a loro stessi, hanno sempre dietro una necessità di riflessione, questa risata non deve mai essere vuota. E, alla fine, è esattamente questo lo scopo del Teatro. Inoltre, non si può neanche affermare che davvero si cerchi solo la risata: magari con un po’ più di fatica a uscire dopo una lunga giornata di lavoro, ma quando sa che lo spettacolo è bello, tragedia o commedia che sia, il pubblico arriva.

Chi sono i suoi compagni di viaggio?

Sono i compagni di viaggio che ognuno vorrebbe accanto, ma soprattutto sono tutte persone che, appena le ho conosciute, ho saputo da subito che sarebbero state importanti per me, sia umanamente che professionalmente.

Come regista è esigente?

A questa domanda dovrebbero rispondere gli altri! In realtà, sì, lo sono. Pare che mi soffermi spesso per lungo tempo su molti singoli dettagli, e in effetti è vero. La cura del dettaglio fa la differenza, almeno per la mia personale visione artistica.

E poi dopo questo lavoro cosa farà?

A dicembre, torneremo sul palco del Teatro Vittoria con lo storico “Rumori fuori scena”, per la regia di Attilio Corsini, spettacolo che ha superato le 36 edizioni, con Viviana Toniolo, con cui lo spettacolo è nato, e la Compagnia Attori e Tecnici. La prima volta che ho visto questo spettacolo ero una bambina e ha sicuramente contribuito a sviluppare il mio amore per il Teatro. Far parte del cast è un’emozione indescrivibile.

A febbraio, invece, tornerà in scena “Le sfacciate meretrici”, uno spettacolo a cui tengo moltissimo che ha per argomento le storie di alcune delle Donne del Risorgimento, molto spesso dimenticate dalla memoria storica.

Un sassolino nella scarpa?

La realtà è che tendo a non averne! Sono talmente fastidiosi che me ne libero sempre subito, altrimenti non riesco proprio a prendere sonno. Mi sento di rispondere che la comunicazione chiara e profonda, a qualsiasi livello e con qualsiasi persona, sia la risposta e la soluzione a molte situazioni.

Un sogno nel cassetto?

Troppi! Tra i sogni più ricorrenti e costanti, però, c’è riuscire a scrivere un romanzo. Chissà!

Vuole aggiungere altro …

Vorrei ringraziare voi per il vostro lavoro e i lettori per l’attenzione, e vi aspettiamo a Teatro!

 

Psicologa, Psicoterapeuta, Criminologa, Giornalista, Blogger, Influencer, Opinionista televisiva.

Autrice di numerosi saggi e articoli scientifici.

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