Giovane, bella, dinamica, sportiva, forte, determinata, ironica e solare lei è: Alessandra Neri. I motori sono la sua passione che è stata per un po’ messa da parte per dar spazio e forma a un progetto più grande: la famiglia. Madre di due splendidi bambini e moglie felice, è un volto noto di Sky. Quest’anno sarà la voce tecnica della “W Series”, un campionato tutto al Femminile. È opinionista nel programma di analisi post Gran Premio, Race Anatomy. Una donna che dall’adrenalina della pista passa a quella della televisione, senza dimenticare il suo progetto più importante: la famiglia.
Cara Alessandra, raccontaci di te, siamo curiosi?
Sono una donna che è riuscita a trasformare la propria passione per la velocità in un mestiere, grazie a diverse collaborazioni. Inoltre, ho costruito con mio marito una bella famiglia, desiderio che mi ha sempre accompagnata sin da bambina.
5 aggettivi che ti rappresentano?
Determinata ma allo stesso tempo insicura. Testarda. Emotiva. Affidabile.
La tua passione più grande?
Il Motorsport. Ho amato profondamente correre in macchina, ad oggi se pensassi a tutta l’adrenalina che mi ha fatto vivere questo sport mi emoziono ancora.
Come nasce il tuo amore per i motori?
L’essere Romagnola è stato se non fondamentale, comunque, di grande aiuto: dalle nostre parti non c’è ragazzino che non abbia provato un go-kart o una minimoto, e io, grazie alla grande passione di mio padre, non sono stata da meno. A 3 anni ero su una minimoto e a 9 facevo la mia prima gara in go-kart.
Da bambina cosa amavi fare?
Sono sempre stata una bimba vivace, con uno spiccato lato femminile, passavo pomeriggi interi a giocare con le Barbie, ma allo stesso tempo in un attimo mi trasformavo in un maschiaccio, con le ginocchia perennemente sbucciate che non si tirava mai indietro.
Quando hai deciso di lavorare con i motori?
In realtà è nato tutto sempre “per caso”. Ho iniziato a fare l’istruttore di guida sicura e sportiva dopo aver terminato l’Università, per arrotondare. Avevo sentito che molti miei avversari nelle competizioni lo facevano, chi come mestiere, chi nel tempo libero. Mai avrei pensato che sarebbe diventato, per molti anni, il mio lavoro principale. Con Sky, invece, mi hanno contattato loro nel 2014. Per me è stato tutto completamente nuovo, ho dovuto imparare cose molto lontane da me, come i tempi televisivi, l’essere coincisi ecc… ma alla fine parlare di un qualcosa del quale sono super preparata è stato molto naturale.
Ti ricordi la prima volta che hai guidato in pista?
Sì! La primissima volta avevo 9 anni ed ero in go-kart. Per me era un gioco, ricordo che mi divertiva tantissimo. In macchina, invece, era un sogno che si realizzava. Ero più consapevole, molto agitata ma allo stesso tempo elettrizzata.
Sei stata penalizzata per questa tua scelta, che nell’immaginario collettivo il tuo lavoro è più maschile che femminile?
Si. Molto. È un ambiente maschilista, se non addirittura il più maschilista che io conosca. Quindi, ho sempre dovuto dimostrare il doppio valore e qualità, rispetto ai miei colleghi. Sebbene faccia parte di “loro” e sono integrata, sono costantemente sotto esame. È sempre stato così anche nelle competizioni: non c’è differenziazione nei campionati tra uomini e donne, la classifica è una soltanto.
Secondo te perché ci sono più uomini che donne al volante e soprattutto in pista?
In generale perché facciamo parte di una società che per quanto si sforzi a comportarsi con tutti in egual modo, le differenze ci sono ancora. In più, abbiamo questa cosa quasi innata noi esseri umani, che ci arriva attraverso la cultura, che tutto ciò che ha un motore non sia affare da donne. La gente, uomini e donne comprese, crescono con questi pensieri e, quindi, se ne convincono. In pista è la naturale conseguenza di tutto ciò. Non è uno sport al quale ti avvicini perché ne senti parlare o perché lo fa il tuo compagno di banco di scuola. È molto di nicchia. Proprio per questo deve essere qualcuno della famiglia che ti ci fa avvicinare. Di conseguenza, sempre come dicevo prima, a meno che non si sia molto aperti di mentalità, non lo si propone nemmeno ad una figlia. I numeri parlano chiaro, le donne sono mosche bianche nel Motorsport.
I tuoi genitori si aspettavano che tu facessi un altro lavoro?
Non mi hanno mai spinto né per correre né tantomeno per rimanere in questo “mondo” una volta cresciuta, quindi direi proprio di no. Hanno sempre assecondato le mie passioni. Avendo fatto gli studi tecnici – sono laureata in Industrial Design – credo che pensassero continuassi in quell’ambito. Dopo la laurea, infatti, mi sono trasferita a Milano, ho lavorato in quel settore per 3/4 anni. Ma poi la vita mi ha riportata nel Motorsport.
Come nasce il tuo lavoro di cronista a Sky?
Mi hanno contattato 8 anni fa, quando stavano rivoluzionando il palinsesto con programmi nuovi e nuovi talent. Non volevano avere la classica ragazza che fa presenza, che non sa di cosa si stia parlando e, quindi, hanno pensato di cercare tra le ragazze che correvano in macchina o comunque che avessero un background agonistico.
Cosa fai in specifico?
Faccio le telecronache. Quest’anno sarò la voce tecnica della “W Series”, un campionato tutto al Femminile (il primo nella storia) con l’obiettivo di far tornare dopo tre decenni una donna in F1. Poi, a rotazione, partecipo anche come opinionista nel programma di analisi post Gran Premio, Race Anatomy.
Secondo te, una donna in Formula1 prima o poi arriverà?
In realtà ce ne sono già state 5: Maria Teresa de Filippis, Lella Lombardi, Divina Galica, Desiré Wilson e Giovanna Amati. Nella Formula 1 moderna, purtroppo, non ancora. Ci sono state tester e terze guide, ma ahimè non sulla griglia di partenza a un Gran Premio.
Perché ancora non c’è nessuna donna alla guida di un’auto di Formula1?
Oggi come oggi è solo una questione di numeri. È ovvio che essendo solo 20 i piloti per ogni stagione, è molto più facile trovare un ragazzo con il talento e il budget (sponsor) piuttosto che una ragazza, dal momento in cui la relazione è più o meno 100 a 1.
Cosa ami fare nel tuo tempo libero?
Da quando ho due bambini il tempo libero è molto poco o comunque quello che ho lo dedico a loro. Quindi attualmente direi passeggiate e pomeriggi al parco.
Hai un hobby?
Mi sono da sempre piaciuti i lavori manuali, quindi tutto ciò che è creativo e artigianale. In più negli ultimi anni ho scoperto anche la cucina, che mai avrei detto prima, ma mi appassiona molto.
Come coniughi famiglia, motori e televisione?
Non è semplice, ma sicuramente il fatto di aver dribblato un po’ per tutta la vita tra i miei mille impegni – da ragazzina mi dividevo tra la pallavolo, il go-kart e qualsiasi corso creativo che proponesse la scuola, poi successivamente il diploma prima e la laurea dopo con le gare nazionali ed internazionali in macchina – mi ha aiutata nel tempo. Diciamo che per me è la normalità incastrare tutto al minuto. Ma ora che ho una famiglia e dei bambini, sicuramente la collaborazione di mio marito nella gestione del tutto direi che è fondamentale. In più dove non “arriviamo” noi, l’aiuto dei nonni non è assolutamente da sottovalutare.
I tuoi bambini hanno già un’auto giocattolo?
Abbiamo la casa letteralmente sommersa di macchinine. Ne abbiamo di tutti i tipi e dimensioni, dai modellini a quelle elettriche per girare in giardino. Fin da subito parenti e amici hanno iniziato a regalarcele e il maschietto è letteralmente un patito. Giocherebbe con quelle da mattina a sera. La piccola, vedendo lui, alla fine lo imita in tutto e, quindi, ha sempre anche lei macchinine tra le mani.
Hai mai sfidato tuo marito Marco in pista?
Ahahhh sì, in Go-kart e non c’è stata storia. L’ho stracciato.
La vita è densa di intemperie, tuttavia, l’importante non è quante volte si cade ma come ci si rialza, sei d’accordo?
Assolutamente sì. Ma l’ho imparato col tempo… e sulla mia pelle. Sono una che generalmente vede il bicchiere mezzo vuoto, ma poi ho sempre trovato la forza di darmi uno scossone e reagire e risalire.
Ti è mai capitato di cadere e pensare: non riuscirò a rialzarmi?
Sì, quando è venuto a mancare mio papà. È sempre stato sia la mia ancora sia il mio faro nella notte. La passione per il Motorsport, che abbiamo sempre condiviso, ci ha unito molto e abbiamo passato davvero tantissimo tempo assieme, molto di più rispetto qualsiasi altro mio coetaneo durante tutta la gioventù e adolescenza. A parte la figura paterna, ho perso anche la mia spalla, il mio confidente. È stata molto dura, soprattutto perché ho cercato di fare la forte, probabilmente più per gli altri che per me stessa. Ma poi quando sono caduta, la botta è stata ancora più forte.
Quello che non avresti mai voluto fare nella vita?
Smettere di correre. Mi manca l’adrenalina che provavo poco prima della gara. Quel nodo nello stomaco che passa solo una volta abbassata la visiera.
I tempi corrono e adesso dove sei?
Adesso sono dove ho sempre voluto essere. Ho una splendida famiglia e faccio un lavoro invidiabile.
L’auto dei tuoi sogni?
Negli anni è cambiata. Diciamo che si è evoluta con me. A oggi ti dico Mercedes Classe G.
Ultima cosa: da grande cosa farai?
Me lo chiedo quasi tutti i giorni, non riesco mai a darmi una risposta. Credo che la vita mi sorprenderà anche questa volta.