Giovedì 9 marzo a Teatrosophia debutterà: “La Reine de Marbre”, uno spettacolo multilingue per la regia di Flavio Marigliani. Interpreti: Mayil Georgi Nieto, Marta Iacopini, Flavio Marigliani. Il Teatro Multilingue torna a Teatrosophia dopo il successo di Mrs Green e Goodbye Papà e una tournée che li ha portati a Madrid, Bristol, Kingston e varie volte a Londra. È l’unica compagnia che crea spettacoli multilingue, più lingue mescolate in maniera naturale all’interno della stessa pièce, particolarità che nulla toglie alla comprensione del testo. La trama si snoda in un itinerario avvincente: un veliero alla deriva nel Mediterraneo. El Capitan Arlecchino e due dame di compagnia di una regina decapitata nel XVIII secolo, Madonna Angelica e Petite Lucrecia, sono i sopravvissuti di una tempesta senza precedenti che li porta a scontrarsi con le barche dei migranti in rotta verso l’Europa. Fanno naufragio in una Grecia devastata dagli incendi, pescano plastica dal mare e, pur di sopravvivere in un mondo a loro sconosciuto, si reinventano democratici del XXI secolo vendendo i simboli della democrazia ai bagnanti sulle spiagge. “La Reine de Marbre” è un divertissement di commedia e assurdo che attraverso una reinterpretazione dei meccanismi della commedia dell’arte, pone uno sguardo fortemente critico ai problemi politici e sociali del mondo odierno. Marta Iacopini ci conduce attraverso questa intervista nel mondo de “La Reine de Marbre”.
Cosa molto interessante: uno spettacolo multilingue. Di che cosa si tratta?
Un progetto teatrale che è nato nel 2020, l’idea di creare spettacoli in cui più lingue si mescolano all’interno della stessa storia in maniera naturale e organica, arricchendo di significato la trama e la storia stessa. Ma attenzione, non sono spettacoli solo per poliglotti, anzi! Non serve conoscere tutte le lingue per seguire la storia e capire, per divertirsi o riflettere a seconda del contesto.
Come nasce l’idea di uno spettacolo multilingue?
L’idea nasce sempre dalla storia, quella è la base. E la storia è sempre multilingue, anche in embrione. Una volta creata la storia, si lavora ai dialoghi e alle scene, con un lavoro fino di attenzione allo scambio linguistico in scena, di modo che abbia significato e sia comprensibile.
Forse richiama la filosofia e l’etica dell’integrazione?
Assolutamente sì. L’idea di andare oltre le lingue e la tanto pubblicizzata barriera fra lingua nativa e lingua “straniera” non è che un invito a recepire l’altro, quella persona o quel qualcosa che pensiamo, o che ci portano a pensare, sia diverso da noi.
Il pubblico che cosa restituisce dopo lo spettacolo?
Un feedback estremamente positivo. È un esperimento; c’è chi ci segue dal 2020 e ha visto vari spettacoli dal vivo e chi viene per la prima volta. Lasciarsi andare oltre la barriera linguistica non è semplice, specie quando si parla di temi sociali o politici che richiedono comprensione, ma ci si sorprende sempre di quanto si riesca a capire e di quanta “sintonizzazione” avviene a teatro. Venire per credere.
Il 9 marzo debutterà “La Reine de Marbre” di che cosa parla?
“La Reine de Marbre” parte da un veliero, quelle imbarcazioni con alberi e vele che associamo alla scoperta degli oceani, che va alla deriva per il mar Mediterraneo. A bordo ci sono El Capitán Arlecchino e due dame di compagnia di una regina decapitata nel XVIII secolo, Madonna Angelica e Petite Lucrecia. I tre sopravvivono ad una tempesta senza precedenti che li porta a scontrarsi con le barche dei migranti in rotta verso l’Europa. Fanno naufragio in una Grecia devastata dagli incendi, pescano plastica dal mare e, pur di sopravvivere in un mondo a loro sconosciuto, si reinventano democratici del XXI secolo vendendo i simboli della democrazia ai bagnanti sulle spiagge.
Che cosa significa che “La Reine de Marbre” è un divertissement di commedia e assurdo?
Lo spettacolo è una rivisitazione di alcuni meccanismi della commedia dell’arte per affrontare temi di rilevanza politica e sociale del mondo contemporaneo. Un viaggio nel tempo, se si vuole, in cui i tre protagonisti metteranno in luce le contraddizioni e i paradossi della nostra società. Divertissement perché ci sono parecchi momenti di commedia e di situazioni assurde, ma mai fini a se stesse; servono per mettere in luce ciò che un trattamento più normale o canonico dei temi non arriverebbe a fare. È stato questo il vantaggio di aver inserito personaggi della commedia dell’arte fuori dal loro contesto, giocando con la maschera in chiave contemporanea.
Quanto la politica e i problemi sociali del mondo odierno emergono nella drammaturgia della commedia?
Molto. Il testo e la sua interpretazione hanno lo scopo di mettere in luce le contraddizioni all’interno delle quali viviamo. Anche in maniera forte, senza mezzi termini. I tre personaggi che rappresentano i tre ideali della Rivoluzione francese nascono da una spinta reale dell’essere umano nel momento in cui vengono sistematizzati, entrano nel sistema e perdono la loro natura e lo slancio da cui nascono, l’urgenza e la necessità di esistere. E per questo vengono strumentalizzate.
El Capitán Arlecchino chi è, che cosa rappresenta nella commedia?
El Capitán Arlecchino è il filo che tiene insieme lo sviluppo della trama, nella commedia e nell’adattamento al mondo contemporaneo. È una rielaborazione della figura di Arlecchino, una delle maschere storiche della commedia dell’arte, ma in chiave contemporanea. Un personaggio che cerca sempre espedienti per sopravvivere e imbrogliare il prossimo, ma anche agile e con una capacità di adattamento fenomenale… finirà anche lui deluso? Arlecchino trova il modo per adattarsi ai tempi, trova sempre un modo per adattarsi al mondo che cambia, esattamente come ha fatto realmente la sua maschera attraverso i secoli adattandosi sempre fino ad arrivare al giorno d’oggi. Capacità di adattamento. In ogni caso se la cava. Indossa altri elementi di maschera che trasformano solo la machera, ma il cuore di Arlecchino rimane lo stesso.
Mentre Madonna Angelica e Petite Lucrecia chi sono?
Sono due dame di compagnia di una regina decapitata nel XVIII secolo… sarà “lei”? Non viene mai detto, ma si può pensare. Una rappresenta la cultura europea dell’Illuminismo, l’altra il mondo extra-Europeo, al limite fra i concetti di sauvage e adattamento ai valori di stampo occidentale. Forse, con la loro relazione fatta di querelles e di tregue, non rappresentano altro che due lati della stessa umanità, un’umanità che tenta, a modo suo, di fare i conti con il mondo e quello che vi accade.
La tempesta dove porta?
La tempesta porta i tre a naufragare nel tempo contemporaneo sulle coste della Grecia, dove si arenano sugli scogli prima di essere obbligati a sbarcare.
Perché il naufragio in Grecia e non in Sicilia come Ulisse?
La Grecia è stata scelta per due motivi: in primo luogo, è il paese europeo che rappresenta forse più di chiunque altro quella sfera di mezzo fra Occidente e Oriente, sia per cultura e storia, ma anche per immaginario sociale e politico – e si gioca molto su questa dimensione di comunanza/rottura fra i due poli nella pièce; in secondo luogo, visto che uno dei temi fondamentali del testo è l’immigrazione e la tragedia che si va compiendo nel mediterraneo da ormai tanti anni, anche qui la Grecia rappresenta il “bad guy” d’Europa, il paese che, devastato al suo interno da un’imposta crisi economica e da altre sventure come i frequenti incendi, si trova a dover indossare la maschera del “poliziotto cattivo” contro i migranti che arrivano sulle sue rive. Queste cose succedono anche in Sicilia, è vero, ma in Grecia il fenomeno è visibile all’ennesima potenza. Senza dimenticare che Atene e la Grecia sono un simbolo per l’Europa stessa, e il paese si è trovato, volente o nolente, a dover rappresentare, indossare quasi come una maschera, questo simbolismo.
Quanto la politica riportata nell’opera rispecchia quella che viviamo nella nostra società?
Molto. È una rappresentazione insolita, straniante forse, perché quello che viene detto non è il mainstream martellante che si sente in televisione o in tanti altri mezzi di informazione. Può anche non piacere, o si può non essere d’accordo, ma ci piace pensare che sia uno stimolo alla riflessione.
Chi sono i suoi compagni di viaggio?
Il testo è di Francesco Baj e la regia di Flavio Marigliani, che sono anche i fondatori della compagnia Teatro Multilingue. Sul palco con me ci sono Flavio e Mayil Goergi Nietro, la mia amie con la quale condivideremo parecchie avventure sul veliero che va alla deriva.
Andrete in tour?
Yes! Sia in Italia, sia all’estero. La compagnia Teatro Multilingue che produce lo spettacolo ha già portato spettacoli a Londra, Bristol, Madrid e in varie città in Italia. Con questo spettacolo miriamo anche alla Francia e ad altre realtà europee.
Progetti 2023?
Sono aperta a quello che la vita mi propone…